Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 25 Giovedì calendario

SE QUESTI SONO BAMBINI

Per oltre sessant’anni il patrimonio inviolato dell’International Tracing Service (Its) ha conservato sotto l’egida della Croce Rossa Internazionale oltre 50 milioni di documenti relativi a più di 17 milioni di uomini e donne travolti o colpiti dalle vicende del secondo conflitto mondiale. Un archivio di nomi e storie, un insieme di percorsi raccolti con cura, custoditi con scrupolosa attenzione. La piccola città di Bad Arolsen, nel Nord dell’Assia, è la sede dei quasi 27 chilometri di schedari e faldoni provenienti da settemila sedi toccate in vario modo dal conflitto: industrie, campi di lavoro e di sterminio, snodi di transito, postazioni di polizia, campi di accoglienza e smistamento per i milioni di displaced persons che hanno attraversato confini e appartenenze nel vecchio continente.

Dal 1947 la cittadina tedesca ha iniziato ad accogliere le tracce, scelta per la sua collocazione geografica: in mezzo alle quattro zone di occupazione e divisione della Germania. E da quel momento l’archivio ha iniziato a costruirsi, prima come centro di raccolta, poi come destinatario di ricerche e quesiti da parte di parenti o sopravvissuti. Solo dal 2007 si è trasformato in un centro di documentazione, avviando le procedure di digitalizzazione della sua immensa dotazione. Un insieme composto da storie individuali di deportati, internati, rifugiati, prigionieri di guerra, criminali, lavoratori forzati a servire il Reich; spostamenti di famiglie, modifiche di confini e appartenenze; vicende che investono la seconda metà del Novecento.

Sono le tracce dell’Europa che si specchia dopo la tragedia, alla ricerca di se stessa e di un possibile futuro. Milioni di documenti sono frutto del lavoro degli Alleati e riguardano la registrazione e l’assistenza fornita ai sopravvissuti e ai profughi. Oltre tre milioni di incartamenti si riferiscono al destino di uomini e donne coinvolti dal conflitto: gli esiti delle ricerche, le domande di risarcimento dei sopravvissuti, i certificati per ottenere il trattamento pensionistico, le risposte dell’amministrazione tedesca.

I bambini sono i più indifesi e fragili, esposti alle intemperie degli eventi, talvolta incapaci di raccontare le proprie storie, identificare provenienze, radici lontane, possibili legami. È in fondo l’essenza più profonda della guerra totale: lo sradicamento di milioni di persone, la rottura di tessuti familiari e comunitari, la lacerazione irreversibile della trama che aveva sostenuto il cuore della civiltà europea. E la ricerca dei bambini nelle incertezze dell’immediato dopoguerra diventa una priorità dell’istituzione, un suo compito specifico che la coinvolge e la condiziona.

Sentiamo le parole di Susanne Urban, responsabile studi e ricerche dell’Its: «Il punto di svolta avvenne con l’istituzione della Child Search Branch, un dipartimento indipendente finalizzato alla ricerca dei bambini che assunse un’importanza enorme per i bambini e gli adolescenti liberati dai campi e dai lavori forzati, per i nati da madri incarcerate o deportate e per coloro che erano stati letteralmente rapiti per essere germanizzati ( Eindeutschung )». Un universo diffuso nel quale immergersi per tentare di riannodare fili, trovare speranze, evitare i lasciti drammatici di vite spezzate troppo presto.

Jack Terry, nato nel 1930 in Polonia come Jakub Szabmacher, è l’unico sopravvissuto della sua famiglia. Nel 2011 partecipa a un incontro nella struttura dell’ex chiostro del campo dei bambini di Indersdorf; è diventato uno psicoterapeuta affermato, si sofferma su ciò di cui hanno bisogno i bambini dopo un trauma, in particolare dopo la profonda cesura del 1945: «Appartenere a qualcuno. Essere desiderati. Avere dignità».

Spesso i documenti e le tracce dei carteggi sono un tentativo per restituire dignità a una vita, provare innanzitutto a definire il nome, un’identità che la guerra aveva portato via. E le giovani vite sono il primo tassello di una possibile rinascita, graduale e complicata. Il primo atto diventa quello di riunire le famiglie divise individuando chi non aveva i genitori e tentando contestualmente di far luce sul destino dei deportati o dei dispersi. I membri del gruppo venivano successivamente accompagnati e assistiti all’interno di un campo e assumevano la definizione di Unaccompanied Children (non accompagnati), un termine che ben definisce lo stato di distruzione e separazione delle famiglie nell’Europa sconvolta dal nazismo. Ai non accompagnati (oltre 300 mila tra il 1945 e il 1956) restava un barlume di speranza di poter trovare un fratello, un genitore o un parente. Il cammino della speranza nell’Europa che rinasce.