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 2013  aprile 09 Martedì calendario

BONN, UNA EX CAPITALE IN BILICO

Peer Steinbrück, leader socialdemocratico, sembra proprio deciso a perdere la sfida con la Merkel. Forse, perché, secondo lui, un Cancelliere guadagna troppo poco. Dopo una serie di gaffe, e aver guastato i rapporti, nell’ordine, con la Svizzera e l’Italia, ha dichiarato guerra alla piccola Bonn, onorevole capitale provvisoria della Repubblica federale per 42 anni. È ora che tutti i ministeri e gli uffici governativi lascino la riva del Reno per trasferirsi sulla Sprea, ha annunciato.

Per una volta sarà magari la cosa giusta, ma detta al momento sbagliato. Tra l’altro, Bonn si trova in Nord Renania Westfalia, roccaforte della socialdemocrazia, Land di cui Steinbrück è stato premier dal 2002 al 2005.

Bisogna risparmiare, perché sei ministeri, tra cui quello della difesa, hanno ancora la loro sede nella tranquilla cittadina universitaria, 100 mila abitanti, triplicati grazie a calcoli accomodanti? Diecimila Beamte ministeriali, i funzionari, abitano a Berlino, e 8.100 a Bonn. È una follia, sostiene Peer, che ci costa 23 milioni all’anno. Lui parla da ex ministro delle finanze, ma dimentica la storia.

Dalla fine della guerra, si parlava della riunificazione delle Germanie, ma quando cadde il Muro, nessuno sapeva che fare. Riportare la capitale a Berlino, metropoli mai amata nel resto del paese? Alla nascita della Repubblica federale, si volle evitare una scelta che potesse diventare definitiva, Francoforte o Monaco, o Colonia, e Adenauer ebbe gioco facile nello scegliere la piccola Bonn, a un passo da casa sua.

Qui studiò l’ultimo Kaiser Guglielmo II, e anche il nostro Pirandello, che ebbe una storia con la figlia del suo padrone di casa. Jenny Schulz-Lander, era alta, era bionda, aveva gli occhi azzurri, in sintesi, il sogno di un siculo inesperto. All’Università una lapide ricorda ancora il soggiorno di Luigi, senza alludere alle frequentazioni locali. La mamma cucinava bene, Jenny era gentile, ma lui spasimava per il sole di Sicilia. Così, spiega nelle lettere, lasciò Bonn, sposò una cugina, lei uscì folle. Nel 1925, con la sua troupe teatrale, Pirandello fece tappa a Bonn, e gli studenti gli fecero gran festa. Lo scrittore, le lacrime agli occhi, confessò che avrebbe rinunciato a tutta la sua fama, a tutte le sue opere, per ritornare quel che era stato nei giorni felici sul Reno.

Steinbrück non ha certamente letto le poesie d’amore scritte da Pirandello per la sua Jenny, ma dovrebbe farlo. «Bonn è una tranquilla cittadina balcanica», diceva Le Carré, che qui aveva lavorato all’ambasciata britannica. Forse non dovrei ricordare la troppo citata battuta «Bonn è grande la metà di Chicago e morta il doppio». Falsa, perché Chicago non ha cimitero. Città noiosa e di spie, e le due cose coincidono: vi lavoravano 10 mila segretarie, gli uomini erano pochi e poco seducenti, loro si annoiavano. Tradivano per noia sedotte dai «romeo», gli agenti segreti specialmente addestrati da Markus Wolf, il capo del controspionaggio della Ddr, a cui è ispirato La spia che venne dal freddo.

Anche Kohl, come Adenauer, non amava la Prussia, e sarebbe rimasto volentieri sul Reno. La votazione al Bundestag per il trasloco fu vinta per un soffio, il 20 giugno del ’91, 338 voti a favore e 320 contro. Quando si spostò la capitale da Firenze a Roma ci furono dimostrazioni e morti, Bonn reagì con fatalismo, grazie anche a qualche promessa: il mantenimento di qualche ministero, di alcune agenzie europee, e la sede della Telekom con i suoi 5 mila dipendenti. La pacifica, tranquilla, soporifera Bonn ha contribuito nel dopoguerra a cambiare l’immagine della Germania. Noiosa e non inquietante. Meriterebbe un po’ di gratitudine.