Marco Ansaldo, la Repubblica 11/10/2012, 11 ottobre 2012
LA MEMORIA PERDUTA DEL CONCILIO [I
documenti smarriti dall’Archivio cinquant’anni dopo il “Vaticano II”] –
CI SONO 1494 buste inventariate su 2153 totali. Gli autografi dei due Papi che hanno aperto e chiuso i lavori (Giovanni XXIII e Paolo VI). Gli scritti dei tre futuri Pontefici (Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e l’attuale Benedetto XVI). I testi, spesso manoscritti, di cardinali, vescovi, periti, uditori e anche di alcuni futuri beati. Mancano però — e questo è il punto dolente — due documenti fondamentali: il registro di protocollo della commissione teologica, e il registro della commissione “De doctrina fidei et morum”. Vale a dire di due delle commissioni conciliari di maggiore importanza. Dentro vi si dovrebbe trovare tutta la corrispondenza in entrata e in uscita, con segnati il giorno, il numero di protocollo, il tipo di ufficio, la data di ricezione delle lettere. Una serie di dati destinati a offrire, dal punto di vista storico e archivistico, completezza e unità
alle carte catalogate.
Dove sono finiti questi documenti? È possibile che, a cinquant’anni di distanza, non siano state ritrovate alcune carte di rilievo capitale per ricostruire i lavori del Concilio Vaticano II, di cui proprio oggi si celebra il mezzo secolo dall’apertura? Un evento che segnerà profondamente la vita della Chiesa cattolica, il maggiore avvenimento religioso del Novecento, capace di portare una ventata nuova, che spira tutt’oggi, sotto il profilo della libertà religiosa, dell’ecumenismo, della riforma della liturgia.
«Succede», dice Piero Doria, archivista prìncipe e braccio destro su questo fronte del prefetto a capo dell’Archivio Segreto Vaticano, monsignor Sergio Pagano. Doria è da più di dieci anni intento a catalogare i testi originali della colossale assemblea religiosa che segnerà una scossa nel mondo, persino tra i non credenti, durata dal 1962 al ‘65, con la più numerosa riunione di vescovi cristiani mai registrata nella storia. «Purtroppo — spiega l’archivista — nei lunghi anni dei lavori è accaduto, soprattutto per i segretari delle commissioni, di portarsi a casa il lavoro e,
quindi, le carte d’ufficio. In alcuni casi queste carte sono andate perse, altre volte fortunatamente sono state recuperate».
Dentro le stanze dell’Archivio Segreto Vaticano, un luogo dove ancor di più il silenzio e la rarefazione delle voci raggiungono il massimo grado, Doria affronta la sua sfida con una mole enorme di documenti assumendo un tono pacato. Il suo appello ai ricercatori, lanciato più volte, ma nella maniera morbida che è la regola della Casa, lo ha fatto ancora pochi giorni fa, il 3 ottobre, al convegno internazionali di studi, «Il Concilio Ecumenico Vaticano II alla luce degli archivi dei Padri conciliari», svoltosi in Vaticano al Pontificio Comitato di Scienze Storiche. «Nel corso della presente relazione — ha detto Doria, salito al palco subito
dopo la prolusione del cardinale Angelo Scola — non ripeterò quanto già detto in altre sedi nel corso del presente anno sulle molte luci e anche su alcune ombre che caratterizzano la documentazione presente nell’Archivio».
«Molte luci», dunque. Ma anche «alcune ombre». Perché difatti, come l’esperto archivista aveva in un articolo del maggio scorso sull’Osservatore
Romano,
«furono manipolati gli stessi originali, in quanto che non esisteva una efficiente macchina per fotocopie. Spesso l’ordine dei raccoglitori veniva manomesso e ristabilito più volte, in quanto gli incaricati della correzione delle bozze prelevavano i documenti necessari, senza avvertire affatto l’archivista».
Per fortuna altri documenti sono stati recuperati. Come le carte della commissione preparatoria «De sacra liturgia», ritrovate presso monsignor Annibale Bugnini, segretario della sezione. Restano però accumulati documenti ancora inesplorati. Fogli di enorme valore per comprendere
lo spirito di quell’evento.
Le «molte luci» riguardano invece la documentazione del Concilio acquisita nel 2000 e presente oggi nell’Archivio Segreto Vaticano. Monsignor Pagano e il dottor Doria se ne occupano con amorevole passione da allora, assieme al bibliotecario emerito, cardinale Jorge Maria Mejìa. Tra gli scritti ben conservati c’è ad esempio la Bolla di indizione del Concilio (25 dicembre 1961). Quella di chiusura scritta da Paolo VI (che inizia con la formula «Ad perpetuam rei memoriam, in Spiritu Sancto…», dell’8 dicembre 1965). E soprattutto la firma dell’arcivescovo Marcel Lefebvre («Marcellus Lefebvre, Archepiscopus») il quale sottoscriveva i lavori finali decretati in latino dai Padri conciliari. Eppure il prelato ribelle aveva in precedenza votato «non placet», rifiutandosi dunque di dare il suo assenso alle conclusioni delle commissioni. Com’è noto, il Concilio causerà infine uno scisma tra la Chiesa di Roma e i lefebvriani.
Nell’Inventario, oltre alle carte già citate, è presente tutta la corri-È
spondenza, gli studi dei Padri conciliari, gli articoli di stampa. E poi i libri, le Lettere pastorali, i verbali delle riunioni, i testi delle conferenze. Quindi le fotografie: di Giovanni XXIII, di Paolo VI, dell’Aula conciliare, dei cardinali moderatori, del Consiglio di presidenza, del segretario generale, delle udienze pontificie, delle conferenze stampa, di singoli vescovi e
periti, della strumentazione utilizzata per il conteggio dei voti. Piero Doria dice che ora è anche stata decisa la pubblicazione dell’intero Inventario, per un numero complessivo di quasi 7500 pagine. Ben sistemate ci sono poi le bobine delle 7 sessioni della Commissione centrale preparatoria, in via di rigenerazione da parte della Radio vaticana. Il Servizio informatico
ha assicurato sui Cd le registrazioni audio delle Congregazioni generali e della Commissione teologica. E il laboratorio fotografico ha digitalizzato il Diario manoscritto di Sebastiano Tromp, segretario di quella Commissione e della «De doctrina fidei et morum».
Una mole impressionante di materiale. Che genera orgoglio, e anche una punta di rimpianto. Le carte perdute si potranno mai più ritrovare? «Gli smarrimenti direi che sono quasi fisiologici — risponde Doria — colpiscono qualsiasi raccolta documentaria, e chi ha un minimo di pratica degli archivi comprende benissimo cosa intendo dire. Poi quando parliamo del Concilio Vaticano II dobbiamo mettere in conto il grande lavoro svolto da poche persone in pochissimo tempo». La speranza è, come nel caso di monsignor Bugnini, che qualche fascicolo perduto riemerga. E che il puzzle di carte di quel grande evento mondiale che fu il Concilio Vaticano II si ricomponga un giorno definitivamente