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 2012  ottobre 08 Lunedì calendario

La Bindi si smaschera: trama per il Quirinale Ma i suoi non ci stanno - Una cosa è certa: non sarà lo sbarbatello Renzi a pen­si­onare Rosy Bindi e a sbar­rarle un futuro che, nei suoi sogni, potrebbe portarla sul Colle più al­to

La Bindi si smaschera: trama per il Quirinale Ma i suoi non ci stanno - Una cosa è certa: non sarà lo sbarbatello Renzi a pen­si­onare Rosy Bindi e a sbar­rarle un futuro che, nei suoi sogni, potrebbe portarla sul Colle più al­to. La ex rottamatrice (vent’anni fa cavalcò l’onda di Tangentopoli e fi­nì­in prima linea grazie all’elimina­zione giudiziaria della nomenkla­tura Dc) non ci sta a finire rottama­ta. E così, letti i giornali e smaltita la bile per tutti quei titoli che la da­vano per sconfitta, Bindi passa al contrattacco e va in tv (chez An­nunziata) a spiegare che nessuno ha capito nulla e che la verità sulle regole delle primarie Pd «sono qui io a certificarla». Col risultato che, a 24 ore dalla chiusura della movimentata as­semblea nazionale che ha modifi­cato lo statuto, non si capisce più nulla di come e chi potrà votare al­le primarie: Renzi dice una cosa, Bindi l’opposto, Bersani fischiet­ta. Primarie che, ammette la Bindi incalzata da Lucia Annunziata, le altre volte erano pressoché fasul­le, mentre stavolta saranno «le pri­me vere», e questo preoccupa as­sai gli stati maggiori. La tempra di combattente non le manca, que­sto è certo. E contro la sola idea di finire in panchina nella prossima legislatura, per colpa del tornado Renzi o di qualche alzata d’inge­gno innovatrice del segretario Ber­sani, Rosy Bindi si batte come un le­one. È convinta, e lo fa capire sen­za inutili false modestie, di avere ancora molto da dare al partito e al Paese, di avere ancora «molto da correre». Anche se in tv non svela gli obiet­tivi che in privato ammette: non certo quella «stupidaggine» della vice-premiership, che alcuni sche­mi­ni spartitori del futuro centrosi­nistra le attribuivano «pensando di fregarmi». E neppure la presi­denza della Camera, né un posto di primo piano da ministro. La Bin­di è convinta che, dietro la campa­gna «rottamatrice» che stavolta, sorprendentemente, mette nel mi­rino anche lei, ci sia un tentativo- a sfondo misogino - dentro e fuori il suo partito e fino ai giornali che un tempo non lontano la portavano in palmo di mano, per «impedire che finalmente una donna salga al Quirinale»,come ha spiegato ad al­cuni amici. Non sarà certo un ragazzino in­disciplinato come Renzi, comun­que, a fermarla e mandarla in pen­sione, come il pestifero sindaco di Firenze ripete (tra gli applausi) nel suo tour elettorale. Sulle regole delle primarie Bindi è inflessibile: «Al secondo turno potrà votare so­lo chi si è iscritto entro il primo, non vorremo certo consentire ad alcune centinaia di migliaia di mili­ta­nti del Pdl di decidere il ballottag­gio? ». E pazienza se il Pdl non sa­rebbe in grado di organizzarne die­ci, figurarsi centinaia di migliaia: Bindi farà «eccezione» solo per chi era «malato» (possibilmente gra­ve) e chi era all’estero (ma solo per seri motivi di lavoro o famiglia, si immagina). Non spiega però come verran­no attuati i controlli: con il certifi­cato medico? Il passaporto? Le car­te di imbarco? E da chi, dalle Asl o dalle questure? Insomma, la blin­datura dei gazebo, con tutta la buo­na volontà bindiana, si rivelerà complessa. E qualche maligno fa notare dai blog che - in un tempo non lontano - fu proprio la Bindi ad opporsi strenuamente alla me­desima regola che adesso caldeg­gia con la motivazione che «chi può avere paura delle regole?». Ri­sposta: lei, nel 2007. Quando si candidò nelle prima­rie di Walter Veltroni, Rosy fece le barricate contro Ds, ex Ppi e lettia­ni che volevano che, per votare al­le primarie, i cittadini dovessero «preiscriversi». Giammai, sareb­be un ostacolo alla partecipazio­ne, disse la candidata Bindi, e la re­gola fu bocciata. Oggi ha legittima­mente cambiato idea. Intanto Ber­sani annuncia: «La mia campagna partirà dal Cern di Ginevra». Biso­gna chiedere alla Bindi se gli sviz­zeri potranno- almeno loro- vota­re.