Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  ottobre 08 Lunedì calendario

COSÌ SI PROVA A DRIBBLARE L’EURO

Kingauer, Sardex_ e forse anche Lombard. In un periodo di persistente difficoltà nell’accesso al credito e di diffusa sfiducia in campo economico, si stanno diffondendo le monete alternative (o meglio sarebbe definirle complementari) rispetto all’euro. Esperienze spesso molto diverse tra loro, ma accomunate da due fattori cardine: sono diffuse su territori circoscritti e vincolate al valore della comunità.

L’esempio del Sardex.

L’iniziativa che si è fatta più strada in Italia negli ultimi mesi è il Sardex, ideato da un gruppo di amici sardi e in forte crescita nell’isola. Parlare di vera e propria moneta è azzardato, considerato che fisicamente non è mai stata stampata, eppure ci sono un milione di pezzi in circolazione, tutti rigorosamente sul Web. Si tratta di un circuito di crediti fra imprese locali (uno dei vincoli per l’affiliazione è infatti quello di operare in Sardegna). Il network agisce come camera di compensazione: quando un’azienda si iscrive, riceve dei Sardex, una sorta di fidi bancari senza interessi (i principi sono gli stessi alla base della finanza etica), con la posizione che va pareggiata entro dodici mesi (altrimenti va saldata in euro). Ci si può scambiare di tutto, dai pieni di benzina alle forniture per uffici, dai servizi idraulici a quelli di baby sitting, evitando il ricorso a finanziamenti esterni.

I promotori guadagnano dalle iscrizioni, ma non hanno previsto transazioni sulle compravendite. Nel 2010 sono stati scambiati 350 mila crediti, 1,2 milioni nel 2011, con l’obiettivo di chiudere l’anno in corso con un altro balzo. Oltre al fatto di poter usare il network per le finalità più diverse, dallo smaltimento del magazzino alla necessità magari di coprire i posti vuoti al ristorante la sera o, più semplicemente, trovare nuovi clienti, dietro questa idea c’è la volontà di conservare la ricchezza prodotta nel territorio regionale, promuovendo così le produzioni locali.

Le altre iniziative. Il Sardex non è una novità assoluta. In Belgio sta riscontrando un discreto successo il Res, così come in Gran Bretagna il Brixton e in Germania ci sono il bavarese Kingauer e il Berliner. A Napoli è nato lo Scec, che conta 10 mila associati, di cui 2 mila imprese e conta 11 isole, corrispondenti ad altrettante organizzazioni regionali. Mentre due docenti della Bocconi, Massimo Amato e Luca Fantacci, sono impegnati nella creazione di Nanto, moneta voluta dall’amministrazione comunale di Nantes, che sarà solo elettronica (quindi tutto tracciabile e nessun rischio evasione). Intanto anche la Lombardia sta pensando a una propria moneta complementare, che condenserà il meglio delle iniziative fin qui realizzate nel resto d’Europa.

Anche se in vario modo, tutte le iniziative che prevedono sistemi di pagamento alternativi o complementari traggono ispirazione dalla Wir Bank (ex Swiss Economic Circle), realtà cooperativa di Basilea, fondata nel 1934 per fronteggiare la carenza di valuta conseguente al crollo del mercato azionario del 1929, che oggi conta 60 mila aziende associate. Si tratta di una rete di scambio nella quale tutte le transazioni vengono sia addebitate che accreditate dall’ufficio centrale, e non sono consentiti prelievi di liquidità dai depositi. Gli scambi avvengono in Wir, moneta parallela del franco svizzero.

Torna in auge il baratto. La ricerca di canali alternativi a sostegno del business, combinata con le potenzialità offerte dal web, sta portando a una riscoperta del sistema di scambio più tradizionale, il baratto. Negli ultimi due anni sono sorti diversi servizi online, accomunati da alcuni punti cardine: le aziende e i professionisti si iscrivono al circuito pagando una commissione annua (in euro), dopo di che vanno alla ricerca dei servizi e prodotti offerti da altri membri del network. Così, una fornitura di sedie per arredare l’ufficio può essere acquistata in cambio dell’assistenza informatica, per fare un esempio. Aderendo a questo sistema, non solo si riduce la dipendenza dal canale bancario, ma si ha la possibilità di allocare al meglio il cash flow e ottimizzare la gestione del magazzino. Ma non è detto che lo scambio avvenga necessariamente tra due soggetti: se chi vende non trova interessante l’offerta del compratore può accettare in cambio la moneta complementare scelta dal network, con la quale acquistare presso altri membri della rete. Il tutto senza impiegare soldi veri.

Un servizio simile è offerto, tra gli altri da BexB, società bresciana che lo scorso anno ha intermediato 72 milioni di euro, frutto di 9 mila operazioni condotte da 2.200 piccole e medie imprese di tutte le regioni. Altro nome in voga è Cambiomerci, nata lo scorso anno e dotata di una rete di agenti sparsa nella Penisola. C’è poi Incambiodi, nato in Spagna e oggi presente in 50 Paesi (tra cui l’Italia), con accesso riservato solo ad aziende e liberi professionisti. In tutti i casi, i guadagni per il sito arrivano, oltre che dalla quota associativa annuale, anche dalle commissioni sulle transazioni. Un po’ diverso è il sistemo adottato da Plaza Project, organizzazione nata a Torino che ritira presso le aziende le rimanenze di magazzino per poi venderle attraverso i canali distributivi tradizionali. Nella fase di vendita Plaza punta su forme di pagamento miste, in parte in denaro e per il resto sotto forma di baratto. In questo caso non è prevista una fee di ingresso perché tra l’azienda e Plaza viene stipulato un contratto commerciale, in cui di volta in volta viene stabilita la percentuale di compenso sul totale.