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 2013  aprile 23 Martedì calendario

IL ROVELLO DEL DOTTOR SOTTILE

«Non so se sarà possibile mettere insieme un governo. E poi, se ci si riuscisse, quanto durerebbe? I partiti hanno perso la capacità di direzione dei propri parlamentari. Basta un tweet per far cambiare linea politica...». Giuliano Amato è preoccupato. Chi ha parlato nelle ultime ore con il Dottor Sottile, racconta di non averlo trovato smanioso di tornare a palazzo Chigi. Anzi.

NESSUNA DISERZIONE
Ciò detto se Giorgio Napolitano, come appare probabile, gli chiederà di tentare. Amato non si tirerà indietro. Perché con il Presidente ha un antico rapporto di amicizia. E perché, «dopo il sacrificio di Napolitano, che ha accettato controvoglia il secondo mandato, nessuno si può sottrarre. Sarebbe come disertare in guerra. E Giuliano ne è consapevole...», dice un suo vecchio amico.

LA TENUTA DEL PD
Ma sono molti i motivi che allarmano Amato. La prima è lo smembramento del Pd. Il probabile premier teme che i democrat finirebbero per considerare il governo come un governo amico. «E in queste condizioni non si andrebbe lontano». Dell’avvitamento del Partito democratico, ieri Amato ha parlato a Livorno, durante un convegno organizzato dall’associazione IdeaLi. «Il problema per il Pd è uscire dalla lacerazione, posso solo augurarmi che ci riesca. Lo dico per me e per il mio Paese, che ha bisogno di una forza politica in quell’area che riesca ad amalgamare posizioni diverse». Poi, con un pensiero alla storia e alla sua storia: «Rimango legato all’idea che il grande errore, il più recente, fu fatto quando dopo il crollo del Muro non si riuscì a riunificare i due “fratelli” separati dal 1921».

UN SALTO NEL BUIO
Ma non è solo il harakiri del Pd a preoccupare il Dottor Sottile. A preoccuparlo è il collasso dell’intero quadro politico: «Non so se ci sono le condizioni per formare un governo di larghe intese», ha detto sempre a Livorno, «la rielezione di un eccellente presidente della Repubblica arriva dopo una bandiera bianca. Un’extrema ratio, tanto estrema che non era mai accaduto e che dobbiamo al suo spirito di sacrificio. Conoscendo Napolitano, si è trattato di sacrificio pesante. Ma se lui non avesse accettato, le forze politiche non sarebbero state in grado di eleggere un capo dello Stato. Punto grave che segnala pulsioni diverse nei nostri partiti, che non sono più in grado di trasformare in indirizzi e scelte condivise».
Insomma, per Amato tentare la formazione di un governo in queste condizioni è compiere un salto nel buio. Anche perché la “democrazia in diretta del web” sta provocando forti distorsioni: «La legittimazione democratica esiste nel profondo. Ora invece qualunque fomentatore di dissenso ci può lavorare sopra: 50 mila persone che usano la Rete sono il popolo, gli altri 59 milioni sono silenziosi. Questo altera le situazioni».

LA GOGNA INGIUSTA
Il secondo motivo d’allarme, è più personale. Amato negli ultimi tempi è rimasto molto colpito dall’essere stato tirato in ballo come l’emblema della Casta. E sa che se dovesse andare a palazzo Chigi, gli attacchi riprenderebbero con ancora maggiore virulenza. Attacchi che ritiene ingiusti. Sentite cosa ha detto a Napoli appena sette giorni fa: «Non è vero che cumulo la pensione col vitalizio. Il mio vitalizio lo verso interamente in attività di beneficenza. Ed è ingiusto descrivermi come un perfido cumulatore di prebende pubbliche». E tornando a criticare la “democrazia” internettiata: «Questo è l’esempio di come non sempre la Rete sia democrazia, visto che ho provato a spiegare la mia posizione in vari blog in cui se ne parlava, ma mi è stato negato l’accesso e il relativo diritto alla rettifica».

MEGLIO QUALCOS’ALTRO
Per tutte queste ragioni, Amato preferirebbe continuare a fare ciò che fa. Il presidente della Treccani e della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, il libero pensatore. «Per ragioni svariate», ha ripetuto ieri a Livorno, «il mio nome viene fuori molti più volte di quanto venga fuori io. Quindi non credo al mio nome quando viene fuori, credo più a me stesso. E comunque questa storia di un mio incarico per formare il governo è un tema su cui non so nulla e su cui non dico nulla».
Piuttosto che il premier e il parafulmine, il Dottor Sottile preferirebbe fare il ministro degli Esteri. In passato è stato vicepresidente della Convenzione europea e ha presieduto la Commissione internazionale sui Balcani. E nei due passaggi a palazzo Chigi (nel 1992 e nel 2000) ha sempre coltivato una «sfrenata passione» per le relazioni internazionali. «Viaggiando per il mondo si respira meglio», disse qualche tempo fa.