Paolo Siepi, ItaliaOggi 24/4/2013, 24 aprile 2013
PERISCOPIO
Il risultato del successo dei grillini è l’arrivo sulla scena della coppia di impiegati sadomaso composta da Roberta Lombardi e Vito Crimi, per i quali non c’è bisogno di specificare chi sia sado e chi maso. Personaggi di una mediocrità desolante. Non un discorso serio, alto, intelligente, ma neppure un barlume di ironia. Solo slogan di Grillo ripetuti alla lettera, in stato di semitrance. Curzio Maltese. il venerdì.
Ancora nel 2005, alla vigilia della rottura, la Bonino dichiarava di «apprezzare ciò che Berlusconi sta facendo come premier» (una legge ad personam dopo l’altra, dalla Gasparri alla Frattini, dal lodo Schifani al falso in bilancio, dalla Cirami alle rogatorie alla Cirielli) e cercava disperatamente un accordo con lui. Sfumato il quale, scoprì, all’improvviso, i vizi del Cavaliere e le virtù di quelli che, fino al giorno prima, lei chiamava «komunisti» e «cattocomunisti». Marco Travaglio. Il Fatto quotidiano.
Napolitano è veramente vecchio, ma Travaglio fa veramente schifo. Filippo Facci. Libero.
Bersani, quando stava aspettando, sabato scorso, di essere ricevuto al Quirinale dal capo dello Stato, era distrutto, spossato, svuotato di ogni energia, ferito nel profondo, depresso e bisognoso di sfogarsi come si farebbe in una seduta di autocoscienza. Marzio Breda, quirinalista del Corsera.
Durissimo discorso di Napolitano contro i partiti, manco fosse Grillo. Jena. La Stampa.
Siete inconcludenti, ha detto Napolitano all’assemblea: ovazione da parte dell’assemblea. Vivete di una politica «faziosa e aggressiva». Non siete stati capaci di fare una sola riforma per «contrapposizioni, lentezze, esitazioni, calcoli di convenienza, tatticismi, strumentalismi». Ovazione e ancora ovazione. Trenta volte, lungo 40 minuti di un’imbarazzante lavata di capo. Mattia Feltri. La Stampa.
Anche Bazoli «costretto» a ricandidarsi alla presidenza del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo. Non dite ai grillini che è amico di Prodi. Maurizio Crippa. Il Foglio.
Quel Massimo Cacciari che ho sentito prima è una persona che non vorrei vedere lontano nemmeno 10 mila chilometri, è uno che ha detto tutto e il contrario di tutto nella sua vita. Mauro Bersani, chirurgo in pensione, fratello di Pier Luigi, a Un giorno da pecora.
Ora che loro sono in maggioranza, a noi spettano il Copasir (controllo sui servizi segreti, ndr) e la Vigilanza Rai. Non molliamo. Beppe Grillo, sul suo blog.
Sebbene la direzione del Pd avesse approvato all’unanimità (con la sola eccezione di Umberto Ranieri) e in diretta streaming la linea del segretario, la colpa della catastrofe è diventata improvvisamente soltanto di Bersani. «Il mio dissenso risale ad alcuni mesi fa», gongola Rosy Bindi (peccato che nessuno se ne fosse accorto), prima di scatenare una gragnuola di colpi: la campagna elettorale «semplicemente non è stata fatta», il nuovo gruppo parlamentare «non ha consapevolezza del proprio compito», «con Grillo bisognava smetterla subito, e Prodi (è questa l’accusa più pesante, la più infamante) è stato mandato al massacro senza alcuna preparazione» (D’Alema poi, a Piazzapulita, ha sostenuto la stessa tesi). Fabrizio Rondolino. Il Giornale.
Se la bocciatura di Marini fosse stata una vendetta, sarebbe stata grande. Di quelle che si consumano nella mia Sardegna. E annuncerebbe un futuro terribile: vendetta chiama vendetta. Fortunatamente siamo in Continente e il Pd è troppo piccolo per aspirare alla tragica e terribile grandezza della vendetta barbaricina. Arturo Parisi. Il Fatto quotidiano.
Il guaio è che non si vede chi, nel Pd, potrebbe prendere il posto di Bersani. Matteo Renzi non sarebbe accettato da metà del partito. Enrico Letta dovrà dedicarsi al governo del presidente. Fabrizio Barca sta ancora scrivendo il suo manifesto e sogna di essere il Togliatti del Duemila. Rosy Bindi può solo dividere e non unire i resti del Pd. I leader del passato come Max D’Alema o Walter Veltroni vengono visti come gli ostacoli più forti al famoso cambiamento promesso da Bersani. Giampaolo Pansa. Libero.
La vita dei grilli è così: fino a un minuto prima, canti; un minuto dopo t’hanno schiacciato. Europa.
«Come sta messo Bersani col suo partito?». «Tieni conto che attualmente Renzi è quello più leale». ElleKappa. Sette.
Tra le altre misure allo studio per avvicinare Bersani al popolo, il segretario del Pd si è detto disposto a qualunque umiliazione, tranne passare la domenica nei laghetti di pesca sportiva con un fazzoletto in testa annodato ai quattro lati. «C’è un limite a tutto», avrebbe confidato ai membri della direzione. Anche i renziani sono stati costretti a dargli ragione. Michele Serra. L’Espresso.
Ci risiamo: il big della società civile sbarca in parlamento, soffre l’anonimato e si lamenta delle procedure. Questa volta tocca all’ex vice di Confindustria, Alberto Bombassei: «Sono scioccato dalla confusione, dal formalismo», si sfoga dopo pochi minuti in Transatlantico. Lo attende un futuro da peone, ma si consoli. Durerà poco. Marco Damilano. L’Espresso.
Qualcuno, in passato, avendo forse le idee annebbiate, disse incautamente che le «tasse sono belle». Trascurò di precisare che, semmai, sono necessarie e, in una certa misura, giuste. Ma se superano il 50% del reddito, molti cittadini si rivolgono a Caronte pur di non trattare con i funzionari di Iniquitalia. Vittorio Feltri. Il Giornale
A Grantham, la cittadina della Thatcher, un unico manifestante sì è messo, da solo, davanti a quello che era il negozio del papà droghiere di Maggie Thatcher (che oggi è una clinica chiropratica e un centro olistico), dicendo che non avrebbe mai protestato se non fossero stati spesi tanti soldi per questo assurdo funerale. Faceva quasi tenerezza, negli occhi la disperazione degli odiatori della Thatcher; che da ieri saranno sepolti assieme a lei. Che senso ha odiarlo, un morto. Paola Peduzzi. Il Foglio.
«Is Apple’s Tim Cook cooked?», Tim Cook della Apple è cotto? Doug Kass sul successore di Steve Jobs alla testa di Apple. Wsj.