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 2013  marzo 01 Venerdì calendario

SONO RIMASTA SOLO IO MA NON ABBANDONO LA MIA BIBLIOTECA


CATANIA. Ogni mattina Rita Carbonaro, la direttrice della biblioteca Ursino Recupero di Catania, nell’ex monastero dei benedettini, schiude le porte di questo scrigno di duecentosettantamila libri, accende le luci, sbriga la corrispondenza, rassetta e cataloga i nuovi arrivi (l’anno scorso appena 759, frutto perlopiù di donazioni), risponde personalmente alle mail e alle telefonate, va alle Poste a ritirare le raccomandate, segue i tesisti della contigua facoltà di Lettere, assiste gli utenti – in media 70 al giorno, taluni anche dall’estero –, coordina perfino le visite guidate. Sovente la sua giornata inizia prima delle sette e finisce alle otto della sera; è capitato che abbia fatto ritorno in biblioteca anche in piena notte, perché era partito l’allarme dell’antifurto; una volta, siccome il problema non si risolveva, rimase chiusa dentro fino alle prime luci dell’alba. Fa tutto lei. È l’unica dipendente.
Quando vi approdò, quindici anni fa, erano ancora in sette, e la biblioteca un vanto della città e dell’intero Meridione. Meraviglia anche architettonica, e perciò patrimonio dell’Unesco. Vi erano transitati Goethe, Wagner, Liszt; Federico De Roberto, che fu, di malavoglia, bibliotecario aggiunto, vi scrisse I Viceré; poi, anno dopo anno, man mano che i finanziamenti pubblici s’assottigliavano e gli stipendi giungevano a singhiozzo, tutti hanno preferito andarsene o mettersi anticipatamente in pensione.
Così dal 2009 Rita Carbonaro è rimasta sola. Non prende nemmeno sempre lo stipendio. Da luglio 2012 a gennaio 2013, ad esempio, non ha visto un euro. Dice a bassa voce: «Ho fatto delle economie, ma i risparmi che avevo oramai stanno scemando». Una coppia di pensionati, una mattina, si è presentata offrendole quel che aveva appena ritirato alle Poste: 800 euro. Qualche benestante voleva farle un regalo, ma lei ha respinto ogni offerta per sé: «Non chiedo regali, ma uno stipendio». Ha detto sì solo a un anziano del quartiere, che ogni pomeriggio, dopo aver letto La Sicilia, le portava il quotidiano ben ripiegato: e così nessun numero della collezione è andata perso nei sei mesi in cui, per un disguido, il giornale non arrivava più. Nel frattempo il recapito di una copia omaggio è stato ripristinato. Non ci sono soldi nemmeno per pagare le ditte di pulizia, ma nessuno lo direbbe, aggirandosi per gli ampi saloni. «Fa lei pure le pulizie?». La direttrice tace.
Una storia dell’abbandono in cui versa la cultura in Italia. Ma anche un’istantanea di civismo e attaccamento al lavoro. Com’è stato possibile tutto ciò?
Per statuto, è il Comune di Catania a dovere provvedere al sostentamento della Biblioteca Ursino Recupero, ma scampato al fallimento solo grazie a un generoso aiuto del governo Berlusconi nell’estate del 2008, non ha più né le risorse né la volontà politica per occuparsene. Raffaele Stancanelli, il sindaco Pdl, grande amico di Ignazio La Russa, dice che la colpa non è solo dell’amministrazione comunale, in quanto nel cda risiedono anche l’Università, la Sovrintendenza, gli eredi Ursino («Perché non sono considerati anche loro responsabili dell’attuale stato di cose?»), ma gli articoli 5 e 10 dello Statuto lo smentiscono. Negli ultimi anni, il Comune ha stanziato a bilancio 344 mila euro l’anno, soldi che sono stati erogati in piccole quote saltuariamente, e così la biblioteca vanta crediti a tutto il 2013 per un milione ottocentomila euro. A metà febbraio, sull’onda di una petizione online, e in prossimità delle elezioni comunali – a Catania si vota in primavera – il sindaco ha prima promesso che le pulizie saranno affidate a una multiservizi e, poi, emesso un mandato a favore della biblioteca di 29.997 euro. Così la direttrice potrà almeno percepire una parte degli arretrati.
Si tira avanti attraverso le donazioni, grazie all’animo generoso di qualche benefattore, ai doni degli editori; i catanesi finora hanno mostrato solidale vicinanza, ma tra sette anni, quando Rita Carabonaro andrà in pensione, cos’accadrà?
Lei si presenta al lavoro anche con la febbre, «questo è un luogo pieno di storia e di magia, chi viene qui vaga per i luoghi dell’anima e del pensiero» dice, mentre si aggira mostrando i pezzi più pregiati: la Bibbia miniata in oro di Pietro Cavallini del 1300, un Officium beatae Mariae Virginis del Varnucci il Vecchio, pergamene, incunaboli, cinquecentine, erbari secchi, una copia quattrocentesca di Dante. Sa che non può permettersi cedimenti. Se lei molla, la biblioteca chiude. Così le informazioni bibliografiche le sistema online, da casa. «Lo faccio per amore verso il mio lavoro, per il senso del dovere, i compiti vanno svolti fino in fondo, troppo facile fare le cose quando tutto va bene». Poi conclude: «Ma vivo del mio stipendio e, se questo non arriva, alla lunga anche il più nobile dei propositi deve fare i conti con la realtà».