Alberto Flores D’Arcais, la Repubblica 26/4/2013, 26 aprile 2013
BERLUSCONI: “FALLIMENTO LETTA? NON VOGLIO NEANCHE PENSARCI OK CANCELLIERI MA ANCHE BRUNETTA”
DALLAS — Niente tecnici, Saccomanni compreso, il ministero dell’Economia «dovrebbero darlo a me, ma non lo faranno», quindi va bene anche Brunetta. Silvio Berlusconi è a Dallas — invitato da George Bush all’inaugurazione della Library dell’ex presidente (presente anche Obama) — ma in una stanza dello Sheraton, tra un’intervista alla Fox («in vent’anni ho fatto fuori sei leader della sinistra») e un paio di battute sui leader Pd («Bersani è un emiliano molto simpatico, Renzi un comunicatore bravissimo, anche se come gradimento tra i sindaci è al 40esimo posto») parla della trattativa sul governo Letta.
Soddisfatto della scelta?
«Appartiene a una famiglia che conosciamo bene, certamente anche Letta nipote è un ottima persona. Non è però così importante chi sia chiamato a fare il presidente del Consiglio, la cosa importante è che si metta in piedi un governo in grado di varare quei provvedimenti, urgenti e indispensabili, per fare uscire il paese dalla terribile spirale recessiva in cui ci ha portato la politica dell’austerità».
Ci sono veti Pdl sul nome dei ministri?
«Quando sono partito dall’Italia non avevamo avuto alcun incontro sui ministeri e sulle persone da nominare».
Sulla Cancellieri?
«Su di lei nessun veto. L’ho proposta io come prefetto a Bologna, volevamo candidarla. Ma ripeto, prima va trovato un accordo sul programma».
Ci sono ministeri chiave cui il Pdl tiene particolarmente?
«Se fossero aperti a una collaborazione vera dovrebbero offrirmi il ministero dell’economia. É chiaro che non me l’offriranno mai. Quindi all’economia vedrei bene Brunetta, se poi non lo vogliono vedremo, magari gli facciamo fare il sottosegretario».
Si è parlato di tecnici, come Saccomanni.
«No, io mi auguro che non ci siano tecnici. Per fare i politici bisogna essere esperti, professionali. E il governo dei tecnici abbiamo visto dove ci ha portato. La politica è anche l’arte di raggiungere il miglior compromesso possibile. Ci hanno detto no ai ‘pezzi da novanta’. Vedremo. i ‘pezzi da novanta’ non sono tanto contenti, cercheremo di trovare un accordo».
Il ministero della Giustizia?
«Non ne abbiamo parlato, veramente non ne abbiamo parlato. La Giustizia è un altro punto, dopo i sei dell’economia e le riforme costituzionali, è un problema di cui non so quante volte ho proposto una rivisitazione».
Gli otto punti che proponete sono irrinunciabili?
«Non è che adesso noi andiamo lì e gli diciamo tutto o niente. Ci muoveremo con buonsenso, anche perché nelle nostre proposte non c’è nulla che possa essere interpretato come un favore a qualcuno, come una legge ad personam».
Farete la riforma elettorale?
«Questa legge elettorale è abnorme, pensi che Bersani mi ha detto che non conosce il 50 per cento degli eletti del Pd. Va cambiata, certamente e noi proponiamo anche importanti riforme costituzionali. Certamente una riforma elettorale in senso presidenzialista. É un diritto dei cittadini, io vorrei un’elezione aperta a tutti quelli che si vogliono candidare, poi i primi due vanno al ballottaggio. Seguiamo il modello di tutte le democrazie più avanzate».
I primi provvedimenti del nuovo governo?
«Sono quelli che abbiamo illustrato in campagna elettorale. I sei punti sull’economia, che possiamo
anche riunire in un unico disegno, un decreto Salva Italia, la riforma della Giustizia, le riforme costituzionali. Siamo ovviamente aperti a qualsiasi altra misura che venga messa sul tavolo e che sia efficace. Dobbiamo augurarci che sia possibile varare il governo e che poi ci sia un Parlamento capace di approvare questi provvedimenti».
Insisterete sull’abolizione dell’Imu e la restituzione di quella del
2012?
«Certamente, l’Imu è da abrogare, è una forma di patrimoniale permanente. La restituzione del 2012 non è soltanto un fatto simbolico, si ridarebbe indietro alle famiglie quella tredicesima che di fatto è stata confiscata e che ha fatto diminuire i consumi del periodo natalizio. Poi bisogna diminuire l’Irap, che io ho chiamato ‘imposta rapina’, che le imprese pagano anche quando
non fanno utili. E poi semplificare. Per aprire un ristorante occorrono dodici autorizzazioni».
Come si recuperano i soldi se si tagliano Irap e Imu?
«La macchina dello Stato costa un terzo in più di quanto costa negli altri Stati europei. Per noi sono 800 miliardi, li possiamo ridurre del 2 per cento l’anno e quindi in cinque anni arrivare al 10 per cento».
Altri provvedimenti?
«Equitalia. Cambiare tutto, niente pignoramenti, estensione delle rate. La lotta all’evasione fiscale va fatta con sistemi liberali, non vessatori. Poi i giovani. Dire alle aziende che ci sono 600mila giovani senza lavoro, vanno assunti per almeno tre anni, in cambio l’impresa paga solo quanto si mette in tasca il giovane. Niente imposte, né contributi».
E i costi della politica?
«Vanno ridotti, perché abbiamo assistito a delle ruberie oscene di denaro pubblico. Peró la politica ha un costo, per cui bisogna cambiare le leggi sul finanziamento privato in modo che tutto avvenga in modo limpido e trasparente».