Teodoro Chiarelli, la Stampa 9/10/2012, 9 ottobre 2012
DA OGGI LA BARILLA SI FA IL SUGO IN CASA
Questa è la dimostrazione che è possibile investire sulla qualità in Italia con un’ottica internazionale». Scandisce bene le parole e non nasconde commozione e orgoglio, Guido Barilla, presentando il nuovo stabilimento del gruppo di famiglia. Quaranta milioni di investimento per la neonata fabbrica dei sughi. Un segnale importante in tempi di crisi. Un nuovo motore per l’industria alimentare italiana. Qui a Rubbiano, provincia di Parma, nel cuore della food valley italiana, dove la storia di Barilla è iniziata più di 135 anni fa da una bottega che produceva pane e pasta. E a sottolineare l’importanza dell’evento, la presenza del presidente del consiglio, Mario Monti, insieme a tanti ospiti: amministratori pubblici, imprenditori, uomini di sport come Alex Zanardi e Paulo Roberto Falcao.
«Celebriamo un monumento all’industria - dice Guido Barilla, guardando i fratelli Luca e Paolo e la madre Marilena - Perché non c’è industria senza uno stabilimento. La fabbrica è il simbolo, la massima espressione del fare. Ed è l’opposto del dire. Credo che mio padre Guido ne sarebbe fiero». Parla di impegno, scommessa e sfida il presidente della Barilla. Di un nuovo propulsore utile per correre nei mercati internazionali. Perché se ricetta, persone e tecnologie sono tutte “made in Italy”, le vendite punteranno molto sull’estero, con l’obiettivo di conquistare mercati come Brasile e Cina. Anche se lavorare in Italia non è facile. Non tanto per le maestranze (anzi, Barilla esalta l’impegno e la professionalità dei suoi dipendenti: «Senza di loro non saremmo qua»), quanto per gli handicap del Paese. «Se la Barilla fosse in Francia spiega - spenderebbe ogni anno 30 milioni di euro in meno per l’energia. In dieci anni fanno 300 milioni: pensi che cosa potremmo fare, quanti investimenti realizzare, solo con questo risparmio. Quando si dice che investire in Italia non è facile, è a cose come queste che bisogna pensare».
Ciò detto, Barilla in Italia è fortemente radicata e da qui vuole sempre partire per competere nel mondo. I numeri dicono che è una delle poche multinazionali tricolori con le dimensioni adeguate a reggere la competizione: 13 mila dipendenti nel mondo, 3,9 miliardi di euro di fatturato, 41 siti produttivi (13 in Italia), 2,5 milioni di tonnellate di beni alimentari prodotti, esportazioni in 100 Paesi. Solo a Parma, nello stabilimento di pasta più grande al mondo, vengono prodotti ogni anno 170 mila chilometri di spaghetti, pari a quattro volte il giro della terra.
Dopo 40 anni di produzione di sughi attraverso partner esterni, con il nuovo stabilimento quello che è il classico complemento della pasta torna ad essere fatto “in casa”. Una scelta strategica importante, per avere sempre più il controllo del core business. Lo stabilimento ha una superficie di 60mila mq, di cui 15mila coperti. Due le linee produttive per 24 diverse ricette: sughi a base di pomodoro (con una produzione media giornaliera di 160 tonnellate) e pesti (75 tonnellate). In totale la capacità produttiva sarà di 60mila tonnellate all’anno, 35mila al momento del lancio.
Avanzata anche la tecnologia (hot filling) sviluppata internamente dagli esperti della multinazionale parmense. I dipendenti saranno in media 120 a regime,96 al momento dell’apertura. Le materie prime arrivano per il 74% dall’Italia e per il 26% dall’estero, fatta eccezione per pomodoro e basilico, entrambi italiani al 100%. In particolare il basilico impiega in media due ore dal momento della raccolta all’inizio della sua lavorazione nello stabilimento.