VARIE 23/4/2013, 23 aprile 2013
Consultazioni lampo al Quirinale per arrivare il prima possibile a dare l’incarico per il nuovo governo
Consultazioni lampo al Quirinale per arrivare il prima possibile a dare l’incarico per il nuovo governo. Oltre ai nomi già circolati di Giuliano Amato (in pole position) ed Enrico Letta, spunta anche quello del sindaco di Firenze Matteo Renzi. GOVERNO DI RESPONSABILITA’ - Enrico Letta, che ha guidato la delegazione Pd alla consultazione con Giorgio Napolitano, ha confermato quanto era stato deliberato dalla direzione del Partito Democratico: «il pieno sostegno a un governo di responsabilità nazionale che faccia proprie tre priorità: la prima, che riguarda l’economia, con l’abolizione dell’Imu sulla prima casa, un programma di sostegno alle piccole e medie imprese, la modifica del patto di stabilità, detrazioni fiscali per imprese che assumono giovani. Seconda, riforma della legge elettorale. Terza, taglio dei costi della politica, del numero dei parlamentari, della spesa pubblica improduttiva (fusione dei piccoli comuni, taglio delle province)». Il Pd ha così assicurato pieno sostegno a Napolitano «secondo le linee illustrate nel discorso di insediamento al Parlamento, e mettendo a disposizione la propria forza politica e le personalità utili a questo fine». LARGHE INTESE - «Aspettiamo che il presidente decida a chi affidare l’incarico e daremo il sostegno al candidato che sarà in campo». Silvio Berlusconi, dopo l’incontro con il presidente Napolitano, conferma l’appoggio al governo di larghe intese. «Abbiamo confermato la nostra posizione», ossia «la necessità che ha il paese di un governo forte che possa prendere provvedimenti importanti e che non sia un governo di passaggio, ma duraturo e fondato su un accordo tra le forze democratiche in campo», ha detto il leader del Pdl, al Quirinale. IL CASO RENZI - Nessun endorsement è arrivato dalla Direzione nazionale del Pd. E questo fa precipitare le quotazioni di Matteo Renzi al governo il cui nome era girato per tutta la giornata, dopo che lunedì Matteo Orfini aveva candidato il sindaco di Firenze a premier. Gli avevano fatto eco, tra gli altri, Roberto Speranza («Non c’è alcun veto») e il deputato Pd Matteo Richetti («Siamo in un momento in cui a chiunque fosse chiesta una responsabilità non ci si può sottrarre»). E anche Umberto Ranieri ha sostenuto il sindaco come possibile capo del governo. Nella mattinata, era arrivato un segnale di sostegno anche dal fronte del Pdl: Sandro Bondi aveva detto che un incarico a Renzi «sarebbe un vero segno di cambiamento». Più tardi, però, l’esponente del Pdl ha precisato di avere parlato a titolo personale. Secondo fonti del Corriere.it, però, in queste ultime ore la candidatura di Renzi sembra perdere peso. Secondo le stesse, il sindaco di Firenze avrebbe avuto il merito di ricompattare il Pd ma pare che si possa coagulare un maggiore consenso verso un’ipotesi di incarico a Giuliano Amato o Enrico Letta. Lo stesso Renzi, inoltre, entrando nel pomeriggio alla direzione del Pd, dice sul suo eventuale incarico: «È l’ipotesi più sorprendente e meno probabile, non credo sia sul tappeto». E nel corso della Direzione, la presidente dimissionaria Rosy Bindi sottolinea che Renzi sarebbe più utile al partito che al governo. GLI INCONTRI - Nella mattinata, il primo faccia a faccia con Giorgio Napolitano è stato, come da prassi, con i presidenti di Senato e Camera. Entrambi non si sono fermati a parlare con i giornalisti. Poi sono saliti al Quirinale i rappresentanti delle diverse forze politiche, partendo dai gruppi misti e dalle autonomie, fino al turno di Fratelli d’Italia e Sel. Entrambi, da fronti opposti, contro le larghe intese. Dice Nichi Vendola: no a «qualsiasi esecutivo abbia un blocco berlusconiano al suo interno. Nessuna novità, nemmeno con Matteo Renzi, potrà farci accettare il Pdl al governo». E ancora: «se il Pd facesse un governo con Berlusconi, questa parrebbe una camicia di forza per il povero Renzi». Nel pomeriggio il primo partito a vedere Napolitano è la Lega. Alla fine delle consultazioni, Roberto Maroni fa sapere: «Siamo all’opposizione ma auspichiamo che nasca un governo a guida politica, che solo può dare risposte alle emergenze» del Paese. Ma, chiude, «non siamo interessati a partecipare a questo governo». Dopo il Carroccio, tocca a Scelta civica: «Siamo per un governo stabile, con elementi di novità» che sia in grado di «fare quelle riforme chieste dal capo dello Stato» dichiara il ccordinatore nazionale Andrea Olivero, al termine dell’incontro al Colle. Con il capo dello Stato parlano anche i 5 Stelle (decisione, quella di salire al Colle, presa dopo un assemblea dei parlamentari grillini). «Siamo l’unica opposizione in questo Paese» dice Roberta Lombardi, dopo le consultazioni. E aggiunge che «non saremo contrari per principio ai provvedimenti che il governo varerà: valuteremo caso per caso». La capogruppo alla Camera sottolinea anche che Napolitano ha riconosciuto che non è l’M5S «la vera emergenza del Paese». GLI ALTRI PARTITI - Solo verso sera saranno ricevuti i rappresentanti del Pdl e del Pd. Quest’ultimo dovrà decidere in direzione chi inviare al confronto con il presidente, essendo l’intera segreteria dimissionaria. I democratici dovranno anche decidere se appoggiare la linea di un governo del presidente oppure un esecutivo guidato dai «big». Un’opzione quest’ultima che sembra piacere al Pdl che vorrebbe nomi di peso del partito. In casa democratica, mentre sembra sfumare l’ipotesi Renzi, resterebbe invece aperta quella di un esecutivo guidato da Enrico Letta. I TEMPI - Intanto Giuliano Amato, in pole come prossimo presidente del Consiglio, fa sapere di non aver ricevuto nessuna telefonata da Napolitano. In ogni caso, l’intenzione del capo dello Stato è di accelerare i tempi, considerando che incontri analoghi si sono già svolti pochi giorni fa e che la linea guida su cui dovrebbe nascere il nuovo esecutivo è quella tracciata dal lavoro dei dieci «saggi» che hanno stilato un programma di possibili riforme istituzionali e di interventi rapidi sul fronte dell’economia. Nel corso della giornata c’è anche il tempo per una battuta di Amato. Su un possibile prelievo forzoso sui conti correnti, come avvenne nel ’92, scherza con un giornalista: «Lei quanti soldi ha in banca?». Per poi fare marcia indietro: «Non ci sarà alcun prelievo forzoso». MELONI Se Matteo Renzi diventasse premier - come viene sempre più insistentemente ipotizzato -, una collaborazione quantomeno «anomala» potrebbe essergli garantita anche da Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e già alla guida dei giovani di An e del Pdl. È stata lei stessa, ministro del governo Berlusconi, a spiegarlo ai microfoni di Pierluigi Diaco a «Onorevole Dj», su Rtl102.5. «Se fosse eletto come esponente di una maggioranza di centro-sinistra presumibilmente non parteciperei al suo govrerno, perché io sono una persona di centro-destra - precisa l’esponente ex An - ma questo non vuol dire ciò che abbiamo visto fino ad oggi in politica. Secondo me quello che può fare di diverso una nuova generazione è anche saper dialogare in un altro modo. Non siamo più la generazione ideologica o post ideologica del “ti devo odiare se la pensi in maniera diversa da me perché sei un mostro”, noi possiamo essere quella generazione che, pur rappresentando visioni diverse del mondo, poi cerca comunque un terreno sul quale mettere gli interessi del popolo italiano prima del bisogno di dividersi per lucrare consenso». E ancora: «Non potrei mai andare al governo con lui, ma potrei fare un patto generazionale con lui». «SCELTA CORAGGIOSA» - Nell’intervista, andata in onda in mattinata, Giorgia Meloni sottolinea che «proporre Renzi premier sarebbe una scelta molto coraggiosa per la direzione del Pd, perché sappiamo che Matteo Renzi all’interno del Pd è molto amato ma anche abbastanza osteggiato per il suo coraggio, perché è una persona abituata a dire quello che pensa. Sicuramente sarebbe un bel segnale da parte del centro-sinistra raccogliere quella domanda di rinnovamento, di ricambio, che arriva dagli italiani e che la politica stenta a raccogliere. Soprattutto in relazione a quello che è accaduto in questi giorni con