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 2013  aprile 22 Lunedì calendario

NON COMPRARE QUELLO CHE NON SAI SPIEGARE

Non è un bel momento per essere un nerd della finanza o malato di febbre dell’oro.

Nel giro di due settimane, gli investitori che si erano riempiti le tasche di «bitcoin», una moneta «virtuale» che esiste solo su Internet, e oro, un bene che ha valore solo come rifugio dalle tempeste economiche, hanno avuto un incontro ravvicinato con la legge di gravità.

Il crollo improvviso nel valore di «bitcoins» (traduzione libera: «pezzettini di moneta») e lingotti è una metafora della fragile situazione della finanza moderna.

I mercati odierni sono alla disperata ricerca di guadagni. Visti i bassissimi tassi d’ interesse offerti da investimenti tradizionali quali obbligazioni governative e conti in banca, i fondi, gli speculatori ed i risparmiatori si stanno avventurando in zone poco esplorate e rischiose.

Il motto del capitalismo attuale è , con buona pace del poeta: «Abbracciate ogni speranza o voi che entrate». Altrimenti come si può spiegare la passione inconsulta per una moneta che esiste solamente sui computer dei suoi fautori? O per un metallo il cui valore è praticamente impossibile da determinare?

Olivier Blanchard, l’economista-capo del Fondo Monetario Internazionale, lo ha detto chiaro e tondo questa settimana: «Solo un pazzo tenta di predire o spiegare il prezzo dell’oro».

Lo scoppio di una bolla finanziaria è cosa rara ma lo scoppio di due bolle finanziarie in meno di dieci giorni è un fenomeno quasi unico. L’oro – il «nonno» dei beni speculativi – è crollato per primo. Dopo 12 anni di crescita quasi ininterrotta, il prezzo del metallo giallo è precipitato del 4% venerdì scorso.

Il repentino calo ha seminato un po’ di panico tra gli investitori che sono stati costretti a vendere azioni e altri beni per compensare le perdite sull’oro. Da quel giorno, il metallo è entrato nel «bear market», «il mercato dell’orso» – definito come un calo del 20% dall’ultimo record.

Un po’ di giorni dopo, «bitcoin», il nipotino super-cool dell’ oro e altri beni alternativi, è andato in malora.

Per chi non lo conosce, bitcoin è un mistero. Si tratta, in sostanza, di una moneta inventata che i nerds possono «comprare» risolvendo degli algoritmi complicatissimi su Internet. Una volta ottenuti, però, i bitcoins hanno valore e possono essere utilizzati per acquistare beni.

Negli Usa – il Paese del parossismo e dell’entusiasmo irrazionale – i pezzettini di monete comprano di tutto: dalle torte alle Jeep alla pornografia.

Anzi, bitcoin è diventato così popolare che il ministero del Tesoro Usa ha aperto un’inchiesta perché teme che possa essere strumentalizzato per il riciclaggio di denaro. La scena è da film di Peter Sellers – l’Fbi alla ricerca della moneta invisibile.

Per un po’, bitcoin ha seguito le leggi dell’economia tradizionale. La domanda era più dell’offerta e il prezzo è salito. E salito. E salito. Fino a raggiungere 230 dollari a marzo. Poi, lo schianto. La «moneta» ha perso il 70% del suo valore in pochi giorni, senza che nessuno sapesse il perché o il percome.

Le voci dei corridoi virtuali hanno parlato di problemi tecnici a Mt. Gox, un misterioso «mercato» per comprare e vendere bitcoin che si dice sia di stanza a Tokyo. Ma la realtà è che non ci sono ragioni plausibili né per la crescita esponenziale né per il crollo fulmineo di bitcoin.

Il filo conduttore tra oro e bitcoin è proprio questo. Nessuno sa (veramente) perché siano cresciuti così tanto e nessuno sa perché siano caduti così in basso.

I cosiddetti esperti vi diranno che l’oro è un bene rifugio contro l’inflazione e in questo momento non c’è pericolo d’ inflazione. Tutto vero ma cosa è cambiato venerdì scorso sul fronte inflazionario? Non abbastanza per giustificare una perdita del 4% in 24 ore.

Bitcoin ha fondamenta molto meno solide dell’oro, che almeno funziona in un mercato aperto e trasparente. Ma la sola ragione per cui una moneta alternativa – non garantita da un governo o emessa da una banca centrale – può funzionare è se ci sono dubbi sul valore delle monete tradizionali.

Bitcoin e le varie copie che stanno saltando fuori su Internet sono l’equivalente finanziario di un bunker nucleare.

«Viviamo in un momento completamente artificiale», mi ha tentato di spiegare un banchiere a cui chiedevo delucidazioni. «I prezzi dei mercati non sono razionali».

Non è proprio vero. Il movimento a yoyo di oro e monete-internet è il prodotto di un processo che è sia razionale che irrazionale.

La parte razionale è il desiderio degli investitori di trovare beni che rendano più delle bazzecole offerte dalle banche centrali di mezzo mondo. Il compito di Ben Bernanke e Mario Draghi è quello di stimolare l’economia mondiale tenendo i tassi bassi ma uno dei risultati è quello di spingere gli investitori nelle braccia di beni rischiosissimi.

La parte irrazionale è comprare cose il cui valore non si può determinare. Il concetto forse più pericoloso nel mondo degli investimenti è quello, importato dalla fisica, del «momento» (nel senso di «moto»). Comprare beni solo perché sono in rialzo nella speranza che il moto continui (e che diventi perpetuo) è l’errore più clamoroso e comune commesso da investitori di tutte le taglie.

In questo frangente incerto dell’economia mondiale, ciò che non si può spiegare non si deve comprare. L’unica domanda che conta prima di premere il bottone del «compra» è: «Perché?».