Giornali vari, 8 ottobre 2012
Anno IX – Quattrocentoquarantacinquesima settimana Dal 1° all’8 ottobre 2012Quadro politico Mentre Berlusconi non si decide a dire che cosa vuole fare, il Popolo della Libertà precipita nei sondaggi (tra il 15 e il 18%) e i fedelissimi del Cav cominciano a mugugnargli contro, per niente persuasi dall’idea berlusconiana delle “facce giovani, facce nuove”, premessa al bombardamento nucleare del partito e alla sua distruzione, tanto agognata dal fondatore
Anno IX – Quattrocentoquarantacinquesima settimana Dal 1° all’8 ottobre 2012
Quadro politico Mentre Berlusconi non si decide a dire che cosa vuole fare, il Popolo della Libertà precipita nei sondaggi (tra il 15 e il 18%) e i fedelissimi del Cav cominciano a mugugnargli contro, per niente persuasi dall’idea berlusconiana delle “facce giovani, facce nuove”, premessa al bombardamento nucleare del partito e alla sua distruzione, tanto agognata dal fondatore. È uscito anche un “Manifesto per il bene comune della nazione” firmato Gasparri, Quagliariello, Sacconi, Alemanno, Formigoni, Gelmini, Meloni. Persino tra Alfano e Berlusconi si comincia a registrare una certa distanza: il segretario, cioè Alfano, non vuole la cancellazione del partito e propone invece una giornata di mobilitazione/rifondazione per il 2 dicembre. Voci sempre più frequenti insinuano che il Cav mediterebbe addirittura un ritiro totale dalla scena politica.
Primarie Il Pd ha evitato di lacerarsi sulle regole con cui far disputare le elezioni primarie. Bersani era partito con l’idea di restringere per quanto possibile il numero dei votanti, prevedendo un’iscrizione con impegno scritto e pubblico accompagnata da una dichiarazione di sostegno centrosinistra, doppio turno ma con diritto di voto al secondo turno solo per quelli che avessero votato al primo, ecc. È poi venuto a più miti consigli, grazie anche alla reazione dell’avversario Renzi. Ci si potrà registrare anche all’ultimo momento e forse sarà possibile votare al secondo turno anche se non ci si è presentati al primo. Scrivo “forse” perché la formula votata dall’assemblea nazionale del Pd sabato scorso è abbastanza ambigua per lasciare al segretario l’ultima parola. Bersani dovrà trattare con Vendola e Riccardo Nencini (capo del Psi) le ulteriori condizioni per far svolgere primarie di coalizione e non di partito. Vendola ha agitato le acque dando addosso a Renzi in televisione: «Bisogna rottamare la subalternità culturale di certa sinistra al modello liberista che sta scorticando l’Europa», «Penso sia molto importante fare il contrario di quello che ha fatto la destra», «A destra Renzi prenderà moltissimo, da Daniela Santanchè a Lele Mora ho visto endorsement straordinari» ecc.
Spagna In Spagna si susseguono le manifestazioni di protesta contro le misure d’austerità decise dal primo ministro Rajoy lo scorso 27 settembre: tagli alle spese dei ministeri dell’8,9%, tagli agli stipendi degli statali del 3,9 per cento (erano già stati tagliati del 5% da Zapatero), niente turnover nell’impiego pubblico, dove si potrà assumere qualcuno solo in presenza di dieci uscite, ecc. Tutto questo, dopo una serie impressionante di tasse sulla famiglia decise in precedenza e l’aumento dell’Iva dal 18 al 21 per cento. Domenica scorsa, per la quarta volta in dieci giorni, un milione di persone hanno marciato in 72 città, chiamate a raccolta dai due sindacati principali (la Ccoo e l’Ugt) e da altre 150 associazioni. Costoro accusano il governo di aiutare le banche, infischiandosene dei cittadini. In effetti, la Spagna, per salvare il suo sistema creditizio a pezzi, sarà costretta presto a chiedere 50 miliardi al fondo Esm. In cambio, Rajoy dovrà mettere il Paese sotto la tutela della Trojka (Ue-Bce-Fmi) che sta già schiavizzando – e inevitabilmente - la Grecia. Tutto questo, cone ha spiegato al Parlamento il direttore della Banca centrale spagnola José Maria Linde, potrebbe poi risultare non sufficiente a ridurre il deficit al 4,5% del Pil, come vuole l’Europa: in quel caso arriveranno nuove tasse e nuovi tagli. L’insieme è complicato dal risorgere delle smanie indipendentiste della Catalogna, di cui s’è fatta carico – con effetti mediatici incalcolabili – la squadra di calcio del Barcellona. Domenica scorsa, in occasione di Barcellona-Real Madrid (2-2), si sono viste sventolare migliaia di bandiere giallorosse dell’autodeterminazione (dette “Estelada”) e si sono sentiti i cori “Independencia”, intonati al 17° minuto e 14” del primo tempo (il 1714 è l’anno in cui la Catalogna finì sotto i Borboni).
