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 2013  aprile 26 Venerdì calendario

IL PIÙ GIOVANE EDITORE DI SUA MAESTÀ VIENE DA MOSCA. NEL NOME DEL PADRE

«La mia prima vacanza fu una gita a Chernobyl nel 1989, mentre papà si apprestava a diventare una spia. Avevo 9 anni. Il nonno era direttore presso il dipartimento di biologia dell’Accademia delle Scienze e nel 1986, al momento del disastro, era stato tra i primi a precipitarsi laggiù per verificare gli effetti dell’esplosione del reattore sull’ambiente e le persone. Motivo per cui morì presto. Tre anni dopo, ci portò anche me per tre giorni». Il conte Tolstoj si starà mangiando le mani. Avesse incontrato Evgeny Lebedev, avrebbe generato un altro capolavoro. Un personaggio perfetto. Avrebbe mutuato il titolo da Turgenev e azzardato un semplice Padre e Figlio. Il nostro eroe “bipolare”, come si definisce lui per la partecipazione attiva a due culture, è il più giovane proprietario di quotidiani inglesi, ed è russo. Uno dei più facoltosi grazie al patrimonio paterno. Il suo appartamento nel cuore di Londra rispecchia la sua persona: rigoroso, logico, elegante. Alcune stanze che danno sul corridoio sono socchiuse: in una c’è una grande cucina, in un’altra una scrivania inghiottita dai libri, in un’altra un tavolo da riunione che comunica con la sala dove riceve, decorata quest’ultima con alcune opere che colleziona, tra cui un crocefisso dei fratelli Chapman, sfuggiti per miracolo lo scorso dicembre all’accusa di blasfemia dell’ondivaga giustizia russa dopo un’esposizione all’Hermitage.
«L’anno scorso l’Evening Standard dopo tanti anni ha raggiunto il pareggio di bilancio e ha prodotto utili. Quando tre anni fa ho deciso di farlo diventare gratuito, mi hanno preso per pazzo. Tirava 100.000 copie. Oggi 700.000 e la pubblicità ci premia anche perché abbiamo mantenuto alto il livello della scrittura. Ho lanciato anche i, che costa 20p. Ha una tiratura media di 250.000 copie e l’anno scorso ha ricevuto il premio di “quotidiano dell’anno”. È una costola dell’Independent, che non naviga in buone acque. Ma ci siamo appena assicurati le frequenze di London Live, la televisione della capitale. L’intenzione è di creare vere sinergie con la carta stampata. Adesso se non si è creativi e immaginifici, si rischia l’estinzione».
Il padre, Alexander Lebedev, acquista lo Standard sull’orlo della chiusura nel 2009 e nel 2010 l’Independent, entrambi per il prezzo simbolico di una sterlina. In tre anni ha investito 80 milioni di sterline e si appresta a concedere altri 35 milioni per realizzare quel circuito multimediale in cui lui e suo figlio ripongono tante aspettative. Intanto il connazionale Roman Abramovich patron del Chelsea spende, solo per l’acquisto di Fernando Torres, 50 milioni di sterline. «Non ho nessun rapporto con gli oligarchi. Non mi interessano e francamente penso che non siano interessanti. Sono grossolani, amano stare tra di loro, come in una comune degli Anni 70. Ho scelto l’integrazione con questa città. I miei amici sono londinesi».

Le relazioni. Tra le sue conoscenze ci sono attori e attrici con cui esce la sera dopo il teatro, lo scrittore Tom Stoppard, il direttore della Tate Gallery Nicholas Serota, il sindaco di Londra Boris Johnson, Bono, Elton John… «Sono il padrino del primo figlio di Elton, siamo amici da tanti anni. Siamo stati insieme a Kiev per una campagna contro l’Aids ed è stato il direttore del numero dell’Independent in edicola il primo di dicembre. Il ricavato è stato dato in beneficenza».
L’integrazione è facilitata dalla sua biografia. Nasce a Mosca nel 1980, abita con i genitori e i nonni materni in un piccolo appartamento a un tiro di schioppo dal Cremlino, in un caseggiato che trabocca di agenti del KGB «che fumavano in continuazione appoggiati ai davanzali. Persino Kruscev ci abitò dopo essere stato deposto». Qui frequenta le elementari che sorgono sopra il cimitero di un vecchio lebbrosario: «Capitò a me e ai miei compagni di giocare a pallone con i teschi».

