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 2013  aprile 07 Domenica calendario

BARCA E IL PARTITO DEL FUTURO

Ha compulsato il saggio di Marco Revelli, «Finale di partito», in cui la crisi epocale delle forze politiche organizzate viene esaminata con il rigore freddo del anatomopatologo. Ripensa continuamente, e ora più che mai, alla storia del Pci che gli appartiene per vie familiari e per la sua formazione culturale e politica. Insomma, Fabrizio Barca in queste ore è al lavoro sul suo manifesto programmatico da leader del Pd. Anzi, il «documento corposo» per lo più è pronto: si tratta solo di limarlo.

VALORE COESIONE
A chi intanto chiede al ministro della Coesione («coesione» è anche una delle parole chiave della sua proposta per il Pd) se si arriverà al ticket Barca-Renzi, lui per la leadership del partito e l’altro per la premiership, la risposta che viene recapitata è semplice: «Calma». Perché Barca «in campo» c’è (anche se non ama questa espressione) ma alla sua maniera. Senza strappi («coesione», appunto) e senza accelerazioni rischiose. «Sono un maratoneta e non un centrometrista», dice di sè. Sa però che il tempo è adesso («adesso» come lo slogan di Renzi alle primarie) e il suo progetto come leader post-Bersani ma non anti-Bersani deve partire subito. Già prima del 18 aprile quando lui e gli altri due figli di Luciano Barca, storico dirigente del Pci, accoglieranno i presenti alla giornata in ricordo del padre nella sala del Mappamondo a Palazzo Venezia. Dove comunque Fabrizio Barca non parlerà.
Il modello di partito che ha in mente, e che ufficializzerà nei prossimi giorni, si basa su questa premessa che Barca sta mettendo per iscritto più o meno così: «Il Pd è il contenitore giusto ed è quello che più si avvicina all’idea moderna di partito. Ma va ripensato. Bisogna cambiare qualcosa». Che cosa? Nei ragionamenti preparatori alla «discesa in campo» (virgolette non sue) che egli va facendo con i suoi interlocutori, la parola forte è «territorio».

LA RETE
Non si tratta di fare un partito pesante o un partito leggero - questo il nocciolo della questione - ma va ricucito il tessuto tra partito e territorio, tra partito e società, tra partito e quelle eccellenze che il Pd secondo Barca ha in abbondanza tra i quadri delle amministrazioni locali. Che lui ben conosce sulla scorta della sua attività da ministro. Nè pesante nè leggero (e con «una forte alimentazione finanziata dagli iscritti») il partito che vede Barca è un partito reticolare: una rete di competenze, di conoscenze, di professionisti della politica ma a tempo.
Per dirla alla Antonio Gramsci, autore che egli ha ben presente, si tratta anche di far scattare quella «connessione sentimentale» tra partito e cittadini che è stata la forza del Pci e delle grandi organizzazioni di massa e può riesserla per il Pd. Perchè non c’è politica - è il Barca pensiero - senza quei «corpi intermedi» di cui fa parte anche, scritto ormai con la minuscola naturalmente, il partito politico. Barca parla di gente che torna in sezione e di nuova partecipazione per riconquistare consensi. «L’assenza dei partiti e degli altri corpi intermedi - ecco un punto cruciale del suo documento - facilita l’anarchismo di protesta». Il partito è «un corpo intermedio da riattivare, perché senza partito si fatica ad ascoltare la realtà». O si rischia di venire battuti dalle brutte sorprese - leggi: Grillo - che il Pd residuale e non innovativo non è stato capace di fronteggiare e neanche di vedere.