Il Sole 24 Ore 7/10/2012, 7 ottobre 2012
SE ANCHE CIPRO CHIEDE AIUTO
Quando meno te lo aspetti ecco che spunta Cipro che chiede ben 11 miliardi per evitare il crack. Un’inezia in valori assoluti ma uno sproposito se si raffronta questo importo con il numero esiguo di abitanti dell’isola. Il salvataggio di ogni cittadino cipriota costa pertanto alla comunità internazionale 14.000 euro. Tanto per fare un confronto la Spagna che potrebbe chiedere 40 miliardi avrebbe un costo di salvataggio pro capite inferiore ai 1.000 euro. Non c’è paragone. Per decenni le notizie su Cipro che non riguardassero la linea di confine con la Turchia erano estremamente rare e la sua situazione economica non ha mai destato preoccupazione, il suo Pil pro capite era al trentesimo posto mondiale. Improvvisamente entra nell’euro e in un amen si trova sull’orlo del baratro. Ora, capisco che ci siano Stati che hanno taroccato i conti (Grecia), capisco che ci siano Paesi che hanno sbagliato a fare investimenti immobiliari (Spagna), capisco che vi siano quelli con un forte debito pubblico (Italia), ma non è possibile che solo chi ha l’euro abbia problemi. I nostri politici (ma anche quelli del resto d’Europa) dichiarano che l’euro è una scelta irrinunciabile, dalla quale non si torna indietro. Vedendo la realtà dei fatti inizio a pensare che simili affermazioni siano del tutto prive di significato. L’impressione è che qui si stia scatenando una gara a chi arraffa il malloppo per primo. Chi viene dopo si attacca.
Lettera firmata