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 2013  aprile 23 Martedì calendario

«METTETEVI NEI MIEI PANNI». IL MUSEO INTERATTIVO DI BUSH —

La lettera che George W. Bush mi scrive — a me come a milioni di americani — per chiedermi di contribuire con un versamento «di almeno 25 dollari» all’istituto e alla biblioteca che portano il suo nome, è un elegante cartoncino. Da un lato la foto dell’ex presidente in camicia jeans da cow boy, abbracciato alla moglie Laura. Dall’altro il garbato messaggio: ringraziamenti anticipati e la promessa che l’istituto che verrà inaugurato giovedì in Texas, a pochi chilometri da Dallas, nel campus della Southern Methodist University, non sarà una struttura autocelebrativa, ma un vero centro di ricerche storico-politiche che sperimenta tecniche d’indagine innovative.
La novità principale rispetto alle library che celebrano gli altri presidenti — da quella di John Kennedy a Boston a quella californiana dedicata a Ronald Reagan — è l’approccio interattivo che consentirà ai visitatori di esprimere un giudizio sulle scelte più controverse fatte da un presidente non certo popolare, nemmeno tra i repubblicani.
Proprio i molti, disastrosi passi falsi — come la denuncia di arsenali di armi di distruzione di massa in Iraq che, invece, non esistevano, l’infelice annuncio («mission accomplished») in un conflitto che, in realtà, era appena iniziato, la pessima gestione delle operazioni di soccorso dopo l’uragano Katrina — avevano fatto ritenere a molti che il secondo presidente Bush non avrebbe costruito tanto presto il suo «santuario della memoria». Tanto più che, con un indice di gradimento bassissimo a fine mandato (appena il 34 per cento) George Bush si era praticamente reso invisibile dopo aver lasciato la Casa Bianca, nel gennaio 2009: mai un discorso politico, nessun commento su Obama, addirittura la rinuncia a salire sul palco della convention repubblicana di Tampa.
Ma sono bastati i primi quattro anni di presidenza Obama — anni di difficoltà, mosse a volte contraddittorie e scelte che in qualche caso (salvataggi bancari, Guantánamo, la guerra dei droni targati Cia) sono sembrate non troppo lontane da quelle di Bush — per far rimbalzare l’immagine dell’ex presidente. Il cui indice di gradimento è risalito in tempi recenti attorno al 43 per cento. Sempre meno del 66 per cento di Bill Clinton e del 59 per cento di Bush padre, ma pur sempre un buon recupero.
E siccome il 43esimo presidente americano è riuscito a raccogliere ben mezzo miliardo di dollari per le sue iniziative filantropiche (soprattutto quelle per l’Africa) tra i ricchi donatori repubblicani, ecco che il «museo Bush» ha potuto essere costruito a tempo di record. Un edifico minimalista con sobri aree espositive interne: niente a che vedere con le grandi vetrate affacciate sull’oceano della Kennedy Library o con l’Air Force One esposto nella biblioteca Reagan.
Il museo di Dallas contiene molti oggetti simbolici, dal megafono usato da Bush per parlare ai pompieri sulle rovine fumanti di Ground zero all’indomani dell’attentato dell’11 settembre 2001, alle travi delle Torri gemelle fuse nel gigantesco rogo. C’è anche la ricostruzione dello Studio Ovale della Casa Bianca e nelle sale verranno proiettati 25 documentari sui momenti-chiave degli otto anni di questa presidenza, a cominciare dal video introduttivo di sei minuti, narratore Condoleezza Rice.
Ma la vera novità è il Decision Points Theatre nel quale 24 visitatori alla volta ascolteranno dalla viva voce dei consiglieri della Casa Bianca del tempo un quadro della situazione in merito alle scelte possibili su quattro degli eventi sui quali le decisioni di Bush sono state più criticate: l’invasione dell’Iraq, il «build up» con l’invio di truppe aggiuntive nel 2007, l’uragano Katrina e le misure per fronteggiare la crisi finanziaria del 2008. I visitatori diranno cosa avrebbero fatto al posto di Bush scegliendo fra tre opzioni. Poi sullo schermo comparirà uno dei suoi collaboratori che leggerà il risultato della sessione. Infine lo stesso ex presidente ringrazierà tutti.
L’esercizio di umiltà di un leader che si sottopone al giudizio dei cittadini? «È un posto per esporre i fatti, non credo di aver bisogno di difendermi: ho fatto quello che ho fatto e sarà la storia a giudicarmi» ha spiegato lo stesso Bush al quotidiano UsaToday, illustrando l’iniziativa.
«Certo, se cercate il mission accomplished di Bush dopo l’occupazione di Bagdad, lì non lo troverete» commenta lo storico conservatore Douglas Brinkley, visitatore in anteprima dell’esposizione che verrà inaugurata dopodomani da Barack Obama e dagli altri presidenti americani viventi. «Certo, in queste esposizioni un po’ di agiografia c’è. Del resto nella library di Clinton non si parla di Monica Lewinsky. Ma è giusto che vengano ricordate anche le cose positive di Bush, come la sua battaglia contro l’Aids nei Paesi poveri. E comunque il valore storico dell’esposizione è indiscutibile».
Esposizione nella quale si nota qualche strana assenza: il vicepresidente Dick Cheney e lo stratega delle vittorie elettorali, Karl Rove, non entrano mai nella storia: a loro tocca solo qualche accenno.
Massimo Gaggi