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 2009  novembre 19 Giovedì calendario

NAPOLI —

«Gli ho pulito il pesce: così lui lo mette in frigo e poi lo mangia fresco fresco». Così la madre di Costanzo Apice, l’uomo che la Procura ritiene l’assassinio del video choc, chiacchierava con la donna incaricata di portare i rifornimenti all’omicida in fuga. Sono state le intercettazioni a guidare i carabinieri alla casa di Castel Volturno in cui Apice si nascondeva assieme alla moglie incin­ta. Il blitz è scattato ieri mattina; il fermo, rivendi­ca la Procura in un comunicato, è stato possibile «anche in virtù della diffusione del filmato che ri­produceva la consumazione del crimine». Il gip di Santa Maria Capua Vetere valuterà se convalidare o no il fermo; la somiglianza tra Apice e il killer ripreso dalle telecamere, comunque, è impressio­nante.

Piccolo spacciatore - Costanzo Apice ha 27 anni e, finora, era cono­sciuto solo come spacciatore per conto del clan Sacco — Bocchetti di Secondigliano. Ora, invece, alla luce degli elementi raccolti, gli investigatori credono che il giovane abbia fatto parte del grup­po di fuoco del clan: guardando il video, del resto, si intuisce che è disinvolto e sicuro mentre spara. La sua cattura mette fine a una violenta polemica sull’opportunità di diffondere il video dell’omici­dio Bacio Terracino. La decisione della Procura era stata criticata da molti, incluso il ministro Maroni. Lepore, invece, l’aveva difesa con ostinazione: «Speriamo che in futuro non ce ne sia più biso­gno. Ma se la diffusione delle immagini di un omi­cidio fosse l’unico sistema per assicurare un assas­sino alla giustizia, io lo rifarei».

Il confidente giusto - Ieri, in Procura, il clima era più disteso: la scelta del pm Sergio Amato e dell’aggiunto Alessandro Pennasilico, infine, ha pagato. Nel pantano in cui era finita l’indagine qualcosa si è mosso: il giorno dopo la diffusione del filmato, un confidente ha fatto il nome giusto alla squadra mobile; due gior­ni dopo, il killer in fuga è stato individuato a Ca­stelvolturno dai carabinieri del comando provin­ciale. Era tenuto d’occhio: nel frattempo, i familia­ri parlavano tra loro e fornivano inconsapevol­mente agli investigatori gli elementi per incastrar­lo. Ieri mattina il blitz, coordinato dal maggiore Lo­renzo D’Aloia e dal colonnello Giancarlo Scafuri.

Molti indizi contro - Contro Apice, ritiene la Procura, ci sono ora nu­merosi elementi probatori: le comparazioni antro­pometriche fatte dalla Scientifica; la testimonian­za del collaboratore di giustizia Salvatore Vizioli, raccolta dal pm appena un giorno prima dell’arre­sto; ma, soprattutto, le intercettazioni ambientali disposte subito dopo la diffusione del video. La so­rellastra della moglie del killer ha parlato col mari­to, detenuto in carcere: «Hai visto Babà che ha fat­to, si è messo in un maledetto guaio» (Babà, ovvia­mente, è il soprannome dell’indagato).

La confidenza del padre - Il padre di Apice, mentre era in auto con un ami­co, si è spinto ancora più oltre: «Se lo sono canta­to, è stato mio figlio a sparare, è lui quello del vi­deo ». I parenti del giovane stavano cercando di far­lo costituire e confessare, per risparmiargli l’erga­stolo. La madre era preoccupata: «Ci vuole un av­vocato che non sia del ’sistema’, se no se lo vendo­no ». In nessuna conversazione, però, qualcuno dei familiari ha espresso una parola di pietà o di­spiacere per Mariano Bacio Terracino. Diverse, ov­viamente, le cose che i familiari del giovane han­no detto ieri sera ai giornalisti che attendevano di vederlo uscire dalla caserma «Pastrengo», sede del comando provinciale dei carabinieri: «Non è lui l’assassino. È un errore di persona. Costanzo è di corporatura minuta, mentre nelle immagini si vede in azione un uomo grosso, che ha il cuore di pietra».

Movente ancora incerto - Se Apice deciderà di confessare, si farà final­mente chiarezza sul movente dell’omicidio avve­nuto nei vicoli della Sanità lo scorso maggio. Per ora, il movente più attendibile resta quello di una vendetta tardiva per l’omicidio del boss Gennaro Moccia, assassinato a metà degli anni Settanta. Del gruppo di killer, l’unico rimasto in vita era Ba­cio Terracino. Noto soprattutto come rapinatore di banche con la tecnica del buco, il pregiudicato era stato assolto dall’accusa di avere ucciso Moc­cia, boss di Afragola; l’ipotesi degli investigatori è che, invece, il clan lo ritenesse responsabile e lo abbia punito dopo tanto tempo proprio per dimo­strare che chi sbaglia, anche se tardi, paga. Sulla vicenda è intervenuto il governatore, An­tonio Bassolino: «La cattura del killer della Sanità è un fatto molto positivo. È la dimostrazione che Napoli sa affrontare i suoi problemi senza nascon­derli. Quest’arresto è anche una forte iniezione di fiducia nello Stato per tanti cittadini ed in partico­lare per quelli che vivono in aree difficili. Compli­menti alle forze dell’ordine e alla magistratura per il lavoro svolto», conclude Bassolino.

Titti Beneduce