La scalata al successo. Nell’89 la svolta. La famiglia si trasferisce a Londra, dove il padre accetta un incarico del KGB: leggere i giornali stranieri e riferire alle autorità. Dopo il tentato colpo di Stato contro Gorbaciov, a cui assiste tutta la famiglia durante una vacanza estiva, Alexander resta a Mosca, abbandona la noiosa carriera di spia e intraprende l’intrepida avventura del business negli anni del far west russo, quando i conti si regolano con le pallottole, schivandole lui stesso non poche volte. «Erano anni pieni di energia, ma molto tormentati e anche brutali. L’atmosfera era misteriosa, come in un racconto di Gogo’». Evgeny dopo qualche anno sceglie la Gran Bretagna, si laurea alla London School of Economics e si diploma in storia dell’arte alla Christie’s. «Papà provò tante strade. Anche la compravendita delle scarpe. Una volta arrivò nel suo ufficio una grossa partita di calzature. Ma calzavano solo a sinistra». Alexander Lebedev oggi è il proprietario della National Reserve Bank, di un terzo dell’Aeroflot, è il re delle patate, l’inventore delle Dream House, ovvero le villette prefabbricate destinate alla media borghesia, ed è decisamente il più intellettuale dei cosiddetti oligarchi. Con Mikhail Gorbaciov possiede la Novaya Gazeta, l’unico giornale che combatta attivamente la corruzione in Russia e che, a causa di questa propensione, registra il maggior numero di giornalisti percossi o soppressi, tra cui la tristemente nota Anna Politkovskaya. «In Russia ufficialmente non c’è censura, ma la macchina ha i suoi mezzi per zittire le persone. Il Paese ha ricevuto in eredità dal sistema sovietico un popolo malleabile che ancora oggi teme le conseguenze della libertà di espressione. L’ondata di conservatorismo calata sulla Russia mi atterrisce. Non solo politico ma anche religioso. Di recente ho letto un libro che spiega a fondo come i bolscevichi abbiano tentato di usare ed estirpare, senza successo, la religione profondamente radicata in un popolo così mistico come quello russo. Quando nel ’18 Trotsky sul suo treno blindato girava per le città cercando di infiammare gli animi per accrescere le fila dell’Armata Rossa, cercò un prototipo di rivoluzionario che lo aiutasse a trasmettere la sua idea. Aveva tre possibilità, e tutte provenivano dalla stessa matrice: Caino, Lucifero, Giuda. Scelse il terzo, perché i primi due erano troppo mitologici. Oggi la religione è tornata, con molto potere e molta voce in capitolo anche nelle questioni secolari, come è successo nel caso delle Pussy Riot».

