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 2013  aprile 09 Martedì calendario

RAGAZZI, CHE MONDO «LINKOTICO»

Vivono in un mondo linkotico in cui hanno successo le disonestar, circondati da persone che sovravvivono, dove chi ci governa pratica la demolitica. Per raccontare l’orizzonte sociale e culturale in cui sono immersi hanno bisogno di parole nuove. Ne hanno inventate dieci che presenteranno al Salone del libro di Torino. Un dizionarietto minimo, coordinato da Andrea Bajani, curatore del programma giovani di Bookstock Village, che per tre mesi ha interrogato quindici ragazzi delle scuole superiori torinesi (dagli istituti professionali ai licei classici) tra i 15 e i 18 anni per cercare di fotografare il mondo in cui vivono nel modo in cui lo vedono. «Un progetto che l’anno scorso era nato un po’ per gioco, come un tentativo di forzare il vocabolario — spiega Bajani — e che quest’anno ha preso una consapevolezza maggiore, rivelandosi come un atto politico, con l’idea di proporre qualcosa di nuovo alla società di chi parla, legge e scrive. Non mi interessa la retorica dei giovani che devono essere protagonisti, ma davvero se non si lavora in maniera attiva con i ragazzi questo Paese è destinato a rattrappirsi».
Quello che esce dal dizionario minimo del Bookstock Village è un modo sorprendente di leggere il presente dove ogni parola riporta a una visione unitaria. È una fotografia, certo scura, di un Paese dove la politica è sfinita e incapace di costruire, al punto da diventare demolitica («non riguarda tanto i rottamatori visto che pochi sanno chi sia Renzi, ma tutti i politici. Il che è molto frustrante considerato che sono giovani alla vigilia del loro ingresso nelle urne elettorali» commenta Bajani). Una società dove non si riesce a uscire dall’emergenza del momento e il futuro non è nebuloso, ma addirittura impensabile, dove si è affermata una nuova figura sociale, il subizionista, capace di utilizzare le sciagure come armi di ricatto. Un Paese «a cuore aperto» in cui serpeggia il desiderio di essere qualcun altro (eteriderio è una della parole più efficaci) senza però farsi avanti e senza credere nella delega, nella mediazione. Negli incontri con i ragazzi Bajani ha svolto un’azione maieutica: «Siamo sempre partiti mettendo sul tavolo gli argomenti, i temi. Le parole sono venute dopo, sono state l’atto finale». Una delle prime nate è stata disonestar, neologismo che rimanda immediatamente alle archistar e che indica «quei personaggi alla Corona, che, proprio in virtù del loro violare le regole, mistificare la legge, deridere l’onestà, sposare l’estetica del volgare si trasformano in miti, modelli, star appunto. I comportamenti negativi, le gaffe alla Berlusconi, diventano così un valore aggiunto in un orizzonte di disfuturo, altro neologismo che identifica una strana disfunzione del tempo che impedisce di pensare in termini progettuali oltre al domani. È come se si fosse scassato l’orologio e fosse impossibile rimettere in moto il tempo, raccogliendo le sfide». Si vive nel presente, qui e ora, ma spesso si sovravvive anche perché il vocabolario allargato dei ragazzi dà un nome a quell’attitudine sociale che ha trasformato molte famiglie in debitori cronici. «È un verbo nato dall’osservazione di una ragazza che notava come molti suoi coetanei, pur arrivando da famiglie non particolarmente abbienti, abbiano tutto, dal telefonino alla vacanza. È un modo di vivere al di sopra delle proprie possibilità, in un circolo di prestiti e finanziamenti che crea una rincorsa senza fine. È un atteggiamento molto comune che, secondo me, ha anche il potere di privare i ragazzi del proprio scontento, della possibilità di arrabbiarsi e che alla fine diventa un tappo sociale».
Da un lato si sovravvive, dall’altro si svive perché, appunto svivere (che bisogna immaginare intonato sulle note della canzone di Vasco Rossi Vivere) è un altro neologismo che rimanda a un atteggiamento remissivo, senza progettualità, come se il tempo fosse qualcosa che rotola ai nostri piedi, svilito. «È la vita senza il principio attivo — sintetizza Bajani — un po’ come il caffè decaffeinato o il tè deteinato che vanno tanto di moda. È l’idea, o l’alibi, che anche alzando la voce non ritornerebbe altro che l’eco delle nostre parole». I giovani vivono in un universo linkotico in cui tutti sono continuamente in contatto con tutti, ma in cui si ha paura di avere legami troppo stretti con una persona, con un lavoro, con una responsabilità.
Soldi e cibo sono alcuni degli argomenti di cui si discute più spesso, ristoranti e Compro oro ci circondano. Da lì nascono la monetica e Onnifood, parola che si ispira a Hollywood e identifica quell’interesse per il cibo, la cucina, le ricette che è da sempre nel nostro dna, ma che ormai è pervasivo. È diventato una tendenza editoriale, televisiva, un argomento di conversazione, «ma anche una forma politica — dice Bajani — basta pensare al ruolo di Slow Food». La passione-ossessione, peraltro, ha contagiato anche il Salone di Torino che quest’anno le dedica un’area trasformando parte del Lingotto in un piccolo Onnifood.
Cristina Taglietti