il Presidente della Repubblica, questo dibattito, le cinque votazioni, l’idea di una generazione, di una classe politica, che fa fatica a lasciare il passo e che cerca di auto tutelarsi». «DIMOSTRIAMO DI ESSERE MIGLIORI» - «Io credo che noi siamo in un tempo nel quale la nostra generazione deve dimostrare che è meglio delle precedenti - dice ancora l’ex ministro -. Può essere migliore delle precedenti nella sua capacità di parlare, di dialogare, di trovare un terreno comune di soluzioni ai problemi su cui la gente si aspetta un impegno comune. Noi non abbiamo il problema che hanno avuto le passate generazioni che, se stavi dall’altra parte della barricata, dovevi essere un mostro. Per me Matteo Renzi non è un mostro: è una persona che dice cose interessanti che, in alcuni casi condivido, in altri no. Ma su alcune cose che dice Renzi sono pronta a collaborare». Redazione Online RENZI E ORFINI «Mi candido a cambiare il paese, ma non da segretario di un Pd vecchio stile». Mentre il leader dei «giovani turchi» Matteo Orfini lo propone come premier, lo ha detto nella serata di lunedì 22 Matteo Renzi intervistato a «Otto e mezzo» da Lilli Gruber. «Non credo di essere particolarmente portato per fare il segretario del Pd che abbiamo visto in questi anni e in questi ultimi mesi. - ha chiarito il sindaco di Firenze -. Così certamente no». Opzione opposta se invece «il Pd è una cosa che serve al Paese...». Il partito «ha sicuramente toccato il fondo questa settimana, ma penso che possa ripartire, dare ai suoi elettori quello che da 10 anni promettiamo». Fare il premier? «Ci vuole ambizione, meglio esserlo piuttosto che essere un bamboccione» ha risposto Renzi che peraltro ha detto che Enrico Letta sarebbe «un buon» presidente del Consiglio (video). ORFINI: «RENZI PREMIER» - Ma ad accelerare la candidatura del sindaco di Firenze è stato Matteo Orfini, il leader dei «giovani turchi» favorevole ad una collaborazione Pd-Pdl che veda però presente anche M5s. «Domani (martedì 23, ndr) in direzione proporrò Renzi premier, dobbiamo giocare d’attacco» ha detto il deputato Pd a Piazza Pulita su La 7. «Parlo a titolo personale perchè sono dimissionario dalla segreteria - ha aggiunto Orfini- la candidatura a palazzo Chigi di Renzi sarebbe sul piano del governo una candidatura in grado di sfidare tutti». «CON IL PDL? E’ UN DATO DI FATTO» -Riguardo alle alleanze, il primo cittadino è stato esplicito: il governo con il Pdl «non è che lo propongo io, è un dato di fatto». Dopo le elezioni «c’erano due alternative: o si andava subito a votare, appurato che non c’era una maggioranza, o si faceva un accordo con Grillo o il Pdl», ha ricordato Renzi. Invece «per due mesi ci siamo fermati e in qualche modo bloccati solo su alcune possibilità, come il governo della non sfiducia, una cosa molto politicista», ha aggiunto. «La politica ha fallito, io vorrei capire se esiste governo che si occuperà su temi come disoccupazione, dei problemi reali. «NAPOLITANO, GESTO STRAORDINARIO» - Sulla decisione presa dal Capo dello Stato di presentarsi per un secondo settennato, Renzi ha parlato di «gesto straordinario. La politica aveva fallito. Le tre minoranze del Parlamento non riuscivano a trovare accordo. Il suo è stato un gesto straordinario che gli è costato molto. Le ha cantate chiare ai partiti anche se ho visto che lo applaudivano». Alessandro Fulloni LA DIREZIONE DEL PD Pier Luigi Bersani ha confermato le dimissioni aprendo la direzione del Pd. Dimissioni annunciate dopo la bocciatura delle candidature di Marini e Prodi per il Colle da parte di 101 franchi tiratori. «Molti dei nostri grandi elettori sono venuti meno a decisioni formali e collettive in un momento cruciale. Siamo stati su orlo di crisi gravissima e senza precedenti». DIMISSIONI - Qualcuno pensa che «se ci sono degli irresponsabili, la responsabilità è del responsabile, cioè io. E voi capite bene che con tutta la buona volontà, non posso accettare una cosa del genere», ha detto il leader uscente. «Ma quelle giustificazioni - ha aggiunto Bersani - le trovo pericolose, perché rimuovono il problema di fondo che se non viene