Gian Antonio Orighi, la Stampa 9/10/2012, 9 ottobre 2012
CATALOGNA COME IL KOSOVO RAJOY: INTERVENGA L’EUROPA
Kosovo docet. L’indipendentismo catalano scopre apertamente le sue carte e il premier conservatore Mariano Rajoy gioca d’anticipo con l’Unione europea chiedendo, con una lettera a Bruxelles, una posizione univoca sul futuribile (e illegale) «adéu» di Barcellona alla Spagna. Il separatismo di Barcellona ha segnato, l’altro ieri, un gol storico con la sua clamorosa richiesta di «Independencia» cantata a squarciagola dagli 85 mila tifosi riuniti nel Camp Nou per la partita Real Madrid-Barcellona, dove ha esibito un colossale mosaico coi colori della regione catalana. «Il Camp Nou danneggia il marchio Spagna e l’immagine del nostro Paese», ha commentato, molto preoccupato, il ministro degli Esteri, García Margallo.
Il presidente regionale uscente, il leader nazionalista di centro-destra della Ciu, Artur Mas, al potere dal 2010, ha convocato elezioni regionali anticipate per il prossimo 25 novembre. Promettendo un referendum di autodeterminazione, che però è proibito dalla Costituzione post-franchista del 1978. La Spagna, che da sempre ha in casa i separatismi baschi e catalani, non vuole fare la fine della Serbia, dove il Kosovo ha proclamato unilateralmente l’indipendenza, e se l’è vista riconoscere da 91 dei 193 Paesi dell’Onu (ma non da Madrid, anche se premier era il socialista Zapatero).
Le prime avvisaglie di una internazionalizzazione dello scontro ci sono già. L’autorevole quotidiano «La Vanguardia», la principale portaerei mediatica di Mas (però in castigliano), scriveva lo scorso 5 ottobre: «Una delegazione del Parlamento tedesco è in viaggio per Barcellona per studiare la nuova situazione politica». Quasi un riconoscimento implicito che la Catalogna potrebbe andarsene.
Rajoy ha richiesto a Bruxelles di essere chiara su una possibilità che, a prima vista, sembrerebbe esclusa dall’articolo 4.2 del Trattato dell’Unione Europea. Sia il presidente della Commissione, José Barroso, che il suo portavoce, Olivier Bailly, hanno avvertito la Catalogna dei rischi dell’indipendenza: «Se Barcellona se ne andasse dalla Spagna, rimarrebbe fuori dalla Ue e dovrebbe rinegoziare al sua adesione».
La Commissaria alla Giustizia, Viviane Reding, ha detto invece il contrario a un giornale di Siviglia: «La legislazione internazionale nulla dice sull’obbligo per un nuovo Stato, che si dichiari indipendente, di abbandonare gli organismi internazionali». In pratica, una possibile luce verde alla Catalogna nuovo Stato Ue.
Intanto, la situazione si avvita sempre di più. E non a favore della Catalogna che, indebitata fino al collo, mentre scommette per l’indipendenza, chiede all’odiata Madrid 5 miliardi di aiuti perché non riesce a sopravvivere. Un sondaggio di ieri dell’Istituto Cis rivela che il 24,5% degli spagnoli vorrebbe che il potere delle regioni (attualmente il 50% dell’irpef, il 50%dell’Iva, il 58% delle imposte speciali, competenze su Educazione, Trasporti, Sanità. Giustizia - e pure Polizia regionale per Euskadi, Navarra e Catalogna), tornasse allo Stato centrale.
Il Señor Mas, che assicura che la Catalogna indipendente sarebbe tra i primi 12 Stati della Ue, ha cambiato però la sua posizione dopo il no di Rajoy al patto fiscale, ossia la possibilità che la sua regione riscuota le tasse e poi ne versi una parte alle casse statali. Rajoy gli ha risposto picche, anche perché gli costerebbe 11 miliardi di euro, che non ha (la Spagna sta per chiedere il secondo salvataggio alla Ue), mentre lui abbasserebbe così dall’attuale 8% al 4% il fondo di solidarietà regionale.
Mas ha ereditato un debito di 32 miliardi, ma in un anno l’ha aumentato di altri 10, mentre le agenzie di rating qualificano i suoi Bond regionali come spazzatura. La sua forza è una manifestazione (pilotata dal suo governo e dai media catalani) che ha visto lo scorso 11 settembre 500 mila persone in piazza dietro lo striscione «Catalogna nuovo Stato d’Europa».