Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 26 Venerdì calendario

ALLARME USA “LA SIRIA HA USATO I GAS PRONTI A COLPIRE”

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
NEW YORK — Ci siamo, stavolta il regime di Assad ha varcato «la linea rossa» tracciata da Barack Obama. La Casa Bianca annuncia la svolta: l’intelligence americana «ha stabilito con diversi gradi di fiducia che il regime siriano ha usato le armi chimiche, specificamente l’agente sarin (gas nervino)». È ancora presto per trarne conclusioni operative, non scatta automaticamente il sì di Obama a un intervento militare. Però l’annuncio prelude a un cambiamento strategico per gli Stati Uniti. Con insistenza, in passato, Obama aveva detto che il ricorso alle armi chimiche è intollerabile e richiederebbe un nuovo tipo di azione della comunità internazionale a tutela della popolazione siriana. Non a caso, mentre altri governi già da settimane sostengono di averne le prove (Israele, Francia e Gran Bretagna) la Casa Bianca ha aspettato a lungo prima di arrivare alla stessa conclusione.
È stato il segretario alla Difesa, Chuck Hagel, ad annunciare per primo questa svolta ieri. Lo ha
fatto nel corso di un viaggio in Medio Oriente. Subito dopo la sua rivelazione è stata confermata dal segretario di Stato John Kerry che ha evocato almeno due circostanze in cui l’esercito di Bashar al-Assad avrebbe fatto ricorso alle armi chimiche. Tra le possibili reazioni dell’America, un intervento militare appare ancora assai remoto, e non solo perché si faticherebbe ad ottenere un mandato del Consiglio di sicurezza Onu. Ci sono delle tappe intermedie: per esempio sbloccare la fornitura di armi all’opposizione (finora Washington eroga solo aiuti non-letali, cioè di tipo umanitario come i medicinali oppure logistico come i mezzi di trasporto).
Un’altra opzione caldeggiata dai repubblicani Usa è una nofly zone per impedire all’aviazione militare siriana il sorvolo delle zone controllate dai ribelli. Ieri però un alto consigliere di Obama ha voluto sottolineare che «non c’è un grilletto automatico », l’uso delle armi chimiche non fa scattare un’escalation militare. Lo stesso alto consigliere strategico di Obama ha aggiunto che si debbono «investigare fino in fondo tutte le prove, alla luce di quanto abbiamo imparato in passato».
E’ un’allusione velata, alla disastrosa impostura sulle “armi di distruzione di massa” di Saddam
Hussein, quando George W. Bush mandò il suo segretario di Stato Colin Powell alle Nazioni Unite a esibire delle prove che poi si rivelarono false. Per una curiosa coincidenza, nella stessa giornata di ieri si inaugurava la biblioteca Bush che rievoca l’invasione dell’Iraq. C’è anche un altro elemento che frena Obama. Glielo hanno ricordato di recente sia Vladimir Putin che lo stesso Assad dopo l’attentato di Boston. Se nelle forze dell’opposizione siriana ci sono elementi legati ad Al Qaeda — come sostengono Assad e Putin — allora le armi fornite da Washington un giorno potrebbero essere usate contro gli stessi americani. Per il momento dunque Obama vuole procedere con i piedi di piombo e accumulare prove incontrovertibili. Il senatore John Mc-Cain, repubblicano, invece non ha dubbi: «La linea rossa è stata varcata, bisogna stabilire una no-fly zone e dare armi alla resistenza».