25 aprile 2013
Antonio La Penna, 50 anni. Originario di Foggia ma residente a Sorbolo in provincia di Parma dove era noto col soprannome di Forchetta, sposato e padre di due figli, carpentiere alla Terex di Lentigione, «stimato e benvoluto» da tutti i colleghi, «tranquillo e cordiale», l’altro giorno giocava a carte al bar Noris con alcuni amici quando uno con cui aveva discusso poco prima, l’operaio calabrese Antonio Muto, 40 anni, qualche precedente alle spalle, entrò nel locale, andò in bagno, e subito dopo sorprendendolo di spalle gli puntò una pistola alla nuca e fece fuoco
Antonio La Penna, 50 anni. Originario di Foggia ma residente a Sorbolo in provincia di Parma dove era noto col soprannome di Forchetta, sposato e padre di due figli, carpentiere alla Terex di Lentigione, «stimato e benvoluto» da tutti i colleghi, «tranquillo e cordiale», l’altro giorno giocava a carte al bar Noris con alcuni amici quando uno con cui aveva discusso poco prima, l’operaio calabrese Antonio Muto, 40 anni, qualche precedente alle spalle, entrò nel locale, andò in bagno, e subito dopo sorprendendolo di spalle gli puntò una pistola alla nuca e fece fuoco. Poi rivolse l’arma contro la proprietaria del bar, una cinese quarantunenne di nome He Suxue, e le sparò due colpi al braccio e uno all’addome. Quindi uscì sparando altri cinque colpi in aria, raggiunse a piedi il bar Cristallo, entrò tutto agitato e dopo aver chiesto un bicchiere d’acqua disse ai paesani che giocavano a scacchi «chiamate i carabinieri». Alle 18 di martedì 23 aprile nel bar Noris di via Rimembranze a Sorbolo, ottomila anime in provincia di Parma. Perché? Rancori o debito gioco? Piccolo imprenditore edile