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 2013  aprile 24 Mercoledì calendario

«LA MIA GUERRA ALLA CELIACHIA»

A scendere in campo è il miglior arbitro di calcio del mondo, Pierluigi Collina. Perché nel 2002, anno in cui diresse la finale del campionato mondiale in Giappone tra Brasile e Germania (vinse la squadra di Ronaldo 2-0), venne scoperto che sua figlia di 11 anni era celiaca. Da allora, è diventato testimonial per far conoscere la malattia, stare al fianco di altri genitori nelle sue condizioni e promuovere la ricerca. E’ austero, energico e positivo Collina. Oggi Responsabile degli arbitri nella Uefa. Durante questi anni ha affrontato la questione familiare con moglie e figlie e si è messo a disposizione per fare squadra. Contro pregiudizi, paure e tabù.
Come siete arrivati alla diagnosi di celiachia per vostra figlia?
«Era dimagrita in un modo impressionante in pochissimo tempo. Mia moglie ed io eravamo molto preoccupati. Pensavamo ad ogni tipo di malattia. Non ultima l’anoressia».
L’anoressia?
«Sapevo che bambine della sua età cominciavano ad essere sfiorate da disturbi alimentari come l’anoressia e la bulimia. Ci sembrava strano ma non si poteva escludere a priori un problema di carattere psicosomatico. Temevo che potesse avere carenze gravi in un periodo di crescita così delicato. Quello di passaggio dall’infanzia all’adolescenza».
E come vi comportavate con la bambina? Insistevate a farla mangiare ogni genere di cibo?
«Certo. Facevamo come tutti i genitori. Le davamo la pasta, i dolci. Alimenti che potessero farle riprendere qualche chilo. E, ovviamente, continuava ad avare problemi intestinali e dimagrire».
Molti genitori con figli nelle vostre stesse condizioni raccontano di essere arrivati dopo parecchio tempo ad avere la certezza della diagnosi. Anche per voi è stato così?
«Teniamo conto che da allora sono passati undici anni. I medici, la ricerca e la cultura nei confronti della malattia hanno fatto grandi passi e accelerato le diagnosi. Le maggiori difficoltà le abbiamo vissute prima di sapere quale fosse la malattia di nostra figlia Francesca».
Fino al giorno in cui vi è stato detto quale fosse il disturbo. Chi vi ha finalmente liberato dalle paure di malattie più gravi?
«Per fortuna, grazie all’intuizione di un medico amico, abbiamo scoperto abbastanza velocemente quale fosse il problema. So di altri che hanno dovuto aspettare, una situazione molto pesante».
La vostra reazione? Da allora come è cambiata la vostra vita?
«Abbiamo subito capito che bastava cambiare dieta per permettere a nostra figlia di fare una vita come tutte le sue amiche. Non doveva sentirsi esclusa e malata. Doveva, comunque, imparare ad essere autonoma e scegliere i cibi giusti. In casa? Ci siamo adattati e organizzati».
Un consiglio alle famiglie che hanno appena ricevuto una diagnosi di celiachia per un figlio e un consiglio per chi, da grande, si trova a fare i conti con alimenti senza glutine?
«Alle famiglie dico di non spaventarsi, la soluzione c’è. Basta cambiare menù, è la situazione migliore. Niente farmaci, niente terapie. Niente panico neppure per l’adulto che, ormai, ha l’opportunità di scegliere i cibi giusti. Per mangiare fuori e a casa».
È pesante l’adattamento psicologico per chi, al momento di mangiare, deve sempre stare così attento?
«È una condizione molto soggettiva come ho visto conoscendo diverse persone celiache. Dipende dall’età di insorgenza del problema, dal carattere, dall’aiuto che si ha avuto in famiglia. C’è chi non si sente poi così limitato».
Sua figlia è andata in vacanza da sola quando era piccola, ai campi scuola?

«Lei è sempre andata, sapeva quello che poteva e non poteva scegliere. Si doveva adattare al menù a disposizione. Non è mai partita con scorte di cibi propri. Altrimenti come poteva diventare responsabile?».
Una persona celiaca può fare sport anche agonistico?
«Può farla. Una buona fonte di energia è il riso, per esempio, senza glutine. O il mais. Si può ugualmente costruire una dieta mirata per chi fa attività sportiva».
Lei parla sempre di regole, di responsabilità...
«È un modo per superare le difficoltà e vincere. Oggi nessuno potrebbe dire che mia figlia ha un’intolleranza alimentare. Ora aspetta pure un bambino!».