Guido Ceronetti, La Stampa 25/4/2013, 25 aprile 2013
LIBERE PAROLE IN NON LIBERO STATO
Ma ragioniamo! Può davvero dipendere dai politici la politica? E allora perché prendersela con loro? Certamente per bisogno di sfogarsi, e perché in piccola parte sarà anche vero. Ma l’infallibile autore biblico Qohélet, nel suo nono capitolo, versetto 11, assicura che dai veloci non dipende la corsa, né dai capi militari la guerra, né dai sapienti quel che mangiamo, né dai più abili la ricchezza, e neppure, dai più compassionevoli, la compassione. Perché tutti dipendono dal destino e dal caso. Toglierei il caso, che è una maschera del destino. Un politico veramente geniale saprebbe di non essere che uno strumento. I mediocri invece credono di essere loro i manovratori. Un po’ più di modestia sarebbe subito Salomone, farebbe del bene a tutti.
Libero o necessitato a provare compassione - nel generale silenzio sull’argomento - la provo per tutti indistintamente i passeggeri che utilizzano in Italia, pagando, trasporti pubblici, urbani, interurbani, ferroviari, marittimi, aerei, ai quali dobbiamo il riguardo di farli partire secondo gli orari e perfino di arrivare a destinazione. Pare si tratti nientemeno che di un diritto estremamente elementare, e perfettamente, sistematicamente violato dalle ineffabili corporazioni sindacali. Siamo, da anni ormai e sempre più torvamente, vittime rassegnate di un’aggressiva illimitatezza della libertà di scioperare, che consente a una pleiade di minoranze organizzate di bloccare, in cadenze quotidiane, qualsiasi servizio pubblico di cui dovrebbe godere in toto la nostra imbavagliata comunità nazionale. Vorrei definire compuntamente questa relazione squisitamente italiana, tra poteri sindacali e i tutti-gli-altri , come sadomasochistica. Si tratta in fondo di un’estensione a tutta una comunità nazionale (sessanta milioni non sono un piccolo formicaio) del rapporto tra dominatori e dominati, tra sadisti e vittime passive o refrattarie, che resta la regola immutabile di tutte le coppie e di tutte le famiglie di questo mondo.
Ci sono speciali perfidie, le stesse che nel diritto familiare e nelle cause di divorzio compongono il grande mare delle Crudeltà Mentali. Intendo le fasce orarie, le parziali esenzioni... In una regione, metti la Toscana, i treni è meglio non sognarli per un giorno e mezzo: ma in tutte le altre luce verde. Chissà cosa succederà nel Granducato, a partire dalle sue frontiere, ai treni in transito! Potrai trovare l’autobus fino alle nove, riaverlo alle 12,15, ma scomparirà del tutto alle 20,45. Ma quel giorno potrai sempre scegliere di cambiare città e scorrazzare pigiato da un capolinea all’altro a Firenze, a patto di lasciare Roma in tempo prima che sia scattato lo sciopero regionale delle 7,25. Il giorno dopo, però, toccherà a Firenze di fermarsi, sarà meglio trattare il rientro a Roma con un taxi in un’ora giusta per la visita alla persona cara degente che non avrai potuto fare, per locali e regionali scioperi, il giorno prima. Dopotutto, la persona degente non sarà neppure, nell’attesa della tua visita, passata a una vita migliore, esente finalmente da fasce sindacali.
Si dirà che gli Stati Uniti o la Svizzera non sono Paesi democratici o che opprimono i diritti sindacali? Eppure, appena fuori confine, gli scioperi nei servizi pubblici - proprio perché antidemocratici - non sono ammessi! A me pare inconcepibile che possano scioperare ospedali, ambulanze, refezioni scolastiche, magistrature, sale operatorie... Ma guai a discutere di questa peculiarità italiana; su chi osasse richiedere una legge adeguata, è pronto sempre a piombare Anatema. C’è una spiegazione metapolitica: fin dal 1945 il diritto allo sciopero è stato sacralizzato dal partito comunista - che dove prendeva il potere, in qualsiasi luogo, polverizzava ogni residuo di libertà sindacale - con l’approvazione dei nenniani e il lasciar fare democristiano. Indifferente e paziente, tutto il démos italico ha accolto lo strampalato Nume Sciopero tra le sue più venerate Madonne.
Mi emerge dal ricordo una situazione postventicinque aprile 45 da Guerra Civile di Spagna, tra Nero e Rosso, incruenta (che Pansa invece rievoca sanguinante) in cui l’impregnazione sadomasochista s’identifica con entrambe le parti estreme, insaziate di mostrarsi gli artigli; fu uno dei peggiori momenti dalla storia unitaria italiana, e incomparabilmente peggiore di questo. Sacralizzato, lo sciopero non avrebbe tollerato mai una regolazione costituzionale: sono passati quasi cent’anni e l’idolo non ha patito nessuna sconfitta, il suo dominio, il suo controllo sulle menti e le braccia sono cresciuti. Solo un parlamento ultralaico, avverso a tutti gli idoli, che per ora non è immaginabile, potrebbe attuare una benemerita riforma drastica del diritto di sciopero in Italia.
Le sacralizzazioni viaggiano, viaggiano... Esemplare il 25 dicembre, da simulacro di festa puramente religiosa, scaraventato sugli altari del Supermercato, dove il rito eucaristico è il riempimento liturgico del carrello. Da qui, in modo del tutto naturale, le Vacanze Natalizie sono uscite corazzatissime di aura sacrale, con minacce di castigo in caso di trasgressione. Sopravvenute le difficoltà economiche, chi trasgredisce lucra le indulgenze parziali offerte dalla Crisi. C’è in verità un brulichìo di sacralizzazioni, surrogato dei cori nelle cattedrali, e Mircea Eliade oggi faticherebbe a stanarne tutti gli avatar.
Sulla divinità policefala del Web non spreco parole, la sua onnipotenza sadistica è evidente, e il suo controllo è permanente, pervasivo, totale, mondiale. E le generazioni di modelli di Cellulare, in successione ininterrotta, hanno determinato, nei giovani, una sottomissione idolatrica da far paura. E l’idolo vuole tributo di vite, le sue irradiazioni sono più pericolose dell’alcool e del fumo. Non ci sono segni di rivolta, come tante ce ne furono con le eresie medievali (che Dio le benedica), contro il potere teocratico del telefonino. C’è da stupire se in parlamento e nei governi italiani non ci sia posto per uomini veramente liberi?