Alessandro Merli, il Sole 24 Ore 25/4/2013, 25 aprile 2013
L’ECONOMIA TEDESCA SI È FERMATA
FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente
Nuovi dati che indicano il peggioramento dell’economia tedesca e la continua contrazione del credito nell’eurozona aumentano la pressione sulla Banca centrale europea perché tagli i tassi d’interesse alla sua riunione della prossima settimana, un’ipotesi che i mercati finanziari ora ritengono probabile.
L’indice Ifo sulla fiducia delle imprese in Germania è sceso per il secondo mese consecutivo, da 106,7 a 104,4 e, seppure continui a prevedere un’espansione dell’economia tedesca, il calo è nettamente superiore alle aspettative dei mercati. Il dato si somma alle indicazioni negative venUte nei giorni scorsi dall’indice Pmi, sempre riguardante le imprese, e l’indice Zew sulla fiducia degli investitori. La maggioranza delle imprese tedesche, secondo il sondaggio elaborato dal centro studi bavarese, giudica tuttora buone le condizioni attuali, ma le loro aspettative per i prossimi sei mesi sono peggiorate, in particolare per quanto riguarda il settore manifatturiero.
Le rilevazioni dell’Ifo combaciano con le dichiarazioni di alcuni dei grandi gruppi tedeschi. La Volkswagen ha annunciato un calo dell’utile operativo nei primi tre mesi di quest’anno del 26%, mentre la Daimler ha rivisto al ribasso, poche settimane dopo averle annunciate, le proprie previsioni sul 2013. Entrambe le case automobilistiche attribuiscono le difficoltà soprattutto alla crisi del mercato europeo. Ieri, anche la Bosch ha parlato di vendite al ribasso nel primo trimestre.
La fiducia del settore manifatturiero è in calo anche in Olanda, secondo l’istituto nazionale di statistica.
Il deterioramento delle condizioni dell’economia tedesca, che dovrebbe evitare a mala pena di entrare in recessione come il resto dell’eurozona, ma è in marcato rallentamento, e soprattutto non sembra in grado di riprendersi dalla frenata di fine 2012 come ha fatto dopo quella del 2009, è la ragione principale, insieme al calo dell’inflazione, per cui anche il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, non dovrebbe opporsi a una riduzione dei tassi della Bce dall’attuale 0,75%.
Il taglio era stato discusso in consiglio all’Eurotower anche il mese scorso senza trovare un accordo, ma il presidente Mario Draghi aveva dichiarato che la banca era «pronta ad agire» a fronte di un peggioramento dei dati economici, che si è poi verificato nelle settimane successive. Il vicepresidente, Vitor Constancio, ha ripetuto ieri la stessa frase nel presentare il rapporto annuale della banca, aggiungendo che la Bce ha ancora spazio di manovra. Alla Bce sono convinti che la riduzione dei tassi abbia un impatto limitato, come ha ripetuto ieri il consigliere Joerg Asmussen. Ma, a questo punto, dopo che il terreno è stato preparato il mancato taglio potrebbe provocare un brusco contraccolpo sui mercati finanziari.
Il ribasso favorirebbe tra l’altro le banche nei Paesi della periferia d’Europa, Italia compresa, che continuano a utilizzare la liquidità della Bce, rendendola più conveniente, anche se poi, ha ammesso Constancio, «non possiamo costringere le banche a prestare» alle imprese e alle famiglie. I dati del sondaggio trimestrale della Bce, pubblicatio ieri, mostrano che la stretta del credito è continuata nei primi tre mesi di quest’anno, anche se a un ritmo inferiore al trimestre precedente. Le piccole e medie imprese comunque non hanno beneficiato neanche di questo modesto miglioramento. Le rilevazioni della Bce mostrano che, come ha sostenuto Draghi nei giorni scorsi, le banche sono ora meno preoccupate del proprio accesso alla liquidità e ai mercati, e anche della propria patrimionializzazione, e più del peggioramento della recessione e delle prospettive delle piccole e medie imprese nelle quali dovrebbero impiegare i propri fondi, soprattutto in Paesi come Spagna e Italia. «La Bce vedrà probabilmente i risultati del sondaggio come la conferma che la banca centrale può fare poco per risolvere il problema» dei prestiti alle piccole e medie imprese, sostiene in una nota Michael Schubert, economista di Commerzbank.
Nei giorni scorsi sono stati ventilati diversi schemi per far ripartire il credito alle Pmi, fra cui un rilancio delle cartolarizzazioni indicato dal consigliere della Bce, Yves Mersch, in un’intervista al Sole 24 Ore, ma questi richiedono l’intervento di altri attori, come la Banca europea per gli investimenti. La Commissione, ha detto il commissario Olli Rehn a Washington alle riunioni del Fondo monetario, è impegnata a fare una proposta in tempi brevi. Dal consiglio della Bce della prossima settimana non dovrebbe invece emergere alcuna indicazione definitiva su questo fronte.