Claudio Antonelli, Libero 23/4/2013, 23 aprile 2013
GLI STATI UNITI «TAROCCANO» IL PIL
In modo geniale gli Stati Uniti si ritroveranno da luglio con circa 400 miliardi di Pil in più. Hanno ricalcolato artificialmente il valore del prodotto interno lordo inserendo voci fino ad oggi considerate intangibili, come la spesa in ricerca e sviluppo o i diritti dei film. Gli effetti positivi si vedranno subito con una crescita di circa il 3%; un po’ come se Barack Obama annettesse in un colpo solo un’economia pari a quella del Belgio.
A sparare la notizia è il Financial Times sottolineando che oltre al dato attuale questo comporterà una revisione a ritroso di tutte le serie storiche del Pil a stelle e strisce risalendo fino al 1929. «Fondamentalmente stiamo riscrivendo la storia economica», ha affermato sulle colonne del FT Brent Moulton, responsabile dei conti nazionali presso il Bureau of Economic Analisy, sintetizzando in una sola frase una vera e propria rivoluzione. Tra le voci del Pil, infatti, Washington inserirà anche una sorta di contabilità creativa. Entreranno nell’elenco anche i deficit degli schemi pensionistici. Si contabilizzerà ogni cinque anni quello che le imprese si sono impegnate a erogare e non solo quello che effettivamente versano o verseranno. Una forchetta che dovrebbe aggiungere altro mezzo punto al Pil complessivo. A ben vedere sembra proprio di essere di fronte a una risposta scaltra alle ultime mazzate dell’economia reale.
A gennaio scorso i dati del Pil avevano sorpreso tutti gli analisti con un meno 0,1%, segnando la prima contrazione da quando nel secondo trimestre 2009 gli Stati Uniti erano entrati in recessione. Non a caso, a gennaio, la Casa Bianca invitava alla cautela: «i dati», si leggeva in una nota, «sono volatili e l’accordo sul fiscal cliff raggiunto alla fine del 20012 ha rimosso molti ostacoli. Ma resta ancora lavoro da fare per la crescita». Aggiungendo: «I dati ci ricordano la necessità di un’azione del Congresso per evitare ferite auto- inflitte».
La maggior parte degli economisti Usa era corsa subito al riparo: «La contrazione, per quanto inattesa e rara (negli ultimi 50 anni è accaduto una sola volta) durante una ripresa economica, non significa che l’economia si trovi di fronte a una nuova recessione». Bank of America ancora più secca: «L’economia non è esattamente solida ma certamente non si sta contraendo come i dati di oggi sembrerebbero indicare».
In realtà un perdurare di stime non soddisfacenti avrebbe imposto un ribasso delle stime per la seconda parte del 2013. Ma ecco che con sorpresa a luglio il primo semestre sarà in ogni caso archiviato. Come fosse passato preistorico. E un più 3% di Pil – anche se deciso a tavolino –metterà il turbo all’economia Usa. Non solo, permetterà a Barack Obama di gestire con maggiore serenità gli impegni presi in ambito di fiscal clift. Il che tradotto in parole semplici consentirà un alleggerimento del cosiddetto sequester, i tagli lineari sulla spesa pubblica decisi a inizio meno di due mesi fa. E permetterà alla politica di Washington di liberare risorse nel campo militare e in quello del welfare.
Parallelamente la Fed non smette di remare a favore. Gli Usa, assieme al Giappone, hanno annunciato di continuare a stampare moneta ed entro la fine dell’anno l’emissione di carta dovrebbe superare di 660 miliardi l’emissione di nuovo debito. Dunque, oltre 600 miliardi di obbligazioni comprate dalle banche centrali con l’intento di spingere in giù i tassi e favorire il mercato azionario. Senza contare che il ri-calcolo artificioso del Pil avrà anche un effetto secondario sulla moneta. Favorirà la svalutazione dell’euro e al tempo stesso un riposizionamento sul dollaro. In altre parole, un boom per Wall Street e per l’economia Usa che vive sotto i riflettori del mercato azionario. E per l’Europa? Niente di positivo. Nei prossimi mesi, con l’unificazione del sistema bancario e fiscale, sarà impegnata a ristrutturare i debiti degli Istituti e i debiti pubblici appropriandosi nei vari modi possibili della ricchezza privata dei cittadini. Ma di crescita di Pil non se ne parla.