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 2013  aprile 24 Mercoledì calendario

NELLA CLASSIFICA DELLE PIU’ RICCHE L’ITALIA SOPRAVVIVE CON LA TV. LONTANE SPAGNA E INGHILTERRA

Ci sono due spagnole, quattro inglesi, una tedesca e una francese (imbucata). Poi ci siamo anche noi, che non siamo una barzelletta, ma di sicuro abbiamo poco da ridere. Se la chiave del tesoro calcistico, oggi più che mai, è rappresentata dai ricavi, il calcio italiano continua imperterrito a starsene fermo in poltrona. Letteralmente, perché lo «stadio virtuale» ovvero la ricca offerta televisiva a pagamento, regge il sistema ormai dal 1999, con tutte le distorsioni del caso. Il Milan, che è la prima delle italiane ed è all’ottavo posto nella classifica dei club europei più ricchi, ha ricavato 126,3 milioni di euro nel 2011-12 dal cosiddetto «broadcasting», che comprende diritti tv in patria, diritti tv e premi in ambito Uefa, secondo il rapporto Football Money League pubblicato a gennaio da Deloitte. Appena 2 milioni in meno del colosso Manchester United. Ma quella cifra per i rossoneri rappresenta il 50% delle entrate, per gli inglesi solo il 33%. L’anomalia italiana si capisce meglio se si scende dal podio del milionari, composto da Real Madrid (512,6 milioni), Barcellona (483) e appunto i Red Devils (395,9). Il Milan dal broadcasting ha guadagnato 44,9 milioni in più del Bayern Monaco, 18,6 in più del Chelsea, 17,3 in più del Manchester City, 48,1 in più del Liverpool che non era in Champions. Il Napoli, che in Europa è al 17° posto dietro a Juventus (10ª) e Inter (12ª) tra le più ricche, ha incassato 85,8 milioni nel 2011-12, più dello stesso Bayern e ben di più (20,4 milioni) del Borussia Dortmund semifinalista di Champions stasera col Real Madrid. Il problema per noi inizia evidentemente quando si spegne la televisione, in patria e in Europa, e si fanno i conti con le altre due realtà che compongono il prezioso mosaico dei ricavi di una squadra di altissimo livello: gli incassi dello stadio e le entrate dalle attività di merchandising. In questo siamo molto indietro da anni e i segnali di miglioramento non sono così incoraggianti, anche se va ricordato che nella top 20 delle ricche d’Europa ci sono 7 squadre inglesi, 5 italiane, 4 tedesche, 2 francesi e 2 spagnole. Quindi per esempio la tanto celebrata Spagna dietro a Real Madrid e Barcellona ha il vuoto. E per non far crollare il sistema, il governo sta studiando una legge per la ridistribuzione dei diritti televisivi, dato che le due grandi si spartiscono il 50% dei soldi (circa 150 milioni a testa), lasciando il resto alle altre 18 squadre. Anche la Francia ha la sua (gigantesca) anomalia: il Paris Saint Germain degli Emiri non rientra per questioni di tempi tecnici nella statistica dei club più ricchi. Ma con 222 milioni di fatturato la squadra di Ancelotti soffierebbe il decimo posto alla Juventus, rimanendo per ora comunque lontano dal podio. Il problema, anche dal punto di vista del fair play finanziario è che circa 200 milioni arrivano dalla sponsorizzazione «casalinga» made in Qatar. «Dettagli» che nel nostro calcio non ci sono. Allora non resta che una strada per tenere il ritmo delle fuoriserie. E nel suo piccolo (con uno stadio da 41 mila posti di capienza) la Juventus è la berlina di media cilindrata da seguire. I bianconeri hanno aumentato del 174% i ricavi dal botteghino (da 11,6 milioni a 31,8) ma anche del 36% quelli commerciali. Perché lo stadio crea indotto, di vendite e di sponsor, che rende il prodotto Juventus nel suo complesso più moderno di quello Milan o Inter. Ma la differenza coi top club che si possono permettere i top player e ottengono i top risultati è sempre molto alta. E un miracolo sportivo-economico come quello dell’Inter del triplete 2010 oggi rischia di sembrare già qualcosa di anacronistico.
Paolo Tomaselli