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 2013  aprile 25 Giovedì calendario

CONGELATE LE BANCHE CHE NON DANNO SOLDI

Le Borse si rallegrano perché sentono aria di calo dei tassi. Ma famiglie e imprese, a differenza degli operatori finanziari, hanno ben poco da festeggiare: le condizioni di accesso al credito, per loro, continuano a peggiorare. Lo conferma il «Bank Lending Survey», l’indagine sugli impieghi bancari condotta trimestralmente sui principali gruppi bancari dell’Eurozona: le condizioni sono state inasprite del 7%, dopo il giro di vite di fine 2012 (addirittura il 13% in meno).
Il problema, per la verità, non riguarda solo l’area euro. Ma nel Regno Unito, dove negli ultimi cinque anni il credito si è fatta merce sempre più rara (-4% annuo) si corre ai ripari. Ieri mattina Mervyn King, governatore uscente della Bank of England ha rilanciato il «Piano per i fondi per i prestiti» (Funding lending scheme) con l’obiettivo di far arrivare all’economia e alle famiglie che chiedono un mutuo per la casa, i quattrini che si fermano nelle casse degli istituti, ancora ammaccati dalla crisi. In sintesi, il piano prevede forti incentivi di qui al 2015 per le banche che presteranno nuovi fondi alle piccole imprese. Lo schema, inoltre, è stato allargato anche a soggetti non bancari purché prestino soldi ai gruppi interessati.
Non si tratta di una novità assoluta. Il progetto, studiato con grande attenzione dalla squadra di Mario Draghi, è stato avviato nella scorsa estate. Senza grossi risultati perché, a giudicare dalle analisi condotte della banca centrale, gli istituti di credito hanno più che altro rinnovato vecchi prestiti con una vernice nuova (per loro) più conveniente. Ma il governatore, che a luglio lascerà l’incarico a Mark Carney, che prepara terapie forti per rilanciare l’economia, ci riprova, convinto che la medicina con il tempo funzionerà. Grazie anche a qualche correttivo.
I nuovi prestiti, secondo le regole in vigore da ieri, saranno separati da quelli già esistenti e divisi in tre categorie: famiglie, grandi aziende e piccole imprese. Le prime due categorie daranno diritti a sconti per le banche, che saranno ancor più generosi per i prestiti alle pmi. In questo caso, per ogni sterlina prestata ad una piccola azienda, la banca avrà diritto a ricevere nuovi fondi dalla banca centrale alle condizioni più privilegiate. Al contrario, gli istituti che hanno ridotto il totale degli impieghi rispetto ad un anno fa non potranno bussare agli sportelli della Bank of England per ricevere nuova provvista finché non avranno ripristinato il livello dei prestiti stabilito nel 2012, al momento del varo del primo programma.
È una mossa assai aggressiva, anche perché trasferisce buona parte del rischio dalle banche alla Boe. Inoltre, anche se le condizioni di mercato per le banche sono comunque ai minimi storici (attorno allo 0,25% sull’interbancario), lo sconto proposto dalla Bank of England può comunque avere un grosso peso sugli equilibri del mercato. Inoltre, forse per la prima volta, l’istituto centrale più vecchio del mondo mette sullo stesso piano delle banche le società specializzate in mutui e i gruppi specializzati nel leasing. Tutto va bene, insomma, per combattere la depressione. Con il plauso del Cancelliere dello Scacchiere David Osborne, uno degli imputati al G 20 per gli effetti della politica dell’austerità che ha messo in ginocchio l’economia inglese, che ha colto al balzo l’occasione offerta dalla banca centrale. Anzi, il segretario al commercio Vince Cable si è spinto oltre, ventilando la nascita di una business bank, destinata ad assistere proprio artigiani e piccole imprese. Scavalcato dal ministro dell’economia ombra, il laburista Chris Leslie, che invoca una «British Investment Bank» per rilanciare l’apparato industriale dell’isola.
Al di là della rincorsa dei politici, resta l’interesse per la terapia scelta dalla Bank of England, alle prese con un problema assai simile a quello che tormenta Mario Draghi: la liquidità iniettata dalla banca centrale non riesce ad arrivare agli utenti finali, soprattutto se piccole imprese o famiglie. I soldi si fermano nelle banche, dai bilanci ancora devastati dalla crisi del 2008/09 oppure avvelenati dalla recessione che ha colpito i clienti. O, comunque, forte è la tentazione di speculare, con profitto sui titoli di Stato e prodotti finanziari vari piuttosto che dare i soldi alle imprese, che navigano in mari difficili. Londra, come si è visto, ha scelto l’arma degli incentivi. E la Bce? Forse l’unico sistema efficace sarebbe l’acquisto, direttamente sul mercato, di obbligazioni societarie (come ha fatto la Federal Reserve americana) o di pacchetti di mutui, con l’obiettivo di abbassare i prezzi e ridare fiducia, Ma la Bundesbank ha già detto che non accetterà mai un’operazione del genere. Non resta, insomma, che la strada inglese.