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 2012  ottobre 09 Martedì calendario

GOOGLE SI RIFUGIA (DALLE TASSE) A DUBLINO

Il gigante dell’high tech Google ha un carico fiscale nano in Europa. Per l’intero 2011 la società californiana è riuscita a pagare in tasse solo 8 milioni di euro in Irlanda, dove hanno sede tutte le sue attività europee, africane e medioorientali; queste attività l’anno scorso hanno generato 12,5 miliardi di euro di fatturato. Google è riuscita a pagare così poco in modo apparentemente legale, ma ciò non toglie che una parte dell’opinione pubblica - e del Parlamento americano - ha gridato allo scandalo, criticando una prassi che nelle parole del senatore americano Carl Levin «consente di spostare all’estero miliardi di dollari di utili per evitare di pagare le tasse negi Stati Uniti». Benzina sul fuoco del dibattito elettorale tra il presidente Obama, che vorrebbe riformare il codice fiscale proprio per costringere le multinazionali americane a pagare interamente le tasse in America, e lo sfidante repubblicano Mitt Romney che favorisce invece un alleggerimento del carico fiscale. In base a un recente studio del Cato Institute, l’America è al quarto posto nella classifica dei 90 Paesi con le più alte aliquote sul reddito d’impresa. L’aliquota in Usa è del 35%, in Irlanda del 12,5%.
Il conto fiscale di solo 8 milioni di euro è frutto tuttavia di una serie di acrobazie finanziarie che includono il licensing della proprietà intellettuale dell’azienda alla sussidiaria Google Ireland Holding, con sede alle Bermuda. Google ha potuto versare quindi 7 miliardi di dollari alla Google Ireland Holding per l’uso della proprietà intellettuale, ma dato che questi pagamenti vengono registrati come «spese amministrative», essi sono esentasse. I pagamenti oltretutto vengono effettuati tramite un’altra Holding di Google in Olanda, e non sono soggetti quindi alla detrazione fiscale in vigore in Irlanda.
Google non è l’unica società americana a utilizzare simili transazioni per abbassare il proprio carico fiscale. La Microsoft, la Hewlett Packard e la Apple per esempio sono state più volte menzionate in un rapporto del Senato Usa pubblicato proprio il mese scorso negli Stati Uniti. Secondo i calcoli del rapporto, la Microosft è riuscita a non pagare le tasse su 21 miliardi di dollari del suo fatturato totale (equivalente alla metà dell’intero fatturato in Usa) e ad abbassare così di 4,5 miliardi di dollari il suo carico fiscale tra il 2009 e il 2011. Nello stesso periodo la Apple ha evitato di pagare le tasse su 34,5 miliardi di dollari del suo fatturato, e Google su 24 miliardi di dollari.
Google, fra acrobazie contabili e holding alle Bermuda, sta tuttavia espandendo la propria attività e, per la prima volta, sta guardando al settore del credito. Secondo quanto riporta il Financial Times, il colosso ha lanciato in Gran Bretagna un servizio di finanziamenti (tra i 200 e i 100mila dollari al mese) per l’acquisto di inserzioni pubblicitarie da parte delle aziende che usano Adworks. Negli Stati Uniti, invece, Google potrebbe emettere proprie carte di credito. In questo modo Google punta a utilizzare come vantaggio competitivo la solidità dei propri conti.