preso di petto, si riproporrà ancora e ancora fino a esiti letali». Poi: «È per questo problema che io, senza esitazioni, confermo qui le mie dimissioni». «Per quel che posso - ha poi assicurato - darò una mano per alleviare le difficoltà». Alle consultazioni con il Capo dello Stato, intanto, andranno Enrico Letta e i capogruppo del partito alle camere. «UNA STORIA DI SUCCESSO» - Il leader dimissionario ha poi criticato la deriva personalistica del partito, nel quale ha però invitato a credere: «Siamo una storia di successo e nessuno ci toglierà questa cosa», ha detto. «Possiamo dire di aver vinto o perso le elezioni. Ma tocca a noi nelle prossime settimane e mesi dire per primi che cosa si fa». Anche se «noi a questa prima prova non abbiamo retto. E rischiamo di non reggere ancora di fronte al Paese». Ha poi paragonato il tradimento dei franchi tiratori «a un attacco di missili a testata multipla», rispondendo così a un titolo del quotidiano Le Monde, che titolava: «Colpito Prodi per affossare Bersani». Quel che è successo – dice - non è un episodio: «C’è qualcosa di strutturale, e qui c’è il vero dramma». «Le mie dimissioni – ha detto convinto - sono utili al partito per guardare in faccia il problema senza occultarlo illusoriamente. Se non rimuoviamo il problema rischiamo di non reggere nelle prossime settimane». PRINCIPIO D’ORDINE - Bersani ha poi indicato l’atteggiamento che il Pd dovrà tenere rispetto alla creazione del governo: «Ci vuole una ragionata disponibilità a ricercare tutti insieme una soluzione». «Dobbiamo trovare un principio d’ordine, altrimenti non possiamo essere utili a questo paese», ha detto. Prima di congedarsi, Bersani è sembrato rafforzare il ruolo del vicesegretario Enrico Letta: «So di non lasciare il partito in abbandono, abbiamo una direzione operativa che guiderà il percorso politico. Il vicesegretario così come il tesoriere (Antonio Misiani, ndr) sono nella pienezza dei loro poteri», ha detto. La direzione del Pd ha applaudito a lungo il discorso d’addio. E ha poi proposto al voto un documento di «esplicito e pieno sostegno al tentativo del presidente Napolitano di dar vita ad un governo», «secondo le linee del discorso di insediamento pronunciato» alle Camere. ORFINI: INNOVAZIONE - Intervenendo in direzione, Matteo Orfini, il leader dei «giovani turchi», ha chiesto al Pd di «specificare» meglio la proposta da presentare al presidente Napolitano durante le consultazioni. Ma, pur chiedendo innovazione, non ha fatto esplicitamente la proposta di indicare Matteo Renzi come premier, come invece aveva fatto lunedì sera in tv. Il nome di Renzi, come candidato premier, lo ha fatto invece Umberto Ranieri: «Sarebbe una scelta coraggiosa, risponderebbe alla domanda diffusa nel Paese di un profondo cambiamento», ha spiegato il dirigente del Pd. FRANCESCHINI: IL BIVIO -Dario Franceschini ha parlato delle scelte che il partito ha di fronte: «Siamo al bivio e in fondo al bivio c’è una scelta riformista di governo e una scelta movimentista». Purtroppo la scelta in questo bivio «ci capita non sulla politica estera o sulle politiche del lavoro, ma sul governo con il Pdl. E noi quella scelta la dobbiamo fare», ha detto. «Facciamoci anche carico dell’impopolarità di una scelta che poi spiegheremo. Oppure andiamo dritti a elezioni e con questa legge elettorale rischiamo di trovarci di fronte a un altro bivio in una posizione di minoranza». «Dobbiamo dire sì al presidente della Repubblica e non ni», ha aggiunto. E nel governo il Pd «deve metterci la faccia», mettendo a disposizione proprie personalità, evitando un governo tecnico, ha detto Anna Finocchiaro, secondo la quale occorre «partire dal risultato elettorale che ha dato tre forze di uguale peso». SOSTEGNO PIENO A NAPOLITANO - La direzione del partito si è conclusa con il via libera della direzione del Pd al documento sul «sostegno pieno» al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel suo tentativo di formare un Governo e sulla disponibilità a partecipare all’Esecutivo. Il dispositivo ha ricevuto sette voti contrari e 14 astensioni. Sulla base dell’approvazione del