Gabriele Il processo al cameriere del Papa, Paolo Gabriele, s’è concluso con una mite condanna a 18 mesi, che sarà sicuramente annullata dalla grazia pontificia. La pubblica accusa aveva chiesto tre anni. Si ricorderà che Paolo Gabriele, maggiordomo e quindi intimissimo di Benedetto XVI dal 2006, s’era portato a casa sua due casse di documenti con l’intenzione di far trapelare all’esterno gli scandali della Chiesa e così salvarla dal Maligno. Quest’attività era finita in un bestseller (Gianluigi Nuzzi Sua Santità Chiarelettere) e aveva così dato origine all’inchiesta e all’arresto. La procedura canonica ha poi efficacemente operato per ridurre le proporzioni del caso, facendolo quasi scomparire e non permettendo mai che si accennasse, nemmeno di sfuggita, alle feroci lotte di Curia che l’avevano prodotto. Quattro udienze appena; accusa solo di furto aggravato (c’era spazio, volendo, per il delitto contro i poteri dello Stato, il vilipendio delle istituzioni, la calunnia, la diffamazione, la violazione di segreti); la posizione dell’altro imputato, Claudio Sciarpelletti, subito stralciata in modo che non vi fosse l’obbligo, in questo dibattimento, di esaminare il materiale informatico trovato a casa di Gabriele; esclusione immediata dell’ipotesi che il maggiordomo avesse avuto dei complici; avendo la tedesca “Welt” scritto che nella faccenda era implicato anche il cardinale Sardi, si fece subito sapere che il cardinale Sardi era stato a colazione dal Papa (e all’articolo si rispose con una netta riprovazione); avendo Paolo Gabriele cominciato a dire che il Papa troppe volte sembrava disinformato e abbandonato a se stesso, il giudice gli proibì di aggiungere altro; su quest’ultimo punto, anzi - della solitudine del Papa - la formidabile struttura di comunicazione della Santa Sede riesumò una chiacchierata di Benedetto risalente al 2009, il Papa era in aereo alla volta del Camerun e disse ai giornalisti: «Mi fa un po’ ridere questo mito della mia solitudine, in nessun modo mi sento solo, ogni giorno ricevo nelle mie visite in agenda i miei collaboratori più stretti a cominciare dal Segretario di Stato fino a tutti i capi dicastero che vedo regolarmente, ogni giorno ricevo vescovi nelle visite “ad limina”… Quindi niente solitudine, sono realmente circondato da amici».
Elezioni Usa Il confronto televisivo tra Romney e Obama (la notte tra il 3 e il 4 ottobre) s’è risolto in un disastro per il presidente in carica, al punto che la stampa di tutto il mondo ha titolo: «Elezioni riaperte». I sondaggi mostravano infatti che le preferenze del pubblico erano andate per un 67 per cento allo sfidante. Il quale era salito sul ring molto vivace e pimpante, ha aggredito subito Barack dichiarando che dopo quattro anni di questa presidenza ci sono in America 23 milioni di disoccupati, Obama intanto teneva gli occhi bassi, rispondeva debolmente dando l’impressione di una certa stanchezza, di una certa rassegnazione. Thomas Holbrook, esperto di relazioni Usa, dice che i confronti televisivi contano poco: in media, guardando agli ultimi sedici anni, hanno spostato l’orientamento degli elettori di appena un punto. E infatti i sondaggi di questo week end davano ancora Obama, che prima del confronto aveva tre punti di vantaggio, sopra di due punti.