Alberto Fiorillo, il Venerdì 18/1/2013, 18 gennaio 2013
L’AMARO CASO DELLO ZUCCHERO AL BAR
ROMA. Caffè o cappuccino. Al bar, è un rito che si ripete sette miliardi di volte l’anno e che quasi sempre è accompagnato da un altro gesto abituale: buttare nel cestino la bustina con lo zucchero avanzato. Il Movimento difesa del cittadino ha provato a fare due conti e ha stimato che ogni anno finiscano nella spazzatura circa settemila tonnellate di prodotto, equivalenti alla quantità che ingerisce una città delle dimensioni di Verona. «Per cercare di ridimensionare questo spreco eccessivo e inutile» annuncia Antonio Longo, presidente dell’associazione di consumatori «abbiamo deciso di invitare il governo italiano a rivedere le disposizioni che hanno spianato la strada all’invasione delle confezioni monodose». La messa al bando delle zuccheriere aperte è figlia di una direttiva dell’Unione Europea del 2001 che impone il «divieto di vendita e somministrazione di zucchero sfuso» e introduce l’obbligo dell’imballaggio, non per motivi di igiene come si potrebbe pensare, ma per consentire l’etichettatura del prodotto e garantire la sua tracciabilità. La norma entra in vigore in Italia nel 2004 e i pubblici esercizi, intimoriti dalla minaccia di multe fino a seimila euro per i trasgressori, impiegano un attimo a rottamare i vecchi contenitori e a fare il pieno di microsacchetti di carta. Così, anche se tre mesi dopo una circolare del ministero delle Attività produttive chiarisce che «rispondono alla definizione di preimballaggio anche le zuccheriere dosatrici chiuse» e che non è «obbligatorio l’uso delle bustine», il nuovo sistema per addolcire tè e caffè si è già imposto ovunque. «Non adoperando le confezioni di carta si otterrebbe un bel risparmio complessivo di imballaggi e saccarosio» continua Longo. Calcolare esattamente quanto zucchero finisca nella spazzatura è quasi impossibile. Ci abbiamo provato, recentemente, con i gestori di un bar del quartiere romano di San Lorenzo. Per un giorno i clienti sono stati invitati a svuotare gli avanzi in un barattolo: arrivata l’ora di chiusura, c’era mezzo chilo netto di prodotto. Le bustine standard, d’altronde, propongono razioni da veri amanti della dolcezza: pesano sei grammi, ossia due cucchiaini abbondanti. «Se, in media, anche uno solo di quei sei grammi resta inutilizzato» spiega Longo «ai ritmi di consumo attuali possiamo ipotizzare una perdita annua di settemila tonnellate». Una montagna di zucchero che lascia davvero l’amaro in bocca.