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 2013  aprile 25 Giovedì calendario

DITTATORI DEL NOVECENTO NON TUTTI FURONO FASCISTI

Vorrei chiederle come mai in Argentina con Perón, in Brasile con Getulio Vargas, in Polonia con Pilsudski, in Turchia con Atatürk, in Egitto con Nasser questi politici dittatori sono considerati padri della patria, mentre da noi Mussolini, che li influenzò così profondamente, è tanto vituperato.
Roberto Quaglia
roberto_quaglia@alice.it
Caro Quaglia con una eccezione (Getulio Vargas, presidente del Brasile dal 1930 al 1945 e dal 1951 al 1954), i dittatori elencati nella sua lettera furono tutti militari di carriera. Juan Domingo Perón fu una sorta di osservatore militare argentino a Roma nel 1938. Josef Pilsudski comandò la Legione polacca che combatté nelle file dell’esercito austro-ungarico durante la Grande guerra e guidò le forze armate della Polonia risorta contro la Russia bolscevica nel conflitto del 1920-21. Mustafà Kemal, meglio noto come Kemal Atatürk, combatté contro gli italiani in Cirenaica nel 1911, contro i bulgari nelle guerre balcaniche (1912-1913), contro il corpo di spedizione del Commonwealth britannico a Gallipoli nel 1915, contro i greci, per la riconquista dei territori perduti, sino al 1922. Gamal Abdel Nasser combatté contro gli israeliani, con il grado di maggiore, nella guerra del 1948 ed era colonnello durante la rivoluzione egiziana del 1952.
Ciascuno di questi personaggi appartiene, anche se con diversi profili ideologici, alla categoria dei leader militari: una famiglia che conta tra le sue file, nel corso del Novecento, il generale Franco in Spagna, l’ammiraglio Horthy in Ungheria, il generale Mannerheim in Finlandia, il generale Metaxas in Grecia, il maresciallo Pétain in Francia, il generale Antonescu in Romania. Non tutti esercitarono il potere con lo stesso stile e soltanto il «conducator» romeno (come Antonescu volle essere chiamato) creò un sistema molto simile a quello di Mussolini in Italia e di Hitler in Germania. Ma tutti, probabilmente, lessero la Tecnica del colpo di Stato di Curzio Malaparte (un saggio apparso a Parigi nel 1931) e studiarono attentamente sia il modo in cui i movimenti anticomunisti e antiparlamentari conquistarono il potere dopo la rivoluzione bolscevica, sia le riforme istituzionali con cui lo conservarono. I «prestiti», come i linguisti definiscono le parole importate da un’altra lingua, furono molto numerosi. Ma tra i prestiti e gli originali vi è una grande differenza.
Il caso di Getulio Vargas è parzialmente diverso. Il suo Estado Novo ricorda i progetti corporativi del regime fascista, ma filtrati attraverso la mediazione di Salazar, un uomo politico portoghese molto autoritario, ma poco incline a quella organizzazione ideologica della società che caratterizzò fascismo e nazismo.
Un’ultima osservazione. Non tutti questi leader sono considerati «padri della patria» e nessuno di essi (nemmeno il rodomontesco Nasser) commise l’errore di trascinare consapevolmente i suoi connazionali in una guerra dissennata da cui il Paese uscì distrutto e sconfitto.
Sergio Romano