Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  gennaio 13 Giovedì calendario

La Francia va alla guerra. Anzi, alle guerre, perché ieri l’Armée è stata impegnata su due fronti africani distanti cinquemila chilometri

La Francia va alla guerra. Anzi, alle guerre, perché ieri l’Armée è stata impegnata su due fronti africani distanti cinquemila chilometri. Il primo è il Mali, dove è caduto un elicotterista. Il secondo, la Somalia, dove un raid per liberare un ostaggio francese si è concluso con un fiasco, con la morte dell’ostaggio, un soldato ucciso e un altro disperso, probabilmente ferito e prigioniero. Il ministro della Difesa, Jean-Yves Le Drian, ha ripetuto che le due missioni «non sono legate». E anche François Hollande, che ha parlato in tivù per quattro minuti dopo aver presieduto il Consiglio di difesa, ha spiegato che la decisione di intervenire in Somalia era presa da giorni, cioè prima che diventasse urgente farlo in Mali. Ma certo la coincidenza colpisce. Sul blitz somalo si sono succedute per tutta la giornata notizie contraddittorie. L’obiettivo era liberare Denis Allex (ma si tratta di un nome falso), un agente della Dgse, i servizi segreti, sequestrato a Mogadiscio più di tre anni e mezzo fa. Il 4 ottobre, Allex era stato esibito in video mentre, emaciato e provato, leggeva un appello a Hollande. Però, secondo Parigi, i rapitori jihadisti hanno sempre rifiutato di trattare. Nella notte di venerdì, quattro elicotteri hanno sbarcato i commandos francesi a Bulomarer, 110 chilometri a Sud di Mogadiscio. Ma la resistenza si è rivelata forte. Per Le Drian, «tutto fa pensare» che l’ostaggio sia stato abbattuto dai suoi carcerieri. Il ministro ha parlato di un uomo delle forze speciali caduto e di un altro disperso, il che accredita la versione dei rapitori di aver fatto prigioniero un francese. Hollande ha invece detto che sono morti due soldati e «senza dubbio» l’ostaggio. Secondo i rapitori, Allex è vivo e «sarà giudicato» entro due giorni. I francesi hanno ucciso 17 islamisti. In ogni caso, un insuccesso, come peraltro il blitz precedente, l’8 gennaio 2011 in Niger, con nove morti: oltre ai due rapiti, quattro rapitori e tre soldati nigerini. In Mali, invece, è caduto il tenente Damien Boiteux, colpito all’arteria femorale da una raffica di mitra mentre, a bordo del suo elicottero Gazelle, attaccava una colonna islamista. Il Gazelle è riuscito ad atterrare, l’equipaggio è stato recuperato ma l’apparecchio è perduto. L’operazione francese, battezzata «Serval» come un felino del deserto, si compone di due parti. Una aerea, con i bombardamenti di quattro Mirage basati in Ciad e degli elicotteri schierati in Burkina Faso. L’altra terrestre, con qualche decina di specialisti al fronte e «alcune centinaia» di fanti di marina che presidiano la capitale Bamako per proteggere i circa 6 mila francesi che ci vivono ma anche per puntellare il traballante regime del presidente Dioncounda Traoré. Con l’appoggio aereo francese, ieri le forze lealiste sono passate al contrattacco. Hanno ripreso ai tre gruppi jihadisti coalizzati (Mujao, Al Aqmi e Ansar Dine) la città di Konna e ucciso un centinaio di miliziani. Hollande ha parlato di «pesanti perdite» inflitte ai terroristi. Bamako è ormai in sicurezza. Ma per riprendere il Nord del Mali, applicare la risoluzione 2085 dell’Onu ed eliminare la minaccia sulle miniere di uranio del Niger, fondamentali per il nucleare francese, ci vogliono altre forze. Per questo Parigi moltiplica le pressioni sugli alleati africani, che presto invieranno i loro contingenti. Ieri Hollande ha anche visto Barroso, ma dall’Europa sarà improbabile ottenere qualcosa di più che un appoggio politico. Di certo, non sarà un’operazione breve. Ma per ora tutti i partiti, tranne quelli dell’ultrasinistra, appoggiano il Presidente. Problema nel problema, la sorte degli otto ostaggi francesi nelle mani di Al Qaeda nel Sahel. Giornali e televisioni ospitano le angosciate testimonianze dei familiari, peraltro divisi sull’ipotesi di tentare altri colpi di forza per liberarli. Il portavoce di Ansar Dine ha minacciato rappresaglie «non solo per gli ostaggi ma anche per tutti i cittadini francesi, ovunque essi siano». Da ieri, in Francia il piano anti-terrorismo Vigipirate è al livello scarlatto: il massimo.