Mariolina Sesto, Il Sole 24 Ore 7/10/2012, 7 ottobre 2012
«PARTITI, LA MIA RIFORMA È IN PARLAMENTO»
La "proposta Capaldo" approda in Parlamento. La legge di iniziativa popolare di riforma del finanziamento dei partiti ideata da Pellegrino Capaldo, banchiere, economista e presidente dell’associazione Amici dell’Istituto Luigi Sturzo, varcherà la prossima settimana la soglia della Camera, forte delle oltre 50mila firme raccolte. «La partecipazione dei cittadini è stata sorprendente – racconta Capaldo –. Ed ancora, nonostante abbiamo raggiunto il limite di firme previsto per legge, continuiamo a ricevere adesioni. Tanto che abbiamo pensato di mettere a disposizione il sito www.perunanuovaitalia.it su cui si potrà ancora dare il proprio sostegno all’iniziativa».
La serie ininterrotta di scandali che ha spaziato dal Parlamento alle Regioni di certo ha contribuito ad allargare il consenso nei confronti di una proposta (anticipata dal Sole 24 Ore dell’11 marzo) che di fatto elimina gradualmente l’attuale finanziamento pubblico attraverso un percorso di cinque anni per sostituirlo con un finanziamento diretto da parte dei cittadini. Un tempo necessario a cittadini e partiti per abituarsi al nuovo sistema.
Le sole persone fisiche potranno dare alle organizzazioni politiche un contributo fino a 2mila euro ottenendo dallo Stato un credito d’imposta del 95% recuperabile in tempo pressoché reale e con procedure molto semplici. Per fare un esempio: un cittadino che voglia dare a un partito un contributo di mille euro, sosterrà una spesa effettiva di 50 euro, mentre gli altri 950 andranno a carico dello Stato.
Lo Stato continua a essere il finanziatore della politica ma, nota Capaldo, «non può far nulla se il cittadino non fa il primo passo e non prende l’iniziativa». Un meccanismo che, se fosse introdotto, segnerebbe una rivoluzione copernicana nel rapporto rapporto cittadino-politica-Stato. «I partiti si debbono convincere che il loro futuro e la loro stessa esistenza dipende dal giudizio che su di loro danno i cittadini. Affidando il finanziamento della politica alla libera determinazione dei cittadini è prevedibile che si metta in moto una sana emulazione tra le formazioni politiche per rispondere alle aspettative dei cittadini in materia, tra l’altro, di democrazia interna ai partiti e di selezione della classe dirigente».
Il convincimento che anima Capaldo è che «il rimborso, in qualunque modo fatto, alimenta fatalmente il malcostume e costituisce una barriera all’entrata di nuovi soggetti sulla scena politica». Un freno all’innovazione della proposta politica che va rimosso: «Bisogna sostenere tutte le forme di aggregazione dei cittadini che vogliono impegnarsi in politica anche se tali aggregazioni non danno vita ai partiti. Ecco perché – spiega l’economista – la nostra proposta prevede che possano beneficiare del contributo di cui stiamo parlando non solo i partiti politici ma anche le fondazioni e le associazioni di cultura politica che riuniscano almeno trecento persone».
È illusorio, secondo l’economista, cercare di salvare l’attuale legge di rimborso alla politica affidando i controlli alla Corte dei conti o a società di revisione contabile, come da più parti si chiede in questi giorni. «È molto più efficace il controllo indiretto dei cittadini attraverso la loro libera decisione di sostenere questa o quella formazione politica – spiega –. Questo meccanismo è molto più efficace di tante leggi volte a moralizzare i partiti».
Ci sono però alcune obiezioni che le forze politiche hanno avanzato: qualcuno pensa che una legge siffatta porta troppi soldi ai partiti, qualcun altro ritiene troppo alto il credito d’imposta al 95 per cento. Capaldo risponde che «per ora la cifra di duemila euro è congrua». Non esclude però che nel tempo, una volta che i partiti siano diventati «virtuosi» e apprezzati dai cittadini, i finanziamenti possano rivelarsi eccessivi. «In questo caso – dice Capaldo – si potrà abbassare progressivamente il tetto degli attuali 2mila euro a mille o anche meno».
L’economista non condivide invece l’ipotesi di diminuire il credito d’imposta al 50 per cento. «Il 95% – spiega – non nasce a caso: abbassando la misura del credito d’imposta si restringe la partecipazione dei cittadini al finanziamento della politica e di fatto lo si limita a quelli che hanno maggior reddito. Io sono fermamente convinto che bisogna mettere tutti i cittadini in condizione di partecipare al finanziamento della politica. Il che si può ottenere solo portando il credito d’imposta in prossimità del 100 per cento».
Ancora: qualche partito dice di temere che questo meccanismo potrebbe essere esposto al rischio di truffe magari da parte della criminalità organizzata. Capaldo esprime a questo proposito tutto il suo scetticismo: «Truffe per duemila euro? Mi sembra una cifra troppo poco appetibile per pensare che possa attrarre la criminalità e spingerla a costruirci sopra una truffa».
Capaldo accompagnerà in prima persona la sua iniziativa in Parlamento eppure i leader della "strana maggioranza" – Pier Ferdinando Casini, Pier Luigi Bersani e Angelino Alfano – avevano detto in coro di condividerla. «Peccato però – allarga le braccia l’economista – che poi hanno presentato una legge che è tutt’altra cosa».
C’è però un’eccezione: «Silvano Moffa ha condiviso la mia proposta e lo scorso 18 aprile l’ha presentata alla Camera». Eppure «non ci vuole molto a capire che la nostra proposta non è contro ma a favore della politica» perché «la vuole aiutare a emendarsi, a voltare pagina, a riconquistare l’apprezzamento e la fiducia dei cittadini». In una parola: a riscoprire la sua essenza e la sua vocazione.