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 2013  aprile 09 Martedì calendario

LA FEMMINA DOMINATRICE CHE ODIAVA IL FEMMINISMO

Come ogni donna forte, Margaret Thatcher è sta­ta amata e odiata, ap­plaudita e perseguitata dalle cri­tiche. Per di più era conservatrice, anti­comunista e rivoluzionaria. Una vera leader politica, co­me ci vorrebbe in Ita­lia in questo perio­do: lei infatti ha saputo far risorgere il suo Paese, traghettando­lo implacabile dalla depressione allo svi­luppo economico.
Le sue forze sono state l’antistatali­smo, l’antisindacalismo e l’antifemmini­smo. In una parola, si è sempre mostra­ta fermamente con­traria a ogni forma di garantismo spic­ciolo, di pietismo, di assistenzialismo. Dando invece spa­zio al merito, alla competizione, al­l’autonomia priva­ta. «I penny non cadono dal cielo, devo­no essere guadagna­ti qui sulla terra» af­fermava con durez­za. Ragion per cui è stata molto invisa alla sinistra, per quanto Tony Blair condividesse molte delle sue idee. E per quanto al­cuni l’abbiano voluta persino dipingere come femminista e ne facciano oggi un’icona del femminismo: questo equivoco nasce forse dal solo fatto di esse­re stata una donna di potere al comando di un vasto drappello di uomini. O forse, ancora, per­ché lei stessa si diceva «costret­ta» a comportarsi da maschio nel deserto di uomini veri che la circondavano. La «Stella Ros­sa», il foglio dell’Armata Rossa, l’aveva definita satiricamente Lady di Ferro, nel ricordo del cancelliere Otto Van Bismarck, a sua volta un secolo prima soprannominato cancelliere di ferro. La Thatcher, da allora è sempre stata così chiamata, sia dai detrattori, sia dagli estima­tori, con evidente valenza sug­gestiva di segno opposto. Ma la Thatcher non è mai stata femminista e la prova inconfutabi­le è data dal suo immancabile, categorico, filo di perle: si è mai vista una femminista che si adorni il collo con le perle? E lei infatti ha detto: «Odio il femmi­nismo, è veleno». Del resto, le femministe del suo tempo l’hanno snobbata, conoscen­do bene il suo conservatorismo e non condividendo la sua du­rezza contro gli scioperanti. Non hanno però forse mai dige­rito facilmente i suoi inconte­stabili palmares di donna deter­minata e vincente: prima e sola donna a guidare il partito conservatore inglese; prima e sola donna a diventare primo mini­stro; prima e sola donna a far parte del maschilissimo Carl­ton Club. Senza quote rosa, sen­za piagnistei, senza appoggi op­portunistici. Intelligente e capa­ce, ha lottato contro pregiudizi e tradizioni, si è imposta da don­na, con eleganza e fermezza, in ogni confronto internazionale. È stata una grande donna, perché la sfolgorante carriera non le ha impedito di essere una madre attenta e una mo­glie devota molto amata. Non era interessata al «sociale», poli­ticamente contrabbandato co­me religione, bensì agli uomi­ni, alle donne, alle famiglie. E in­fatti sosteneva «qualsiasi donna­ che conosce i problemi di ge­stione di una casa, sarà più vici­no alla comprensione dei pro­blemi di gestione di un Paese». Ha onorato dunque la sua femminilità e la femminilità in genere. Indimenticabile la fra­se in un discorso pubblico nel 1982 «in politica, se vuoi che qualcosa venga detto, chiedi a un uomo. Se vuoi che qualcosa venga fatto, chiedi a una donna».
Poiché Maggie ha fatto molto per l’Inghilterra, la sua politica concludente e ricca di risultati, è stata chiamata thatcherismo, termine più spesso usato con aria sprezzante. Montanelli, a chi gli aveva chiesto se fos­se stato possibile avere una Thatcher italiana, e se il thatcherismo qui potesse esistere, aveva ri­sposto che dubitava potesse mai avverar­si. Perché la Tha­tcher, al massimo, avrebbe potuto esse­re prussiana (per il carattere) o america­na (per l’ideologia «andate e arricchi­te»), mai italiana, mancandole l’istin­to del compromes­so e l’etica del «tutto s’aggiusta». Secon­do Montanelli, un’italiana primo ministro, anche se si­mile alla Thatcher, non avrebbe mai avuto la forza di prendere di petto un dittatore arabo o di affrontare turbe di minatori in sciopero. Dunque, secondo Montanelli, un’ipote­tica Thatcher italiana, dopo due settimane di guida del go­verno, si sarebbe seduta sui di­vani di Santoro alla ricerca di qualche accordo con gli altri po­litici ospiti. È bruttissima que­sta immagine, perché ancora oggi ci avvicina alla nostra in­quietante realtà politica. Tutta­via è la cartina di tornasole di quanto rispetto e quanta auto­revolezza abbia saputo, da so­la, conquistarsi una donna («la figlia del droghiere» come spes­so ha ribadito il principe Filip­po) rinunciando a sfruttare pri­vilegi e vittimismi dell’essere femmina e perseguendo valori e obiettivi senza subordinarsi ai maschi e senza scimmiottar­li.
Ora è morta. E, per solo suo merito, è indimenticabile. Nel bene e nel male. Da oggi si ria­prono le dispute pro e contro. Ma lei ha sempre sostenuto, e quindi ne sarebbe felice: «Amo il dibattito, amo le discussioni. Non mi aspetto che nessuno sia d’accordo con me». Meraviglio­sa.