Marco Zatterin, la Stampa 10/10/2012, 10 ottobre 2012
TOBIN TAX, ARRIVA IL SÌ ITALIANO
Anche l’Italia tasserà le transazioni finanziarie, con ogni probabilità già dall’anno prossimo. Non senza qualche batticuore, il governo Monti ha deciso di partecipare all’iniziativa messa in piedi da Francia e Germania per introdurre la Tobin Tax, il prelievo sui movimenti di capitale che prende il nome dall’economista americano che per primo la propose nel 1972. Constatata l’impossibilità di trovare una intesa a Ventisette, l’imposta volerà a undici con una «cooperazione rafforzata», strumento che consente di aggirare il vicolo dell’unanimità. In novembre la Commissione presenterà una proposta di testo. Si parte nel
2013, il gettito andrà nei tesori nazionali.
La Tobin Tax ha ragioni etiche e di bilancio. I sostenitori ricordano che da inizio crisi gli stati europei hanno speso 4,5 mila miliardi per tenere in piedi il sistema bancario che, per buona parte, ha provocato il tracollo della finanzia e innescato la recessione. I detrattori paventano la fuga degli istituti di credito verso i paesi non tassanti, ma anche effetti perniciosi per il collocamento dei titoli di stato e il costo dei servizi. Comunque sia il ministro del Tesoro, Vittorio Grilli, s’è l’è già rivenduta alle parti sociali, assicurando che «sarà una delle fonti di gettito per la leggi di Stabilità».
Ancora lunedì pomeriggio, vigilia della riunione Ecofin svoltasi in Lussemburgo, gli italiani apparivano incerti. Non erano contrari come lo era governo Berlusconi. Eppure non riuscivano a dirsi favorevoli: pensavano d’attendere per vedere la tassa in un pacchetto di più ampio respiro che comprendesse la vigilanza bancaria unica e il rafforzamento del governo dell’Eurozona. Francia e Germania spingevano invece con forza, innervosite dal fatto di avere solo sei firme per la cooperazione rafforzata. Dalle parti dei tedeschi si registrava insofferenza per il mercanteggiare apparente dai nostri.
Lunedì sera - vertice multimediale col premier Monti - i ministri Moavero, Grilli e i tecnici hanno rotto gli indugi. La fumata bianca di cui ha dato conto ieri mattina, poi comunicata ai ministri Ecofin. A quel punto si scopriva che i soci del Club Tobin erano diventati undici, con gli spagnoli e gli slovacchi. Decollare diventava possibile, alla faccia dei contrarissimi finlandesi, inglesi e olandesi. Secondo le stime, la tassa raccoglierà 57 miliardi l’anno, con un’aliquota dello 0,1% sui valori azionari e obbligazionari e dello 0,01 sui derivati. Il presidente della Bce Mario Draghi ha detto al Parlamento europeo che «la crisi di fiducia dell’Eurozona è ancora presente» e che «alcuni fattori sono migliorati, ma la strada resta lunga e in salita».
La soluzione pare il proseguimento deciso delle riforme strutturali, ma anche i progressi sulla revisione dell’architettura dell’Eurozona sulla quale ieri ha lavorato con Commisisone, Consiglio e Parlamento. La sua preoccupazione primaria è la supervisione bancaria che gli sarà affidata presto. Gli pare «molto importante», che s’inizi dal gennaio 2013, anche se «ci vorrà un anno» perché l’Eurotower sia a regime. «Ci sarà una gradualità di partenza» suggerisce la bozza di conclusione del vertice europeo del 18-19 ottobre circolata ieri sera, in cui i Ventisette ribadiscono l’impegno ad accordarsi entro l’anno. L’Ecofin ha ribadito le tensioni fra chi è dentro e fuori l’Eurozona, l’intesa sulla Tobin Tax dimostra che, se c’è la volontà, si chiude. La pioggia di consensi vista ieri - dal Pd alle Acli passando per Pdl ed Idv - è la prima realmente bipartisan che Monti incassa da parecchi mesi.