Marco Bardazzi, La Stampa 24/4/2013, 24 aprile 2013
MATTEO SI PRESENTA ALL’ EUROPA "VOGLIO CAMBIARE L’ ITALIA E DICO SI’ AL PRESIDENZIALISMO"
Tony Blair come modello, anche perché «non ha avuto paura di sfidare i suoi capi» nel Labour Party. I Democratici di Obama come ispirazione politica. E poi il sogno di trasformare il Paese in «smart country», dove tutto sia più semplice. A partire dal sistema politico: solo due partiti e un meccanismo chiaro per eleggere «il sindaco d’Italia». È così che Matteo Renzi si presenta all’Europa, rassicurando sulla tenuta del Paese e avvertendo che in ogni caso l’Italia non può uscire dalla crisi solo con ricette di austerity.
L’occasione per la prima intervista europea a tutto campo di Renzi è l’uscita, contemporaneamente in sei paesi, di un nuovo numero di «Europa». Nelle ore in cui tutti lo cercano, mentre salgono e scendono le sue quotazioni come possibile premier, il sindaco di Firenze traccia per «La Stampa» e cinque corrispondenti esteri il suo ritratto di un Paese che guarda al futuro valorizzando la ricchezza del passato italiano. Un progetto di cui la figura stessa di Renzi si propone come sintesi, mentre parla seduto all’austero tavolo del suo studio - la sala di Clemente VII a Palazzo Vecchio circondato da affreschi dei Medici e immerso in due iPad Mini (uno per Twitter, l’altro per verificare sul web dati e cifre).
Cosa direbbe per convincere l’Europa che può credere all’Italia dei prossimi anni?
«Non penso che l’Europa debba avere paura dell’Italia. È vero che sommando il voto dei Cinque Stelle alla Lega e a quella parte di elettorato di Berlusconi contraria all’Europa, abbiamo per la prima volta anche in Italia, come in altri paesi, una possibile maggioranza antieuropea. Ma il voto a Grillo non è contro l’Europa, bensì contro i politici italiani. E per qualche aspetto è comprensibile, perché i signori in Parlamento non hanno fatto le riforme che dovevano fare» Condivide le critiche che vengono espresse sull’austerità tedesca? Vorrebbe tornare a un’Europa che spende di più?
«L’Italia per troppi anni ha speso male e troppo. Quindi è stato giusto il richiamo a tenere i conti in ordine. Avrei voluto non una classe politica che dicesse “facciamo questo perché ce lo chiede la Merkel”, bensì facciamolo perché ce lo chiedono i nostri figli e nipoti. Detto questo, l’idea di un’austerità senza riforme e senza crescita è pericolosissima».
Lei ha ipotizzato un governo che duri un anno, punti sulle riformeeabbiaillavoroalcentro dell’attenzione. Qual è il ruolo di Matteo Renzi in questo scenario?
Questa intervista a Renzi è stata realizzata lunedì 22 aprile a Firenze ed esce anche su altri cinque grandi quotidiani europei, in occasione della pubblicazione del supplemento «Europa» che troverete domani in edicola con La Stampa. All’intervista hanno partecipato Andrea Bachstein (Süddeutsche Zeitung), Lizzy Davies (The Guardian), Philippe Ridet (Le Monde), Pablo Ordaz (El Pais) e Miłada Jedrysik (Gazeta Wyborcza). Il testo integrale del colloquio sarà disponibile su LaStampa.it
«Il problema non sono io, ma l’ambizione, come dice qualcul’Italia, che deve mostrare che no, di cambiare poltrona. Vorle cose le fa. Non sono interes- rei cambiare il Paese». sato a cambiare il Pd, mi inte- Come spiegherebbe all’estero ressa cambiare l’Italia. Mi può l’operazione suicida che ha fat- interessare cambiare il Pd se to il Pd sul Quirinale? serve a cambiare il Paese. Per- «È mancata la leadership da ché se l’Italia fa l’Italia, stiamo parte del mio partito. Se ci fosse meglio tutti compresa l’Euro- stata, le cose sarebbero andate pa. Mi sembra scontato che si diversamente. Non a caso Bervada verso un periodo di sei sani in modo serio ha rassegnamesi, un anno, due anni di un to le dimissioni. La vera sfida governo di “grosse koalition”. nel Pd ora è capire se abbiamo Tra un anno o due ci saranno le idee precise e siamo in grado di nuove elezioni. Io ho 38 anni, perseguirle, dall’ambiente alsono un ragazzo molto fortuna- l’innovazione, alle riforme del to, tutte le mattine lavoro in lavoro e della legge elettorale. I questo ufficio e dovrei pagare il prossimi due mesi saranno debiglietto per entrare. Non ho cisivi per capire se il Pd è il partito democratico di Obama o la brutta copia dei partiti italiani degli anni ’90».
La sua linea è quella dei democratici americani, ma nel suo partito c’è chi, come Barca, è su altre posizioni. Ci sarà un confronto?
«I democratici in tutto il mondo sono questa cosa qua. Si chiama partito democratico, quello di Obama. Poi dentro ci possono stare anche anime diverse».
C’è posto per queste due anime nel Pd? Non sarebbe meglio dividerlo?
«Io vorrei solo due partiti in Italia, come dappertutto».
Sa bene che questo è impossibile...
«Ormai siete più rassegnati degli italiani! Ma non è così. Se ci fosse un modello elettorale con solo due partiti, sarebbe l’ideale. Il problema è che c’è una legge elettorale con la quale alla fine non sai chi ha vinto».
Ha parlato di recente di presidenzialismo. Quale modello elettorale vorrebbe? C’è un sistema che ha in mente?
«Non c’è un modello, si può prendere quello che vogliamo. Il punto centrale è che in Italia l’unico sistema elettorale che funziona è quello dei sindaci. Mi hanno eletto nel 2009, scado nel 2014, quello che devo fare lo faccio, quello che non riesco lo dico, ed eventualmente mi mandano a casa. Ma senza inciuci. È un meccanismo chiaro: serve il sindaco d’Italia. Se questo porta al presidenzialismo o al semi presidenzialismo, va bene».
Lei cita Obama, ma in Gran Bretagna la paragonano più a Tony Blair. È un paragone positivo per lei?
«Blair è stato una pietra miliare per la sinistra europea. Le critiche sul suo operato che sono venute dopo non possono cancellare il fatto che è un punto di riferimento straordinario. Adoro una sua frase: “Amo tutte le tradizioni del mio partito, tranne una: quella di perdere le elezioni”. Lo ammiro, è un modello per me anche perché non ha avuto paura di sfidare i suoi capi».
Come batterebbe Berlusconi?
«Voglio far parte di una generazione che non ha l’obiettivo di mandare Berlusconi in galera, ma di mandarlo in pensione. Berlusconi si combatte girando pagina, non andandogli contro. Si combatte dicendo che c’è un’altra Italia che è “smart country”. L’Italia delle cose concrete, che fa le cose che Berlusconi non ha fatto in 20 anni».
E come si disinnesca Grillo, per Renzi?
«Abolire il finanziamento pubblico ai partiti e le province, semplificare Camera e Senato, diminuire il numero dei parlamentari, dare immediatamente un segnale di svolta sulla pubblica amministrazione: questo è il modo di combattere Beppe Grillo. Lo combatto dicendo le cose che abbiamo detto e fatto prima di lui e sulle quali siamo più forti. Perché mi deve dare la linea Grillo? Non inseguo Grillo, gli sto lanciando la sfida».