I timori per la sorte del padre. Caino oggi si accanisce su papà Alexander, 53 anni, che nel frattempo ha una nuova moglie e due figli di tre anni e otto mesi, reo di sostenere in patria la stampa libera e di aver tentato una timida entrata in politica. Un pugno inopportuno, sferrato in diretta TV nel 2011 a un imprenditore che lo provocava scientemente istigandolo alla reazione, ha offerto una grande opportunità al terribile Alexander Bastrykin, capo del Comitato Investigativo, la costola maligna dell’Fbs (erede del KGB), da anni alla ricerca di un motivo occasionale per sbatterlo in galera. A nulla erano valse le incursioni nella banca di Lebedev di uomini incappucciati a caccia di reati inesistenti, se non a far perdere al proprietario preziosi clienti spaventati da eventuali ripercussioni. Ora, per quel pugno, è accusato di hooliganismo, lo stesso reato attribuito alle Pussy Riot, e rischia cinque anni di galera. Più due se all’atto è attribuito un connotato politico. Il processo va per le lunghe e si teme un altro caso Khodorkovsky. «In Russia tutto può succedere. Come diceva Winston Churchill, “È un enigma avvolto in un mistero”. L’esito di questa brutta storia può essere d’ogni tipo. Speriamo che la fine non si faccia attendere. Mio padre voleva entrare in politica. Non contro qualcuno o qualcosa. Voleva dare un contributo al suo Paese, tutto qui». Ma il capo del Cremlino già dal suo primo mandato era stato chiaro: nessuna commistione tra soldi veri e potere. «Forse papà vorrebbe vendere le sue proprietà. Ma non è facile. Perché persino gli eventuali acquirenti temono in qualche modo le ritorsioni per essersi “contaminati” con i Lebedev. Gli “oprichnik” (i pretoriani di Ivan il Terribile che oggi designano gli uomini che agiscono con la forza, ndr) hanno un solo modo per arricchirsi: prelevare denaro agli imprenditori con la prepotenza».
Evgeny ha un aplomb britannico quando parla, è russo quando scrive. Il giovane editore ha scoperto la scrittura e a questa regala le sue emozioni. Viaggiatore compulsivo, la sua vera passione sono i reportage dalle zone straziate dai conflitti dove sono impiegati i bambini-soldato, per cui si batte in prima persona, e le interviste ai capi di Stato: Hamid Karzai, il presidente bielorusso Lukashenko, Ismail Haniyeh primo ministro palestinese… il prossimo sogno nel cassetto è Mugabe, che ha cercato di intercettare a Roma durante l’insediamento di Papa Francesco: «Amo Londra, ma mi sento ispirato e rinvigorito quando sono sul campo, in Somalia per esempio. Quando torno qui mi assale lo sconforto. Devo subito pensare a un nuovo progetto. Per mesi i giornali britannici si sono concentrati sulle discussioni in Parlamento sull’opportunità di un controllo sull’editoria, dopo gli scandali delle intercettazioni dello scorso anno. Mentre nel mondo succede di tutto». Lui all’udienza di quello che è conosciuto come “Levenson Inquiry” si è presentato con due tomi sotto il braccio: il De Profundis di Oscar Wilde, scritto dal carcere, e l’Areopagitica di John Milton, il trattato scritto nel 1644 a difesa della libertà di stampa senza censura. Un normale conforto per chi ha letto la Divina Commedia nella traduzione di Pasternak e l’Onegin di Puškin anche in inglese.
«Ora sto pensando a un grande festival della cultura russa da organizzare a Londra nel 2017 in occasione del centenario della rivoluzione. Ho il sostegno delle grandi istituzioni londinesi. Vorrei portare qui il meglio della produzione artistica del mio Paese d’origine: musica, pittura, scultura, teatro, danza per aiutare i giovani artisti che lottano per emergere. Per ora chi come Dasha (la fidanzata di Abramovich, ndr) si è occupato di arte e anche bene, ha esportato a Mosca la cultura occidentale, non il contrario».

L’Umbria, il castello e il lupo Boris. Il nostro eroe ammette una palese debolezza per l’Italia, dove in Umbria, la regione più mistica, ha acquistato una grande villa del XVIII secolo, che lui chiama semplicemente casa, e un castello del XIII secolo che ha salvato dalla rovina: «È un posto magnifico, unico, dove cerco di andare ogni sei settimane. Anche Elton lo ama molto. Là ho un lupo che si chiama Boris. Sono felice in Italia. Adoro anche Roma, dove mi piacerebbe aprire un’attività, magari un ristorante. Mi piace passeggiare per la città, soprattutto nelle strade dove non c’è nessuno, solo silenzio. Uno dei miei luoghi preferiti è il cimitero dove sono sepolti Keats e Shelley, di sera. Il luogo più romantico al mondo». Caro Evgeny Alexandrovich, per difendersi dal demone russo, non basta respirare a Occidente se il cuore batte forte a Oriente. Lucifero è in agguato, sempre. E brilla a partire dal crepuscolo.