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 2013  marzo 18 Lunedì calendario

«ALTRO CHE MORALIZZATORE MIO FRATELLO MI HA DERUBATO»

Ha passato la sua vita fra le ta­volette cuneiformi dell’antica Mesopotamia e quelle della cit­tà di Ebla, ma oggi è al centro di una penosa vicenda familiare, sull’orlo buio e misterioso di Va­tileaks. Lorenzo Viganò, 75 an­ni, sacerdote, è il fratello di mon­signor Carlo Maria Viganò, l’ex numero due del Governatorato del Vaticano che due anni fa aveva denunciato l’opacità e la mancanza di trasparenza nei Sacri palazzi fino a diventare, sui giornali e in tv, la bandiera di una Chiesa finalmente pulita e onesta. La realtà però avrebbe il colore del fango: per Lorenzo le cose non stanno così. «Mio fratello Carlo Maria mi ha tradi­to- spiega trascinando l’interlo­cutore dentro una pagina torbi­da e drammatica - mio fratello mi ha derubato». Affermazioni gravissime e tutte da provare che lasciano senza fiato, ma del resto la saga dei Viganò, facolto­sa famiglia milanese con un pas­sato di primo piano nell’indu­stria dell’acciaio, mette a disa­gio chiunque abbia voglia di scorrere le incredibili denunce incrociate che fratelli e sorelle si sono scagliati addosso come frecce avvele­nate. Carlo Maria, il mora­lizzatore me­diatico della barca di Pie­tro, ha denun­ciato la sorel­la Rosanna per circonven­zione d’inca­pace. E l’inca­pace sarebbe proprio lui, il mite studioso con la testa fra le nuvole, colpito e debilitato ma non affondato da un ictus nel 1996. Anzi, Lorenzo ha contro­denunciato il fratello, niente­meno, per estorsione e appro­priazione indebita, accusa que­st’ultima che è stata archiviata dalla magistratura milanese. Siamo dentro un labirinto clau­strofobico che ad ogni angolo sembra perfino suscitare dub­bi su una lettura troppo sempli­cistica di Vatileaks.
Don Viganò, partiamo dalla sua malattia.
«L’ictus è stato un colpo duris­simo. Oggi mi sposto a fatica e cammino solo con l’ausilio di un girello. Ma per mia fortuna non ho perso la lucidità. Inve­ce ».
Invece?
«Invece Carlo Maria ha ap­profittato della mia malattia per tagliarmi fuori dalla gestio­ne del nostro, e sottolineo no­stro, patrimonio».
Che cosa è successo?
«No,un attimo,voglio raccon­tarle s­ubito quel che fino ad og­gi non avevo mai svelato. L’epi­sodio penoso e umiliante che più mi ha segnato.Anche se for­malmente l’atto era contro igno­ti, Carlo Maria ha avuto il coraggio di denunciare mia sorella Rosanna, la sola in famiglia che mi è stata sempre vicina, per circonvenzione d’incapace».
Lei?
«Sono stato costretto a pre­sentarmi davanti a un giudice di Milano che voleva accertare il mio stato psicofisico. Come se fossi un demente, o giù di lì. Naturalmente il magistrato ha capito ed ha archiviato a razzo la pratica. È spaventoso. Ma in questa storia orribile nulla è co­me dovrebbe essere».
Che cosa è successo in questi anni?
«Le basti sapere che a me, ri­cercatore all’Università di Chi­cago negli Stati Uniti, bastava­no quindicimila dollari l’anno per vivere. La mia vita è nelle ta­volette, nelle pubblicazioni, nei libri. Però, dopo la morte di nostro fratello Giorgio, che am­mi­nistrava correttamente il patrimonio dei Viganò, e la mia malattia, mi sono accorto che Carlo Maria mi considerava una specie di burattino».
Lei avrà provato a chiedere chiarimenti.
«Impossibile. Ho scoperto che mio fratello aveva ceduto delle proprietà comuni e mi ave­va lasciato le briciole. Gli spic­cioli. Contemporaneamente at­traverso un’altra nostra sorel­la, Anna Maria, madre di mio nipote Carlo Maria Polvani, re­sponsabile dei media della se­greteria di Stato, ha cominciato a fare pressioni perché abban­donassi gli Stati Uniti, perché chiudessi con l’università, per­ché lasciassi il mio appartamen­to americano».
Temeva per la sua salute?
«Mio fratello mi ha derubato di diversi milioni di euro. Sfru­t­tando una mia vecchia procura notarile ha fatto il bello e il catti­vo tempo. In questa storia terri­bile si è arrivati a tagliarmi i vive­ri, a minacciarmi, persino da un presunto agente che si è spacciato per Fbi, e ancora, sa­crilegio, a buttare via le mie schede in cui avevo raccolto an­ni e anni di studio».
Lei come si è difeso?
«Ho controdenunciato Carlo Maria per appropriazione inde­bita, accusa archiviata con una motivazione singolare dalla magistratura, e poi per estorsio­ne. Lui, in tribunale, questa vol­ta per un’altra causa civile, ha cercato di abbracciarmi, ma io l’ho fermato».
Perché?
«Pensi solo che mio fratello, quando l’hanno spostato dal Governatorato, ha avuto la fac­cia tosta di scrivere a Benedetto XVI dicendo che non poteva al­lontanarsi per stare vicino al sottoscritto, gravemente mala­to. Una menzogna perché con me non ha rapporti da anni».
Che idea si è fatto di Vatile­aks?
«Le denunce di mio fratello non corrispondono a quel che è successo in famiglia. Fra noi fratelli e sorelle. È circolato trop­po veleno». Don Lorenzo s’interrompe. «Io sono rimasto e so­no fedele a Papa Benedetto e a Papa Francesco». Si commuo­ve e piange: «Voglio solo anda­re avanti con i miei studi e con la mia vita di sacerdote. Non pro­vo rancore per mio fratello, ma ho l’obbligo di dire la verità. E la verità, spiace dirlo, non è quel­la dei titoloni dei giornali».