documento il vicesegretario, Enrico Letta, e i capigruppo al Senato, Luigi Zanda, e alla Camera, Roberto Speranza, hanno ottenuto il mandato per salire al Quirinale per partecipare alle consultazioni. Antonella De Gregorio BORSA BOOM La prospettiva di un imminente incarico di governo sostiene i mercati finanziari italiani, con Piazza Affari euforica in chiusura (+2,93%) e già galvanizzata dalla serie positiva che ha scandito la giornata: il buon esito dell’ asta dei Bonos spagnoli, le aspettative di intervento sui tassi da parte della Bce, il rialzo di Wall Street. Anche le Borse continentali hanno chiuso in grande spolvero: Parigi +3,58%), Madrid +3,26%, Lisbona +2,99%, Amsterdam +2,67%, Zurigo +2,54%, Francoforte +2,41%, Londra +2%, Bruxelles +2,06 per cento. SPREAD - Lo spread ha segnato a quota 265 punti i minimi di giornata, portandosi sui livelli di inizio gennaio, mentre il rendimento calcolato sui Btp a 10 anni cala al 3,94%. In chiusura il divario Btp-Bund è sceso sotto i 270 punti base (268), segnando il livello piu basso dal 25 febbraio scorso, ossia il secondo giorno delle consultazioni elettorali. Al netto di un minimo a quota 263 toccato all’inizio di gennaio, bisogna tornare indietro quasi due anni per ritrovare un differenziale Btp/Bund sotto i 300, meno della cosiddetta «quota Monti» indicata a 287 punti. Ridimensionato anche lo spread tra Bonos spagnoli a 10 anni e i Bund tedeschi sceso a un minimo di 299 punti per un tasso del 4,25%. BANCHE - Le banche che puntualmente beneficiano del calo dello spread sono quasi tutte in tensione in Piazza Affari dove l’indice Ftse Mib ha chiuso in rialzo di quasi il 3%. Strappa Popolare di Sondrio (+8%). Mediobanca, Unicredit e Popolare dell’Emilia sono nel gruppo di testa con un rialzo di circa 5%, bene anche Intesa Sanpaolo (+3%) all’indomani dell’assemblea che ha eletto il nuovo Consiglio di sorveglianza e confermato Giovanni Bazoli alla presidenza. A spingere l’indice ci sono però anche titoli di altri comparti, tra cui Stm (+8%), Telecom (+6%) Fiat (+5%) GRILLO Grillo pubblica i dati delle Qurinarie, le consultazioni online del Movimento Cinque Stelle per scegliere il candidato alla presidenza della Repubblica. E lo fa tre giorni dopo la nomina del capo dello Stato. SEI TURNI - Secondo quanto si legge sul blog, i voti espressi sono stati : - Gabanelli Milena Jole: 5.796 - Strada Luigi detto Gino: 4.938 - Rodotà Stefano: 4.677 - Zagrebelsky Gustavo: 4.335 - Imposimato Ferdinando: 2.476 - Bonino Emma: 2.200 - Caselli Gian Carlo: 1.761 - Prodi Romano: 1.394 - Fo Dario: 941. Dopo la rinuncia di Milena Gabanelli e Gino Strada, Stefano Rodotà ha accettato di candidarsi ed è stato il candidato votato dal MoVimento 5 Stelle in aula. Nei sei turni di votazione Rodotà è stato votato rispettivamente 240, 230, 250, 213, 210, 217 volte. LA CERTIFICAZIONE - Di 48.292 che avevano diritto a votare, hanno espresso la loro preferenza in 28.518. Per partecipare era necessario essere iscritti al Movimento ed era obbligatoria la registrazione sul blog di Beppe Grillo. Il processo dei due turni di voto è stato verificato dalla società di certificazione internazionale DNV Business Assurance e durante le votazioni Grillo ha denunciato di aver subito un attacco hacker. Polemiche erano nate all’indomani dell’elezione di Giorgio Napolitano al Quirinale, in quanto il M5S sosteneva che il nome di Rodotà fosse quello espresso dalla maggioranza dei cittadini. Un’affermazione cui però fino ad oggi non aveva fatto seguito la pubblicazione delle preferenze ottenute. Il tutto mentre nel M5S si continua a discutere sull’opportunità o meno di introdurre una piattaforma di democrazia liquida per proporre leggi e iniziative. Un sistema che non dovrebbe però essere esteso alla selezione dei candidati, che continueranno a essere votati sul blog di Beppe Grillo, con il metodo di Plurality Voting. Marta Serafini GRILLO PREVEDE LA BANCAROTTA IN AUTUNNO «Italien ist im Herbst bankrott», «L’Italia in autunno va in bancarotta». Beppe Grillo parla col tabloid tedesco Bild, che così titola l’intervista. «Berlusconi è finito. Le Pmi vanno in