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 2012  novembre 17 Sabato calendario

Siamo pronti per andare in analisi, forse. Tutti, collettivamente, l’Italia intera. Psicoanalisi di una nazione

Siamo pronti per andare in analisi, forse. Tutti, collettivamente, l’Italia intera. Psicoanalisi di una nazione. No, non dal terapeuta: come potrebbe un Paese impoverito ed esasperato, rabbioso e allo stremo – il Paese che abbiamo sotto gli occhi, quello che urla dalle piazze la sua povertà di prospettive e di mezzi – come potrebbero una studentessa fuori sede, un operaio senza lavoro, un poliziotto da milletrecento euro al mese, una coppia di impiegati in attesa del secondo figlio permettersi il lusso economico e la fantasia di spendere centinaia di euro dall’analista? Sono nel pieno di una crisi che so tradurre solo in rabbia, distruzione, masochismo: dottore, mi aiuti. Impossibile, persino inconcepibile. Però invece un luogo c’è, una stanza dell’analista alla portata di tutti esiste: ce l’abbiamo in casa, costa relativamente poco. È la tv. Ha fatto molti danni, è vero. Basta usarla in un modo diverso. È un elettrodomestico, in fondo, come il frigo. Basta riempirla di un cibo diverso. Una buona pietanza al posto di un precotto ammuffito. Una tv buona maestra, una tv di cura. Si può andare in analisi spingendo un tasto del telecomando? Siamo pronti a rinunciare alle risse e alle soap, alla tv-verità dei casi da circo per chiuderci in una stanza, invece, e parlare, solo parlare e ascoltare noi stessi? Qualcuno pensa di sì. Qualcuno che produce tv in questo Paese e che tiene d’occhio quel che accade là fuori, sì, ma anche il business, certo. Buoni propositi e buoni profitti. È il momento, dicono. Siamo pronti. Dunque si parte, sette anni dopo l’originale, con la versione italiana di un format tv israeliano che ha avuto un successo strepitoso nei paesi, molti, un cui è stato esportato. La versione primitiva, quella di Hagai Levi, è del 2005: si chiama Be Tipul. Quella americana, In treatment, diretta da Rodrigo García, figlio di Gabriel García Márquez, protagonista Gabriel Byrne, va in onda su HBO, è alla terza stagione, ha vinto due Emmy e un Golden Globe. L’hanno replicata in Sudamerica e in Europa dell’Est. Ora arriva in Italia. È il tempo. «È in crisi il Paese, è in crisi la tv. Questo è il momento di guardare l’Italia attraverso gli occhi di una ragazzina con istinti suicidi, di una coppia in crisi, di un poliziotto che non sa far pace con se stesso. È il momento della parola, della cura. Della tv che cura », dice Lorenzo Mieli, che insieme a Mario Gianani con Wildside produce la serie che andrà in onda su Sky, sponsor Andrea Scrosati, a partire da marzo. Tutti i giorni, per sette settimane, mezz’ora al giorno in seconda serata. In cura, in terapia. Sotto trattamento. Non sappiamo, naturalmente, se il pubblico italiano risponderà come quello americano. Non sappiamo se davvero siamo pronti per guardarci dentro prima di guardare fuori. L’investimento, tuttavia, è imponente. Grande cast, regista da cinema d’autore. Sarà Saverio Costanzo ( Private, In memoria di me, La solitudine dei numeri primi) a dirigere un gruppo di interpreti che va da Sergio Castellitto a Valeria Golino, da Licia Maglietta a Valeria Bruni Tedeschi. La struttura è quella di una soap. Tutti i giorni dal lunedì al venerdì, due puntate “verticali”, riassuntive, il sabato e la domenica. Un paziente al giorno. Come set una stanza. L’analista è Castellitto (dopo che per lunghi mesi si era parlato di Nanni Moretti, la scelta è stata infine questa), sposato con Valeria Golino. Giovanni, il terapeuta, il lunedì riceve Sara – Kasia Smutniak – disorientata seduttrice compulsiva, il martedì Dario – Guido Caprino – un poliziotto infiltrato responsabile della morte di una bambina (nell’originale un soldato che ha sparato su una scuo-la), il mercoledì una ragazzina che studia danza e che forse si fa male da sola, forse corteggia il suicidio, l’esordiente Irene Casagrande figlia di una madre che ha il volto di Valeria Bruni Tedeschi. Il giovedì una coppia borghese in crisi, Adriano Giannini e Barbora Bobulova, il venerdì la seduta di supervisione del terapeuta con l’analista che gli fa da guida, Licia Maglietta. È naturale che Castellitto-Giovanni, colui a cui tutti gli altri si affidano perché risponda ai loro bisogni (conflitto e negazione, amore e passione sono le coppie di parole chiave) sia colui che più di ogni altro riassume in sé il senso della crisi di tutti e di ciascuno. Del paese in cui viviamo, delle vite che facciamo, del destino che ci è dato e che ci diamo. Per sette settimane, per quasi due mesi, ogni sera. In tv, che è l’unica stanza di cui ognuno dispone. Gli episodi della serie Usa sono oggetto di studio nei corsi di psicologia alla Sapienza, gli studenti li portano agli esami e spiegano di cosa hanno bisogno e perché le persone in cura. Chissà se la versione italiana saprà dire qualcos’altro ancora di cosa siamo diventati, noi quaggiù, e di dove stiamo andando.