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 2001  gennaio 11 Giovedì calendario

IL CONCLAVE, OVVERO LA CHIESA VA ALLE ELEZIONI

«Per la Pasqua dovremmo avere il nuovo Papa. Questa è la previsione che possiamo fare» (padre Federico Lombardi poche ore dopo l’annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI).

All’articolo 37 della Universi Dominici Gregis, la costituzione apostolica varata nel 1996 da papa Giovanni Paolo II per regolare la successione papale, si legge «che dal momento in cui la Sede Apostolica sia leggittimamente vacante, i cardinali elettori presenti devono attendere per quindici giorni interi gli assenti; lascio peraltro al Collegio dei cardinali la facoltà di protrarre, se ci sono motivi gravi, l’inizio dell’elezione per alcuni altri giorni. Trascorsi però, al massimo, venti giorni dall’inizio della Sede Vacante, tutti i cardinali elettori presenti sono tenuti a procedere all’elezione». [1]

Il Conclave si riunirà a marzo (probabilmente tra il 15 e il 20). A norma delle leggi canoniche il 28 febbraio alle ore 20 decadranno il segretario di Stato e tutti i capi dei dicasteri vaticani. Resteranno per l’ordinaria amministrazione solo il Camerlengo, ovvero il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone.

Il primo marzo un ombrellino a bande gialle e rosse alternate, sovrastato da una piccola croce che protegge le due chiavi di Pietro (una d’oro e una d’argento incrociate e tenute insieme da un cordone rosso), sostituirà lo stemma di Benedetto XVI tripartito con l’Orso di San Corbiniano, la conchiglia di Agostino e il Moro incoronato. Questo lo stemma che indicherà che la Sede apostolica è vacante. [2]

Il più lungo periodo di sede pontificia vacante, dal 29 novembre 1268 (morte di Clemente V) al 1° settembre 1271 (elezione di Gregorio X). [3]

Conclave, dal latino Cum clave («Sotto chiave»), in isolamento. Il Conclave vero e proprio inizia nella Cappella Sistina quando il Maestro delle celebrazioni liturgiche pronuncia l’Extra omnes («Fuori tutti»). [3]

Per la prima volta non vi saranno i novendiali, i canonici nove giorni di lutto per la morte del pontefice. Tosatti: «Sarà un Conclave ben particolare, anche perché verrà a mancare quella classica successione emotiva – morte del Papa, lutto, attesa, e infine gioia per la nuova elezione – che storicamente ha sempre dato l’impronta a questo evento». [1]

Annalisa Guglielmi su Avvenire: «Saranno 117 i cardinali che eleggeranno il nuovo Papa. Al momento infatti i cardinali con meno di 80 anni sono 118, ma l’ucraino Husar supererà la soglia il 26 febbraio e dunque resterà fuori dalla Cappella Sistina, così come non entreranno in Conclave il decano del Collegio cardinalizio Angelo Sodano e il sottodecano Roger Etchegaray, ultraottantenni. Aboliti i modi di elezione detti per acclamationem seu inspirationem e per compromissum, la forma di elezione del Romano Pontefice sarà unicamente per scrutinium, come ha deciso Giovanni Paolo II [il 22 febbraio 1996, ndr] nella costituzione apostolica Universi Dominici Gregis che ha profondamente innovato la procedura per eleggere il Papa». [4]

Nella bolla Romano Pontifici eligendo, del 1975, Paolo VI statuì il numero massimo di cardinali elettori (centoventi) e confermò l’esclusione dal Conclave dei cardinali ultraottantenni (ammessi però a partecipare nella riflessione precedente l’elezione, nelle congregazioni generali tenute dai porporati ogni giorno durante la SedeVacante).