bancarotta. Fra settembre e ottobre allo Stato finiranno i soldi, e sarà difficile pagare pensioni e stipendi», è la teoria del leader del M5S. «SIAMO PRIMO PARTITO»- «Noi non sabotiamo nulla. I partiti sabotano se stessi», risponde il leader del M5S al tabloid di Axel Springer. «Non si può nutrire più alcuna speranza in loro . Da loro non arriva più nulla». È arrivato il momento, aggiunge, in cui si assiste «alla nascita di nuovi movimenti come il mio, che vengono dal basso». Poi Grillo torna all’attacco dei partiti: «In Italia siedono in Parlamento ancora 30 parlamentari condannati, con sentenze passate in giudicato, per reati gravi. A me piacerebbe avere anche persone oneste, competenti, professionali, nelle posizioni giuste. In questo senso sarei contento di un’invasione tedesca in Italia». Dalla Germania si passa all’Italia All’indomani della sconfitta in Friuli, Grillo sceglie di non fare autocritica e scrive su Twitter: «Il M5S è il primo assoluto», citando un sondaggio nazionale di Emg diffuso dal Tg de La7 che dà il M5S al 29,1% in crescita del 5,2%. IL DATO SUL FRIULI - Sul blog, a proposito del risultato in Friuli, si legge a firma di Cecilia C.: «Confrontare i dati elettorali delle regionali e delle politiche, e partire da qui per tentare di dimostrare un calo di consensi in atto verso il Movimento, equivale a produrre un evidente falso». Lo afferma il blog di Beppe Grillo affidando al post di «Cecilia C.» il compito di chiarire che «alle elezioni regionali di febbraio i 5 Stelle presero in Lombardia il 13%, in Molise il 16% e in Lazio 20%. In quella stessa data, però, e in quelle stesse regioni, il Movimento prese in Lombardia il 19%, in Molise e nel Lazio il 27%». LA REPLICA DI MONTI - C’è «una varietà di sussurri, cinguettii, provocazioni, deprecazioni, invettive che non hanno particolare valore per il fatto che vengano espressi da un particolare soggetto». Così il premier uscente Mario Monti, senza citare Beppe Grillo, ha commentato l’intervista rilasciata alla Bild dal fondatore del M5S. «Dover prendere posizione» su queste cose, ha spiegato il premier, è una «grandissima debolezza del sistema politico italiano e prova di una coda di paglia». M.Ser. e Redazione Online AMATO E PROFUMO CONTESTATI PISA - Un centinaio di giovani appartenenti ai collettivi autonomi universitari stanno contestando all’esterno della Scuola Superiore Sant’Anna le politiche sul l’istruzione condotte dal ministro Francesco Profumo che sta partecipando, con Giuliano Amato, ad un convegno sul merito all’interno dell’istituto. I contestatori scandiscono slogan contro il Governo e chiedono a gran voce di essere ricevuti dal «futuro premier Giuliano Amato». I giovani dei collettivi autonomi universitari hanno cercato di entrare nella struttura in cui si svolge il convegno con Amato e Profumo, tentando di forzare una porta laterale che in linea d’aria è vicina alla sala in cui si svolge il convegno, ma che affaccia su un magazzino. Poco prima c’erano state alcune cariche di alleggerimento delle forze dell’ordine che presidiano la zona e qualche tafferuglio. Alcuni studenti ed alcuni appartenenti alle forze dell’ordine sono rimasti contusi nei tafferugli di oggi a Pisa durante la contestazione davanti alla sede nel quale si svolgeva il convegno con la partecipazione del ministro Francesco Profumo e di Giuliano Amato. In particolare un paio di studenti sarebbero stati colpiti da manganellate, uno è rimasto ferito in maniera lieve. Non sono stati lanciati oggetti contro le forze dell’ordine che presidiavano la zona, ma anche alcuni degli uomini in uniforme sono rimasti contusi. «Sono per il dialogo e ho combattuto per il diritto allo studio e per gli studenti e così continuerò a fare nel futuro. Sto preparando proposte di legge per gli studenti, dal voto per gli studenti all’estero al diritto allo studio e il suo rifinanziamento. Spero che ci sia modo di parlare con gli studenti che oggi hanno protestato», scrive sulla sua pagina Facebook la deputata pisana del Pd Maria Chiara Carrozza, che fino a due mesi fa era rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.