Gabriele Romagnoli, la Repubblica 23/4/2013, 23 aprile 2013
SUAREZ, MORSI E RIMORSI L’ERETICA ADRENALINA DEL VAMPIRO DEL GOL
Chissà che a furia di mordere questo Luis Suarez non morda anche la polvere, prima o poi. Nei suoi confronti ho un conto aperto dall’estate del 2010. Ero in un bar di Cape Town a guardare il quarto di finale ai mondiali Ghana-Uruguay, io e un intero continente a tifare per l’ultima squadra africana rimasta in gioco.
Un sospiro alla fine, una palla che sta entrando
in porta e Luis Suarez che, per evitare il
gol sacrosanto, ci mette la mano. Poi Asamoah sbaglia il rigore e quello balla fuori dal campo da cui è stato espulso. La sua squadra passa ai supplementari e lui si vanta: «L’ho salvata io». Fu la seconda “mano di Dio” dopo quella di Maradona, e per fortuna anche Lui ne ha due soltanto.
Passarono quattro mesi e di Suarez sentii parlare nuovamente perché, durante una partita del campionato olandese, aveva morso un avversario, Bakkal del Psv. Si era successivamente scusato con queste parole: «So di aver sbagliato. In certi momenti il cuore batte all’impazzata e uno non sa più quel che fa. Ma io non sono così. Da qui in poi righerò dritto». Dritto (più o meno) fino al secondo morso: domenica scorsa durante una partita del campionato inglese, a Ivanovic del Chelsea. Seguito dalla solite parole: «Chiedo scusa a lui e al mondo del calcio. Mi dispiace tanto!». Dev’essergli di nuovo partita la tachicardia. A quel punto, lui non sa che cosa fa, ma noi sì: azzanna.
Chi c’è, c’è.
Il caso (clinico) Suarez, ci induce a esaminare l’uomo, il gesto e le conseguenze.
Il personaggio è quel che è, con le sue attenuanti così generiche da risultare vaghe. È nato da una famiglia numerosa, sette fratelli e un solo genitore, giacché il padre se n’era andato. Cresciuto nelle strade di Montevideo, lì imparò a giocare a pallone, mettendosi subito in evidenza. Convocato al provino per le giovanili di una squadra di prima categoria non si presentò perché non poteva permettersi l’acquisto degli scarpini. S’innamorò ancora ragazzino dell’attuale moglie. Sentì battergli il cuore in sua presenza e lei non seppe mettersi al riparo per tempo. Se tutti quelli nati poveri mordessero, il capitalismo davvero sarebbe a pezzi.
Il gesto in sé è semplicemente inaccettabile. Perfino Maradona si attiene alla regola: è il cane a mordere l’uomo. Il suo gli ha provocato dieci punti di sutura al volto. Per trovare un precedente uomo-morde-uomo bisogna scomodare Mike Tyson, ma la differenza è evidente. Tyson praticava uno sport violento, il cui scopo è l’abbattimento dell’avversario, mozzicargli l’orecchio è una irregolarità, una stramberia, ma sinceramente non è che nel resto del tempo facessero un duetto d’arpa. Suarez gioca a calcio: si tratta di fare cose strane con i piedi, non con i denti e il contatto fisico è pressoché escluso. La sua eresia è totale. Il suo batticuore ingiustificato: colpisce a sangue freddo, gioco fermo, arbitro lontano. Non è uscito da una lunga e discussa detenzione, non ha una selvaggia biografia declinata all’autodistruzione. È un centravanti, per giunta bravo, che dovrebbe puntare la porta e non l’aorta.
E qui si arriva al nocciolo della questione. Che ne sarà di Suarez? Un vampiro del gol (capocannoniere in Premier League con 23 reti) può permettersi di essere anche un vampiro in senso stretto? La convenienza cede il passo all’etica? Se il morso l’avesse dato il suo compagno Oussama Assaidi che segna e vale meno di un decimo, il discorso, con il Liverpool e la Nazionale, sarebbe chiuso. Ma con Suarez? I dirigenti della sua squadra sono allibiti, ma il morso era già nel suo curriculum quando l’hanno acquistato. Come lo era la manata contro il Ghana, vaticinio degli insulti razzisti a Evra. Tra un mozzico e l’altro Suarez è anche riuscito a offendere i tifosi del Fulham e l’allenatore dell’Everton, a teorizzare (manco
fosse Pinilla) l’opportunità del tuffo in area e a colpire con un pugno il suo marcatore durante l’ultimo Uruguay-Cile valido per la qualificazione ai Mondiali. Ogni volta poi si scusa: l’adrenalina, io non sono così, non lo farò più fino alla prossima occasione. Club e federazione minacciano di stracciare il suo contratto, ma poi dimenticano. Se il Liverpool lo cacciasse a fine stagione butterebbe via cinquanta milioni di euro. Per incassarli vendendolo, conviene minimizzare l’incidente. Per comprarlo a un prezzo scontato qualcuno cercherà di strumentalizzarlo. Né all’uno né all’altro importerà veramente che Suarez morda, ma soltanto che segni. Per un’azione simile i suoi compagni di gioco nei vicoli di Montevideo sarebbero stati arrestati. Lui è una star, loro: morsi di fame.