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 2013  aprile 25 Giovedì calendario

IL FUTURO ANCORA DA SCOPRIRE NELLA DOPPIA ELICA DEL DNA

Sessant’anni di Dna. Sessant’anni fa fu pubblicato il primo lavoro fondamentale sulla natura del Dna. E da allora il mondo non è stato più lo stesso, anche se siamo solo all’inizio. Il Dna è entrato nelle nostre vite in mille forme, ha prodotto di recente entusiasmanti novità, e molto ci riserverà ancora.
Il Dna è entrato nelle nostre vite innanzitutto come immagine visiva. La doppia elica, rappresentata in modo accurato o stilizzata, è diventata ormai un’icona, della genetica, della biologia e della scienza in generale. Il potere evocativo delle immagini è infatti superiore a ogni discorso. Ma il Dna è entrato anche nei nostri discorsi, in maniera appropriata o meno appropriata. Si può dire che quella famiglia ha nel suo Dna quella malattia ereditaria, ma si può dire anche che la pizza, o la pastasciutta, è nel Dna degli italiani. Tutti sappiamo che portiamo nelle nostre cellule una certa quantità di Dna che veicola le istruzioni per l’uso che noi possediamo, per nascere, per crescere, per svilupparci e per riprodurci. La novità entusiasmante, che non sarà mai sottolineata abbastanza, è che queste istruzioni sono scritte in un lungo testo scritto in un particolare alfabeto, e che questo testo viene letto dalla cellula in maniera lineare, come una nostra lettera, un articolo o un libro. Il Dna ci fa vivere, ma a volte, raramente per fortuna, ci condanna anche a qualche piccolo guaio o a qualche grave disgrazia. Sappiamo che analizzando il Dna si può vedere se siamo sani o se portiamo qualche tara, anche prima di nascere. Come tutti ormai sanno che con la cosiddetta «prova del Dna» si può scoprire l’identità di un malfattore o anche, più modestamente, la parentela con una certa persona.
In tempi più recenti abbiamo appreso che con il Dna si può costruire un computer organico e si possono «scrivere» in pochissimo spazio i testi di tutti i libri del mondo. Dopo che determinare base per base l’intera sequenza di un genoma è diventato sempre più veloce e meno costoso, si può far analizzare il proprio genoma per qualche centinaio di dollari allo scopo di sapere, con sicurezza o, più spesso, con una certa probabilità, se avremo o non avremo una certa malattia durante la nostra vita. Conoscere le particolarità del suo Dna può suggerire inoltre le cure più appropriate per un determinato paziente.
Tutto questo l’abbiamo ormai alle spalle, ma il futuro? Fermo restando che il bello della scienza è proprio che è quasi impossibile individuarne in anticipo gli sviluppi futuri, possiamo immaginarci qualcuno dei prossimi progressi, sicuri o probabili. Per prima cosa, perché abbiamo tanto Dna? Che cosa ce ne facciamo di una quantità più che doppia di quello che sembra strettamente necessario? Quali segreti sono nascosti nella regione di Dna che non conosciamo ancora approfonditamente? Dove sta scritto che noi parliamo e gli scimpanzé no? Che noi andiamo a scuola e dipingiamo e loro no? Dove sta scritto che andiamo tanto pazzi per la musica di tutti i tipi e per i miti più fantasiosi? Su un piano più clinico, quanto dobbiamo ancora studiare per fare l’inventario completo di tutti i modi nei quali le nostre cellule possono diventare cancerose o i nostri vasi sanguigni indurirsi più velocemente di quelli di altri? O per persuadere alcune cellule particolarmente nevralgiche a rigenerarsi? Sono tutti interrogativi che ci si parano davanti senza essere completamente fuori della nostra portata. Senza parlare di quello che potremo fare, domani o dopodomani, mettendo mano al nostro proprio Dna, di alcune cellule o dell’intero nostro corpo. Sessant’anni ben portati insomma, e che ci riserveranno ancora grosse sorprese.
Edoardo Boncinelli