Nel motu proprio, norma promulgata da Benedetto XVI, si stabilisce la necessità di una maggioranza di due terzi degli elettori. Fino ad allora, per volere di Giovanni Paolo II, dopo 34 scrutinii andati a vuoto, il pontefice poteva è essere eletto con la metà dei voti più uno. [2]

Del colleggio dei 117, sessantuno sono europei, quattordici dell’America settentrionale, diciannove dell’America Latina, undici africani, altrettanti asiatici, uno dell’Oceania. I porporati italiani con meno di 80 anni sono undici. [5]

Sarà Angelo Sodano, come primus inter pares (primo per anzianità tra pari), a presiedere il collegio dei cardinali e, quindi, anche il Conclave. Sodano si occuperà pure dell’ordinazione a vescovo del futuro Papa. [6]

A sorteggio saranno scelti tre scrutatori, tre infirmari (incaricati di raccogliere i voti dei cardinali infermi) e tre revisori. [6]

Ai cardinali elettori sarà consegnata una scheda. Dalla Universi Dominici Gregis: «Deve avere la forma rettangolare, e recare scritte nella metà superiore, possibilmente a stampa, le parole: Eligo in Summum Pontificem («Eleggo a Sommo Pontefice»), mentre nella metà inferiore si dovrà lasciare il posto per scrivere il nome dell’eletto; la scheda è fatta in modo da poter essere piegata in due; la compilazione delle schede deve essere fatta segretamente da ciascun elettore, il quale scriverà chiaramente, con grafia quanto più possibile non riconoscibile, il nome di chi elegge, evitando di scrivere più nomi, giacché in tal caso il voto sarebbe nullo e piegando e ripiegando poi la scheda». [4]

Le schede saranno poi poste in un’urna. Uno degli scrutatori l’agiterà, un altro conterà le schede una a una, se il numero non dovesse corrispondere a quello dei cardinali, le schede verranno subito bruciate altrimenti si procederà allo spoglio. Dopo aver letto ad alta voce il nome di ogni scheda il terzo scrutatore con un ago farà un buco vicino alla parola eligo. Dai buchi verrà poi fatto passare un filo che legherà insieme tutte le schede della votazione. [4]

I cardinali voteranno quattro volte al giorno, due di mattina e due pomeriggio. Se non si dovesse arrivare all’elezione del Papa, dopo una serie di sette scrutini scatta una pausa di preghiera, di colloquio e di esortazione, tenuta dal protodiacono. Se le votazioni non avranno esito, «il Camerlengo inviterà i cardinali a esprimersi sul modo di procedere», e si procederà secondo quanto la maggioranza assoluta di loro avrà stabilito: «Tuttavia non si potrà recedere dall’esigere che si abbia una valida elezione o con la maggioranza assoluta dei suffragi o con il votare soltanto sui due nomi, i quali nello scrutinio immediatamente precedente hanno ottenuto la maggior parte dei voti, esigendo anche in questa seconda ipotesi la sola maggioranza assoluta». [3]

Per Benedetto XVI, la fumata bianca arrivò nel secondo giorno delle votazioni, dopo quattro scrutini.

Il Conclave del 1271 si svolse a Viterbo e durò tre anni e otto mesi. Estenuati dalla lunga attesa, i notabili della città chiusero i prelati a chiave e scoperchiarono il tetto dell’edificio. Per costringerli a giungere al più presto a una decisione, li lasciarono persino senza cibo. Due anni dopo, la procedura fu modificata: i prelati dovevano accamparsi tutti in una stanza e ricevere i pasti da una finestrella. I primi cinque giorni era prevista una sola portata, se però lo Spirito Santo ritardava la sua designazione il pasto si riduceva a pane e acqua, e lo stipendio veniva congelato. [7]

A quel punto il protodiacono (cioè il primo dei cardinali dell’ordine dei diaconi) chiederà all’eletto: «Acceptasne electionem de te canonice factam in Summum Pontificem?» («Accetta la tua elezione canonica a Sommo Ponefice?») in caso di risposta affermativa gli chiederanno il suo nome: «Quo nomine vis vocari?». Dopo la vestizione con i paramenti papali il protodiacono pronuncerà la formula dell’Habemus Papam.