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 2011  gennaio 13 Giovedì calendario

Ora i «patrioti» sono di nuovo liberi. Il periodo di lock-up che per quattro anni ha tenuto la compagine dei «capitani coraggiosi» di Alitalia inchiodati al «Piano Fenice» è terminato

Ora i «patrioti» sono di nuovo liberi. Il periodo di lock-up che per quattro anni ha tenuto la compagine dei «capitani coraggiosi» di Alitalia inchiodati al «Piano Fenice» è terminato. Gli azionisti capitanati da Roberto Colaninno possono vendere a chi vogliono, con un solo vincolo residuo: fino al 28 ottobre resterà il diritto di prelazione degli altri azionisti e dunque di Air France che della compagnia ha il 25%. Cosa accadrà? Maurizio Traglio, imprenditore comasco che ha l’1,3% della compagnia, sdrammatizza: «Questo lock-up è più un elemento di forma che di sostanza. In questo momento non abbiamo discussioni sostanziali su modifiche dell’azionariato rispetto a come è ora». Nonostante le voci sul mandato dato dai francesi a Lazard «mi sento di escludere che in questo momento Air France abbia una trattativa aperta con gli azionisti perché ne sarei a conoscenza. Non voglio dire che non ci sarà a breve, cosa che è possibile, ma in questo momento non c’è». A giugno il presidente di Alitalia aveva detto che allo scadere del divieto di vendita i soci si sarebbero seduti «al tavolo non da acquistati ma da cogestori» che non sarebbe stato «un abbandonare la partita ma un passo avanti naturale...», aveva dichiarato Colaninno. In attesa dei francesi, si procede con i piedi di piombo. «Non abbiamo dato mandato formale a nessuno di fare scouting», spiega Traglio, e anche se emergeranno interessi alternativi (come Etihad) «noi valuteremo quelle che potrebbero essere le ulteriori partnership, sempre allineati però con le strategie del nostro socio Air France». In teoria ogni azionista può disfarsi della propria quota in qualunque momento. «Ovviamente qui parlo a titolo personale, mi sembra però irrealistico che un gruppo di azionisti vada a proporre a terzi la partecipazione, credo che qualunque interlocutore prenderebbe seriamente in considerazione la cosa se questa facesse parte di un processo largamente condiviso», anche qui «con una sorta di accettazione da parte di Air France». L’ex compagnia di bandiera ha una certa urgenza economica, dopo gli oltre 700 milioni di perdite accumulate negli ultimi quattro anni che hanno consumato il miliardo immesso dalla cordata. «Tutti i soci hanno l’interesse di vedere una compagnia che riporti numeri confortevoli, che le consentano di svilupparsi. E per continuare il processo di normalizzazione iniziato quattro anni fa ci vogliono soldi». Giudica positivi lo scorporo e la trasformazione in società autonoma delle MilleMiglia. Ma serve un rilancio degli investimenti: più rotte e meno aerei in leasing. Per questo, sostiene Traglio, se «i nostri azionisti fossero disponibili a un aumento di capitale, avremmo un conto economico più confortevole». Aumento che l’ad Andrea Ragnetti vuole invece evitare. Negli ultimi anni hanno pesato, a crisi come «le inefficienze delle infrastrutture aeroportuali». Ma Traglio è certo: «Rifarei senz’altro tutto. È stata un’esperienza straordinaria dal punto di vista industriale, un turnaround entusiasmante in cui è stata rifondata la compagnia, con un risultato riconosciuto da tutti: sotto molti profili siamo più efficienti di Air France. Diverso il discorso sul piano economico...». Quanto vale oggi Alitalia? «Se facciamo un conto economico-patrimoniale probabilmente non tanto. Se facciamo invece un conto strategico di cosa vale una compagnia con un sottostante come il nostro Paese, in un contesto più normale e non disastroso come quello attuale, direi molto». Chissà che bagno di sangue sarà alla fine per i soci... Traglio non concorda: «Fin quando non vendo non ho perso nulla. La speranza è che nel giorno in cui dovessi cedere, il mio compratore valuti la qualità di quello che sto vendendo, non solo il conto economico».