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 2011  gennaio 13 Giovedì calendario

«L a mia è s t a t a un’infanzia libera, in mezzo a boschi e vallate, in un piccolo comune, Soprana, nel Biellese orientale

«L a mia è s t a t a un’infanzia libera, in mezzo a boschi e vallate, in un piccolo comune, Soprana, nel Biellese orientale. La natura per me è un mondo sconvolgente e appassionante». E quella passione, per Lucio Bordignon, è diventata mestiere. Un mestiere singolare, che da qualche anno lo porta a spasso per l’Italia a ricostruire habitat ideali per le farfalle. Nelle miniere dismesse, nelle cave a cielo aperto (ma anche in un giardino, in un parco oppure nell’orto) guarisce le ferite inflitte dall’uomo alla terra, piantando cespugli e fiori selvatici per aiutare il verde a riappropriarsi dei suoi spazi. E non solo: ciò che sceglie ha un obiettivo preciso, far tornare a volare lepidotteri dai nomi elaborati e dalle ali leggere: l’Icaro, il Macaone, la Vanessa. «Cinquanta, sessant’anni fa, la collina e la montagna erano tutte coltivate - spiega - la gente viveva di agricoltura e le farfalle volavano libere in un ambiente adatto alla loro riproduzione. La maggior parte di noi, sopra i 40 anni, può ricordare quanti prati e quante farfalle c’erano. Sui fiori i lepidotteri adulti succhiavano il nettare e delle erbe, schiuse le uova, si nutrivano i bruchi. Il trifoglio veniva coltivato regolarmente, una “pianta nutrice” importante per la riproduzione. Nelle cascine c’erano i letamai ai cui bordi crescevano le ortiche. Lì andavano a deporre le vanesse: la Vanessa atalanta, la Vanessa del cardo, quella dell’ortica e la Vanessa io. E poi c’erano i frutteti, ambiente ideale dove le farfalle adulte potevano suggere con la loro spirotromba i liquidi zuccherini della frutta matura. Insomma, le abbiamo lasciate vivere bene fino al boom industriale. Poi la gente è andata a lavorare in fabbrica e i prati sono diventati rari, abbandonati e invasi dal bosco, dove poche specie sopravvivono». Così Bordignon ha iniziato la sua crociata. Per la Minerali Industriali di Novara, gruppo che ha miniere a cielo aperto in tutta Italia, ha assunto l’incarico di coordinare i ripristini ambientali: nelle aree svuotate del minerale, rese nude e senza vegetazione, lui studia un progetto fattibile per ridare vita all’ambiente. «Se io ricreo un prato e ci semino le erbe giuste sono sicuro che in poco tempo le cose torneranno come prima. Il ginestrino, ad esempio, attirerà una piccola farfalla dal blu intenso, l’Icaro, mentre se metto a dimora la frangola, un modesto cespuglio che cresce nei terreni acidi, attirerò la Cedronella. La Pieride del biancospino gradisce il biancospino, la Vanessa multicolore il salicone, la Pafia le violette e così via. Serve anche l’orto: il Macaone cerca i finocchi e le Cavolaie, come indica il nome, amano volare sui cavoli. I semi delle varie essenze? I più rari me li procuro da uno specialista, in Alto Adige». Così a Curino, nel Biellese, dove la ditta Sasil gli ha affidato il compito di creare un parco per farfalle in una vecchia miniera, Bordignon è riuscito a far arrivare la Zerinzia, un raro e bell’insetto inserito nel «Libro rosso delle farfalle italiane»: tutto merito dell’aristolochia, la pianta nutrice di cui i suoi bruchi si nutrono. «Anche in un giardino - aggiunge - basta un presidio di pochi metri quadrati lasciati a incolto, in cui possano crescere fiori ed erbe selvatiche senza essere falciati, per attirare le farfalle». Ornitologo di trentennale esperienza, con progetti ambiziosi e censimenti condotti con l’Università di Milano (uno studio sulla cicogna nera in ambito nazionale, un’altro sugli uccelli acquatici) si è lasciato assorbire quasi totalmente dal mondo delle farfalle. «Mi piace mettermi in gioco con cose nuove. Passare dagli uccelli alle farfalle è stato naturale per me, hanno molte cose in comune: volano, migrano, sono misteriose. Ti riservano sempre sorprese perché compaiono improvvisamente. Inoltre sono magnifiche: mi sono innamorato dei loro colori e del fatto che portano la primavera. E poi mi ricordano l’infanzia passata a rincorrerle nei prati, così mi sembra di ritornare bambino. Ma soprattutto mi appassiona l’idea che abbiano bisogno del nostro aiuto, altrimenti spariranno. E io posso darglielo. È una soddisfazione vedere i risultati che si possono ottenere: a Curino, dove prima esisteva un fondo di miniera oggi vivono sessanta varietà diverse di farfalle».