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 2013  aprile 24 Mercoledì calendario

NAPOLITANO È COME CARMELO BENE


[Giancarlo Galan]

«Guardi sono rimasto molto colpito dalle parole di Giorgio Napolitano. Mi pareva Carmelo Bene».
Giancarlo Galan uno dei generali della tentata rivoluzione liberale del 1994, quella di Forza Italia, spiazza sempre i suoi interlocutori. Padovano, classe 1956, una carriera nella berlusconiana Publitalia, poi governatore amatissimo del Veneto e ancora ministro della Cultura, non è affatto vecchio ma certo uno dei più saggi nell’area del Pdl, cui fa le bucce sovente.
Domanda. Oddio, presidente, Napolitano come la «macchina attoriale» Bene. E perché mai?
Risposta. Perché Bene andava in teatro e offendeva gli spettatori, dandogli di tutti i titoli e quelli, giù, applausi scroscianti, come se non si riferisse a loro.
D. Si riferisce ai battimani dei grandi elettori al discorso del capo dello Stato?
R. Certo. Una situazione irreale. Ma da quelle parole bisogna ripartire, e cioè smettere con la delegittimazione reciproca, finirla con la distruzione sistematica. E’ il momento di costruire.
D. Lei è un autorevole esponente del Pdl, forse dovrebbe dirlo a Silvio Berlusconi. Anzi, lo faccia. cosa gli vuol dire?
R. Gli darei due consigli. Il primo riguarda la formazione del governo. faccia attenzione a mandarci gli uomini del dialogo, decisivo. Ma è inutile che lei mi chieda qui i nomi (ride). Ci siamo capiti. E Berlusconi, mi creda, lo sa benissimo.
D. Secondo consiglio?
R. Applicare alla lettera l’indicazione del Quirinale e cioè di smettere la guerra. E ora sono io che faccio una domanda a lei. quali sono i due partiti che la combattano ogni giorno senza esclusioni di colpa, addirittura invocando la illeggibilità dell’avversario?
D. Pdl e Pd?
R. Ma no, quei partiti sono i crisi, sono al lumicino. Questa ormai è una guerra per gruppi editoriali e per editori. I veri partiti sono Repubblica contro Mediaset-Mondadori, Carlo De Benedetti contro Berlusconi in quanto editore. Questi sono i veri partiti, perdio. È questo il conflitto che impedisce il dialogo civile e che deve cessare subito.
D. Quindi consiglia a Berlusconi di tornare a cena con i direttori delle sue emittenti e dei suoi giornali come faceva un tempo?
R. Non so come facesse (ride), non pretendo che ci vada a cena, so solo che davvero non è più possibile continuare così. Dobbiamo tornare al confronto civile.
D. Dal riferimento che ha fatto alla crisi del Pdl, mi pare che non sia fra quelli entusiasti dei risultati elettorali…
R. Dico che bisogna avere il coraggio di guardare i valori assoluti, non baloccarsi con le percentuali. abbiamo perso milioni di voti. Certo, abbiamo esultato come se avessimo vinto perché pensavamo d’esser disfatti. E per fortuna che è tornato in campo Berlusconi, che è il più bravo, il più intelligente, lo stratega migliore, basta vedere come ha giocato la partita del Quirinale. Il problema è che il resto del partito non si ferma nemmeno ad analizzare i motivi, a capire. Se ne frega.
D. E la gente non vi segue più...
R. Sono stufi della vecchia politica, ci voltano le spalle.
D. Come in Friuli.
R. Appunto. E dire che Renzo Tondo era stato un buon governatore, glielo assicuro, un po’ montanaro a volte, ma che ha fatto buone cose. La gente però non ne può più, non va più a votare. Ora abbandona anche Beppe Grillo che là, in Friuli, ha perso. E ha perduto anche a Roma.
D. Chi è stato sconfitto col ritorno di Napolitano?
R. Anche tutta la vecchia classe dirigente del Pd certo. ma anche Matteo Renzi.
D. Pure lui, e perché?
R. Non è rimasto sul campo ma è ferito ai margini. s’è presentato come il nuovo e ha usato i vecchi politici e i vecchi arnesi della politica.
