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 2012  ottobre 09 Martedì calendario

LISSNER SE NE VA MA CHI SARÀ ALL’ALTEZZA DELLA SCALA?


E ADESSO? «In accordo col Presidente della Repubblica e col primo ministro, Aurélie Filippetti, ministra della Cultura e della comunicazione, propone la nomina di Monsieur Stéphane Lissner come “directeur délégué” dell’Opera Nazionale di Parigi». Lui, sino alla fine di ottobre del 2015 sovrintendente alla Scala, contentissimo, i suoi fan immalinconiti, i suoi detrattori già pronti alla pugna melodicopolitica- affaristica, per reimpossessarsi di un teatro che con alla testa un francese insensibile alle nostre abitudini litigiose e mercantili, gli era sfuggito di mano.
Se non le avessero fatto una vera e propria guerra, sarebbe rimasto
alla Scala?
«No, ma non per gli attacchi di cui sono stato bersaglio e che mi hanno lasciato indifferente. Avrei potuto andarmene prima, quando mi chiamarono a Madrid e a Berlino, ma occuparmi della Scala era troppo interessante, entusiasmante: però adesso, dopo dieci anni di lavoro, è ora di cambiare. Per me, ma anche per il Piermarini, che come tutti i luoghi di cultura ha sempre bisogno di nuovi progetti e nuove aperture. Poi sono felice di tornare nella mia città, in un teatro molto importante, anzi due: il Garnier di 1.900 posti e il Bastille di 2.700, e con il consenso del presidente Hollande».

Chiamato a Milano nel 2005 per rianimare un teatro dilaniato da un vortice insensato di scontri, Lissner riuscì a mettere insieme un programma scaligero pregando gli amici di quel mondo difficile di dargli una mano. Parevano tutti contenti alla Scala, malgrado un iniziale
Lohengrin
privo di cigno ma con un Aida di Zeffirelli. A poco a poco il pubblico milanese molto conservatore, dopo alcuni spaventi, cominciò ad abituarsi alle regie tedesche ma anche ai cantanti bellissimi. Però le grandi signore dei palchi, più pucciniane che wagneriane cominciarono a brontolare, e subito ne approfittarono i grandi milanesi della politica e della finanza che si vedevano esclusi da un potere poltronistico. Quindi subito a rovistare tra le carte, scandalizzandosi per i lauti guadagni (si sa la cultura è tale se povera) da loro stessi autorizzati. E giù gragnuole di critiche raramente pertinenti, più i casini sindacali che quelli non mancano mai. E il francese, sempre zitto e sorridente, quindi odiosissimo. Basta, adesso l’estraneo incontrollabile e apolitico se ne va, ma guai a dirlo, la città perde l’ennesima occasione di eccellenza e si prepara a tre anni di fuoco; infatti, mentre Lissner continuerà il suo lavoro, ormai fuori da ogni tumulto, se ne vedranno di tutti i colori. Vittime probabili saranno il ministro dei Beni culturali Ornaghi, già odiatissimo dai grandi milanesi col naso nella Scala, che però non ha il diritto di nomina, e il sindaco Pisapia, presidente del consiglio di amministrazione del teatro, cui spetterebbe la scelta del futuro nuovo sovrintendente. Coraggio sindaco, sarà durissima; volano i nomi e ogni anonimo manovratore del ramo lirico-politico- affaristico, lancia i suoi, magari al solo scopo di bruciarli.
Lei Lissner, pensa che sarebbe meglio riaffidarsi a una personalità straniera o ritornare a un italiano?
«La nazionalità non c’entra, la Scala ha semplicemente bisogno di una personalità internazionale, che presenti un progetto che la valorizzi sempre di più. E per esempio all’Opera di Parigi sono passati sovrintendenti tedeschi come Lieberman e italiani come Bogiankino. In ogni caso io ho molta fiducia nella saggezza e nell’impegno del sindaco Pisapia, che è stata la prima persona cui ho comunicato la mia nomina».
E che lo ha ringraziato per ciò che ha fatto per la Scala. Persino Formigoni, trascurando i suoi guai, ha avuto il tempo di pronunciarsi favorevolmente sulla Scala
di Lissner, forse perché lui se ne va. Intanto sfrecciano nomi sorprendenti per il suo successore, come quello di Salvo Nastasi, che senza offesa, qualcuno chiama il “Rasputin del ministero della Cultura”, quello di Walter Vergnano, sovrintendente all’Opera di Torino, che i cultori musicali definiscono
bravissimo, Sergio Escobar, direttore del Piccolo Teatro, poi la più quotata, detta addirittura il Numero Uno, Francesca Colombo, giovane e bell’ingegnere gestionale, attualmente sovrintendente al Maggio Fiorentino e segretario generale di Mito. Tutti italiani quindi? No, un gentile e
sapiente membro del consiglio d’amministrazione che non vuole per ora apparire, punta sull’austriaco Alexander Pereira, direttore del Festival di Salisburgo, che nel 2005 era in lizza con Lissner per la Scala ma pretendeva troppi soldi.
In tutti i teatri del mondo il sovrintendente designato deve affiancarsi, non retribuito, a chi esce, con tre anni di anticipo, per la Scala il periodo è stato ridotto a sei mesi.
«Non è sufficiente, perché impadronirsi delle regole, dei meccanismi, delle ambizioni e difficoltà di un mondo complesso e delicato come il Piermarini, richiede
molto più tempo. Io suggerirei di chiamare il mio successore almeno agli inizi del 2014».
Dovendo seguire già l’opera di Parigi, trascurerà la Scala?
«A Parigi andrò pochissimo, oggi si può far tutto anche da lontano. In più i programmi sono già fatti. Avrei già programmato anche il 2016, quando io non sarò più qui, ma naturalmente sarà il nuovo responsabile a decidere».
Nicolas Joel, attuale sovrintendente dell’Opera di Parigi, ha dichiarato di rinunciare a un secondo mandato, perché il nuovo governo socialista diminuirà le sovvenzioni del 2,5% all’anno a partire dal 2013 sino al 2015. Non teme di non farcela a mantenere le sue ambizioni?
«L’attuale budget totale della Scala è di 115,9 milioni di euro. Anche con i tagli, l’Opera è più ricca di qualche decina di milioni. Ma non è importante, oggi non si può non tener conto della crisi economica, e bisogna arrangiarsi. Ho sempre lasciato i posti dove ho lavorato in condizione finanziaria migliore di come li avevo trovati. Anche a Milano, dove c’era un buco di milioni di euro, in 7 anni sono riuscito a riequilibrare i conti».
La Scala le ha insegnato qualcosa?
«Moltissimo. La mia natura è quella di rischiare, ma ho capito proprio in questo teatro l’importanza del repertorio tradizionale, soprattutto dell’opera italiana. Questa stagione finisce con una
Bohème
messa in scena cinquant’anni fa da Zeffirelli e con un
Rigoletto
diretto da Dudamel. Nella prossima stagione, si celebra il bicentenario della nascita di Wagner e di Verdi, con ben sette opere verdiane. La stagione 2014 sarà inaugurata con una
Traviata
diretta da Gatti: per i sei mesi dell’Expo la Scala sarà aperta sempre, con 14 opere italiane su 17. Inaugurazione con la
Turandot
diretta da Chailly. Poi mi fa molto piacere che dopo 25 anni, ritorni da noi Claudio Abbado: adesso, il 30 ottobre, con Barenboim al pianoforte, la filarmonica della Scala e l’orchestra Mozart».