Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 24 Mercoledì calendario

IL RUOLO DEL CAPO DELLO STATO E IL SEMESTRE BIANCO

Perché non si abolisce il semestre bianco? Basterebbe introdurre nella Costituzione la non rieleggibilità del Presidente della Repubblica. Si eviterebbe il rischio di una situazione, come è avvenuto proprio in queste settimane, di ingorgo costituzionale. Nessun gruppo parlamentare avrebbe degli interessi per opporsi a questa modifica. Ma naturalmente anche le modifiche più semplici finiscono nei pacchetti generali di revisione e così, tutti contenti, non se ne fa mai niente.
Claudio Bianchi
Milano
Caro Bianchi, qualche settimana fa Giorgio Napolitano, quando ancora sperava di non raddoppiare il mandato, disse all’Accademia dei Lincei che un solo settennato «corrisponde pienamente alla concezione che i costituenti ebbero della figura del Presidente». Potremmo quindi, come lei suggerisce, scrivere nella Costituzione che il settennato non è rinnovabile e sopprimere di conseguenza il secondo paragrafo dell’art. 88, dove è stabilito che il capo dello Stato non può sciogliere le Camere negli ultimi sei mesi del mandato. Secondo la sua tesi, la soppressione del semestre ci avrebbe permesso di evitare, tornando subito alle urne, l’ingorgo delle scorse settimane.
Ma siamo davvero certi che nuove elezioni a così breve distanza di tempo e con la stessa legge elettorale, avrebbero giovato al Paese? Molti hanno creduto che il maggiore difetto della legge Calderoli fosse nella natura delle liste, confezionate nelle segreterie dei partiti senza che agli elettori fosse permessa la benché minima scelta. Ma il maggiore inconveniente di questa legge è lo spropositato premio di maggioranza in una situazione in cui tre partiti hanno più o meno la stessa consistenza e il primo quindi può conquistare un grosso «bonus» anche superando di sola una incollatura il suo avversario più vicino. Aggiunga a questa anomalia il fatto che il premio, al Senato, viene concesso con criteri diversi e otterrà il risultato di una pseudo-maggioranza che non può governare il Paese. Sarebbe stato opportuno correre nuovamente questo rischio?
Vi è poi, caro Bianchi, un’altra considerazione non meno importante. Le vicende italiane di questi ultimi anni hanno confermato l’imprecisione con cui i costituenti hanno definito i poteri del presidente. Può darsi che questa imprecisione divenga in alcuni momenti una risorsa e consenta al Quirinale di sbrogliare una matassa particolarmente intricata. Ma sarebbe necessario decidere con maggiore chiarezza quali siano i compiti del presidente del Consiglio e quelli del presidente della Repubblica. Se vogliamo che il Paese sia governato dal primo dovremmo consentigli di nominare i ministri e sciogliere le Camere; se vogliamo che la scelta del presidente del Consiglio, la nomina dei ministri e lo scioglimento delle Camere dipendano dal secondo, dovremmo farlo eleggere da tutti gli italiani. La scelta, tra l’altro, avrebbe il vantaggio di eliminare un’ambiguità che incide sulla credibilità del Paese. Negli ultimi due settennati l’Italia ha avuto la fortuna di avere al Quirinale personalità internazionalmente stimate. Ma gli interlocutori stranieri di Ciampi e Napolitano, benché molto favorevolmente colpiti dalla loro statura morale e intellettuale, sapevano che non erano in condizione di affrontare concretamente i problemi politici ed economici del momento. E l’incontro non poteva mai andare al di là di una reciproca e frustrante manifestazione di stima e simpatia.
Sergio Romano