D. Anche lei dice che s’è alleato a Massimo D’Alema?
R. No, non lo credo. mi riferivo a Romano Prodi, l’ha candidato, non è riuscito a sostenerlo, l’ha lasciato bruciare. Pareva d’assistere a manovre di un tardo e decadente doroteismo e io, sa, qua in Veneto, me lo ricordo bene. No, Renzi mi ha deluso.
D. Torniamo al suo partito. Come può farcela a recuperare la sintonia con gli italiani?
R. Ricominciando a dare spazio a qualche figura nuova, capace, appassionata, come si faceva un tempo in Forza Italia, valorizzando molti, magari anche chi non lo meritava.
D. Scusi ma la strutturazione del partito, i congressi, il tesseramento?
R. Tessera, ecco, una parola che fa inorridire. Non se ne può più di congressi, non serve tutto questo per ricominciare a parlare alla gente, ci vogliono persone capaci e appassionate, non il vecchio modo di fare politica.
D. Anche i vostri alleati leghisti non stanno benissimo, soprattutto in Veneto…
R. Innanzitutto sull’alleato leghista, sono in contrasto col mio partito e non me ne vergogno. Sono stufo di aver un alleato che mi insulta sempre, sono stufo di cedere sempre. Le par possibile che per trovare il primo dei governatori del Pdl devo andare fino in Abruzzo? Rende l’idea di quanto allucinante, fuori del mondo, illogica, sia la situazione? Devo andare fino a Pescara o a L’Aquila…
D. A Pescara o a L’Aquila, la Regione Abruzzo ha due sedi principali.
R. Ostrega, te pareva, due sedi (ride). Ma insomma, le pare possibile. A Roma, se lo dici, ti dicono che sono «l’alleato più importante senza il quale non avremmo potuto vincere». Senza di noi, loro, però vincevamo anche meno, ricordiamolo. E gli alleati si rispettano reciprocamente, vorrei avvisare il mio partito.
D. Scusi presidente, ma se sono proprio gli ex-forzisti come Vito Giacino, vicesindaco a Verona, sono così attirati da leghisti come Flavio Tosi, tanto da farci partiti assieme. S’era parlato anche del suo concittadino Clodovaldo Ruffato, consigliere regionale, che però ha smentito.
R. Con Tosi perché c’è stata questa attrazione, per colpa nostra, perché non siamo capaci stati capaci di parlare al cuore della gente come lo è stato il sindaco di Verona. E attenzione, ho usato il passato, perché poi ci vuole sostanza se no, come nel caso di Tosi, prevale l’opportunismo.
D. Si riferisce alle sue esaltazioni del doroteismo?
R. Bravo, Tosi è diventato amico di banchieri come Paolo Biasi (presidente di Fondazione Cariverona, ndr), di Gianni Fontana, quello che ha resuscitato la Dc.
D. Il Carroccio in Veneto se la passa male. il dualismo fra Tosi e Luca Zaia come finirà?
R. Nel primo prevale la presenza scenica, nel secondo il lealismo, ma finirà male. Anzi è già un lavoro finito. Alle ultimo politiche è stata una disfatta, specialmente nel Veronese. E se a Treviso, la capitale mondiale del leghismo, sono costretti a ricorrere a una vecchia gloria ultraottantenne come Giancarlo Gentilini, c’è la certificazione.
D. Non pensa che con Zaia, la ex-Liga stia governando bene?
R. Se non ci fosse stata il governo di Forza Italia guidato dal sottoscritto. il Veneto non avrebbe avuto il Passante di Mestre, il rigassificatore di Rovigo e del Mose a Venezia non ci sarebbe stata l’ombra. Ora si confrontano, fanno il benchmarking come piace dire oggi, con la Liguria e il Piemonte. Cazzate. noi lo facevamo con lle de France, con la Baviera, con la Catalogna. Dico noi perché, per esempio, 15 anni fa, per merito di Riccardo Illy, che era del centrosinistra, allora presidente in Friuli, facevamo gli accordi con la Carinzia, con l’Istria. Oggi sono le imprese venete e friulane che scappano laggiù.