Alessandra Longo, la Repubblica 25/4/2013, 25 aprile 2013
ADDIO A BUONTEMPO, LA DESTRA IN LUTTO “ER PECORA, COMBATTENTE DI RAZZA”
ROMA — Entra un sole forte nella camera ardente della clinica romana dove gli amici vanno a trovare Teodoro Buontempo in attesa che il feretro sia portato oggi in Campidoglio. Il libro delle condoglianze si riempie velocemente, tra le firme quelle del figlio di Giano Accame, Nicolò, del giornalista Fidel Mbanga Bauna, di un camerata anonimo che si congeda da lui così: «Teo, grazie, sei stato un grande combattente». Bisogna conoscere un po’ la comunità ormai lacerata della destra per capire quanto sia intenso e vero il lutto per la morte di Buontempo. Era un ribelle, uno spariglio, non aveva mai cambiato la sua idea. Dall’Abruzzo si era trasferito a Roma nel ‘68 per diventare subito capo del Fronte della Gioventù, punto di riferimento degli allora giovani duri e puri Gasparri, Alemanno, Fini, di un’intera generazione che avrebbe poi fatto carriera.
Teodoro era il «maestro», loro gli allievi. Tutti alla sezione di via Sommacampagna. Teodoro era il camerata povero che dormiva nella Cinquecento (gliela bruciarono con una molotov) o alla stazione Termini, Teodoro era quello che organizzava i cortei e con una mano teneva il megafono e con l’altra faceva il saluto romano, Teodoro aveva ripulito l’altare della patria con una scopa dopo la visita di Li Ping. Teodoro era capace di parlare per 28 ore di seguito per ostruzionismo in Campidoglio, come nell’estate del 1994. Un vero fascista, di quella destra sociale inghiottita quasi del tutto dalle ambizioni personali e dal rampantismo. Maurizio Gasparri è corso al capezzale prima che se ne andasse lasciando Montecitorio dopo il voto a Napolitano: «Ha cambiato la vita di molti di noi — racconta — Con lui abbiamo fatto ogni tipo di manifestazioni, creato radio libere, affisso manifesti, lottato e litigato nelle assemblee e nei congressi». Lottato e litigato.
Lui era ruspante, ruvido, esibiva un dissenso aperto, come usava un tempo a destra e a sinistra.
Una biografia che coincide con quella della destra, inclusi gli anni difficili, drammatici, del terrorismo e dei morti, un nome fra tutti, quello di Mikis Mantakas, ucciso nel ‘75, a pochi metri da Buontempo: «Ce l’ho ancora davanti agli occhi quell’immagine ». Poi la politica nelle aule, fino all’approdo sofferto in Alleanza Nazionale che «il leone» lascerà nel 2007 sbattendo la porta, inorridito dal percorso liberal di Fini. L’ultimo incarico, dopo gli anni in Parlamento, gli è stato molto congeniale: assessore alla Casa per la Giunta regionale Polverini. Va detto ben lontano, lui, dalla performance dell’ex missino Fiorito. La casa, il mutuo sociale, il territorio, le periferie, le borgate. Questo il perimetro degli interessi politici di Buontempo, intrecciati con la sua storia personale. Nel privato, la devozione per la moglie e i figli, quei «piccoli lord» di cui parlò Berlusconi stupito che uno come lui li facesse studiare in Inghilterra.
Sono listati a lutto i siti dei camerati. Francesco Storace, con Buontempo unito dall’ultima avventura politica de «La Destra », scrive: «Il leone non c’è più. E’ un dolore enorme». Arriva il cordoglio di Napolitano. La natura del personaggio, così estremo e duro nella fede politica, così dialogante anche nel rapporto con gli avversari, la si può dedurre dal saluto di Pier Ferdinando Casini: «Era un prezioso amico», dice. O dalla «tristezza » di Ignazio Marino, candidato Pd al Campidoglio: «Sarebbe stato un avversario irriducibile ma onesto e leale». «Mi inchino alla memoria», dice Francesco Rutelli, sindaco di Roma pur da Buontempo molto osteggiato. E’ facile prevedere che domani, ai suoi funerali nella chiesa di San Marco, ci sarà tutta la destra, senza distinzione di partito o di corrente, e molti altri ancora.