Paolo Lambrusci, Avvenire 10/10/2012, 10 ottobre 2012
CLOCHARD, L’ESERCITO DI 50 MILA INVISIBILI
Non si finisce sulla strada per caso e in Italia ci sono finite più di 50mila persone, lo 0,2% della popolazione. Da ieri sappiamo anche chi sono. La cifra è ufficiale, garantita dalla prima ricerca dell’Istat sui senza dimora condotta con il Ministero delle politiche sociali, la Caritas Italiana e la Fiopsd, la federazione italiana delle persone senza dimora, che ha descritto anche le cause della povertà estrema. L’istituto di statistica ha scattato la prima fotografia ufficiale degli ultimi della fila distribuendo le schede del censimento in mense e dormitori di 158 comuni italiani. Dalla rilevazione emerge che la maggioranza vive nel ricco nord, che a sorpresa la capitale dei senza dimora è diventata Milano con 13mila persone (se ne stimavano 5000), che ha superato Roma (7800 schede contro le 6000 attese) mentre Palermo è terza in questa triste classifica con oltre 3000 persone.
Il 60% dei senza dimora nel Belpaese è rappresentato da stranieri mediamente più giovani degli italiani, con titoli di studio più elevati (uno su dieci è laureato) e permanenze inferiori ai sei mesi sulla strada contro i due anni e mezzo della media complessiva. Le cittadinanze più diffuse sono la rumena, la marocchina e la tunisina, le etnie più legate al lavoro sommerso, domestico o stagionale in campi e cantieri.
Lo studio, che non ha conteggiato i rom, conferma che non ci sono scelte romantiche, ma una concreta mancanza di alternative a disoccupazione e separazione dietro la caduta di uomini (quasi il 90% degli homeless) e donne (in tutto sono 6200 e sono in crescita) nel pozzo della grave emarginazione. La conta rileva che il 62% delle persone senza dimora ha infatti perso un lavoro stabile e il 60% si è separato da coniuge e figli. Ma il 75% degli stranieri riesce comunque a tenere contatti via Internet o telefono con i famigliari mentre tra gli italiani solo la metà tiene ancora contatti. L’identikit dell’Istat disegna gli homeless come uomini soli, under 45 - con un certo abbassamento dell’età - e con la sola licenza media inferiore. Quasi i due terzi prima di diventare senza dimora vivevano nella propria casa, che poi hanno perduto. Circa un terzo lavora saltuariamente, percentuale che scende al 25% per le donne mentre neppure un decimo chiede l’elemosina. Il 40% riceve anche aiuti dalla famiglia e il resto vive grazie alla carità sui territori. Ben pochi hanno accesso ai servizi sanitari mentre molti convivono con disagio psichico e dipendenze e hanno conosciuto il carcere. Si chiama multifattorialità in gergo, ma nessuno può mettere in fila le cause della povertà estrema. La crisi ha comunque inciso sulla quantità.
«Per la prima volta puntiamo l’attenzione su queste persone per troppo tempo lasciate all’oscuro – ha sottolineato il presidente dell’Istat Enrico Giovannini – e anche se non ci sono confronti con il passato sappiamo che in molti casi le persone diventano senza dimora dopo aver perso il lavoro. Quindi anche in assenza di dati, si può dire che un legame con la crisi c’è».
In ogni caso chi governa ora non ha più alibi, a cominciare dall’arretratezza delle politiche sociali. «Non si diventa senza dimora per caso – ha concluso il sottosegretario alle politiche sociali Maria Cecilia Guerra – si tratta di percorsi in cui tutti potremmo incorrere, perché legati alla separazione del nucleo familiare o alla perdita del lavoro con conseguenze drammatiche. Rispetto a questo nelle politiche sociali siamo molto indietro e in difficoltà. Ma non ci si può limitare ai trasferimenti monetari, bisogna accompagnare le persone in difficoltà attraverso l’inserimento lavorativo e l’inclusione sociale».
Non sentiamoci mai al sicuro.