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 2011  gennaio 27 Giovedì calendario

I GENETISTI INGLESI E IL RARO CASO DELLA FAMIGLIA MULTICOLORE

Lui nero, lei bianca biondissima e quattro figli tutti diversi tra loro, dallo scurissimo alla bianchissima, senza inganno. Una bella famiglia arcobaleno o, come loro amano definirsi, «una scatola di cioccolatini».
Immagino la sorpresa e lo sconcerto di Chris Giddings, trentatreenne direttore di un negozio, nato e cresciuto in Inghilterra da genitori kenioti. Soprattutto con i primi dati alla luce dalla moglie Tess, biondissima ex modella di ventiquattro anni. Tanto che si sono chiesti se la figlia Amiah, potesse essere stata scambiata alla nascita con un altra bambina al Colchester General Hospital.
Ma è tutto regolare: nessuno adottato, nessuno figlio di un altro padre. È mai possibile? Certo. Inusuale ma possibile. Il caso ha appassionato la stampa inglese che ha ribattezzato i Giddings come la famiglia «arcobaleno». Il colore della pelle, accompagnato dalla forma del capello, e da alcuni tratti somatici caratteristici è controllato da sei-sette geni, ciascuno con le sue caratteristiche. Mescolandosi fra di loro e incontrando condizioni ambientali un po’ variegate, possono produrre anche questo fenomeno, che salta chiaramente all’occhio. Ma se pensate quanti tipi di neri avete incontrato e quanti tipi di bianchi, non vi dovreste meravigliare. È uno scherzo della natura, ma uno scherzo innocente e che non contravviene a nessuna legge genetica. È un po’ come in una ricetta di cucina. Un po’ più di sale, un po’ più di pepe, un po’ più di farina o di uovo si possono confezionare i piatti più diversi, magari chiamati tutti con lo stesso nome.
In realtà è un po’ più di così, perché si possono avere diversi tipi di sale, diversi tipi di pepe, diversi tipi di farina e così via. Differenze quantitative quindi, ma anche qualitative, perché un dato gene può avere diverse forme — che noi chiamiamo alleli — oltre che far sentire la sua voce più forte o più piano.
«Bianco» quindi non vuol dire nulla di preciso e così «nero» non vuol dire nulla di preciso. Basta pensare nel primo caso a un finlandese e a uno spagnolo e nel secondo a un ugandese e a un cingalese.
Anche se su questo tema sono stati scritti volumi e volumi, diciamo onestamente che sul colore della pelle c’è poco più da dire. Ma consideriamo altri caratteri genetici, meno appariscenti ma di maggiore sostanza, come la perseveranza, la tendenza all’ordine, la puntualità, la resistenza allo stress o i gusti alimentari, anche senza tirare in ballo l’intelligenza che nessuno sa bene che cosa sia.
Ecco che allora la scatola di cioccolatini non sarebbe più una metafora inquietante.
Sappiamo da sempre che i nostri figli sono tutti diversi fra di loro, e più lo sapevano i nostri bisnonni quando di figli ne avevano anche una decina. I geni si mescolano, si mescolano le sostanze che ne controllano l’attività, si mescolano le condizioni in cui gli individui si trovano a crescere e si mescolano i tempi nei quali i diversi geni si attivano o si disattivavano durante lo sviluppo.
Ho già detto tante volte che a forgiare ciascuno di noi concorrono tre fonti di variabilità: i geni, la vita vissuta da ciascuno, cioè la sua biografia, e last but not least, il caso. L’effetto di quest’ultimo è il più difficile da comprendere e anche da credere. Anche perché la parola «caso» non ci piace.
Ma chi, come me, ha visto nascere e crescere una gran numero di cuccioli delle specie più diverse con lo stesso identico patrimonio genetico e che sono andati incontro più o meno alle stesse vicende, sa benissimo che cosa questo può significare.
Basta che invece di 20 molecole in un caso se ne facciano 22, oppure che una determinata connessione nervosa vada più a destra invece che più a sinistra o che un tratto di dna sia più occupato o più libero e tutto cambia.
Naturalmente entro certi limiti, sennò addio! So bene che è difficile accettare tutto questo, ma poi quando si presentano casi come quelli di cui stiamo parlando oppure persone con un occhio di un colore e uno di un altro, il fenomeno che ho sommariamente descritto si può toccare con mano. E non c’è nulla da obbiettare.
Teniamoci stretta la nostra originalità e meditiamoci sopra.
Edoardo Boncinelli