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 2012  ottobre 05 Venerdì calendario

Karl Kraus, l’aforisma è una «Fiaccola» che brucia tutto e tutti - Gli scrittori sono come gli abiti

Karl Kraus, l’aforisma è una «Fiaccola» che brucia tutto e tutti - Gli scrittori sono come gli abiti. Ci sono quel­li che vanno di moda in un certo periodo, quelli classici che non sbagli mai a sceglierli, quelli alternativi... da quattro soldi, dozzinali o dallo sti­le unico. Ci sono quelli che indos­sati, o letti, una volta, non li indos­si, o leggi, più. E quelli sempre perfetti, in tutte le occasioni. Co­me Karl Kraus (1874-1936), che pure fu il più anticonformista, inelegante, scomodo, fuori mo­da e inattuale scrittore del suo e del nostro tempo. Quindi eterno e senza tempo. Come la sua satira dinamitarda: legata alla Vienna della propria epoca, ma universa­le. Come i suoi aforismi al cianu­ro: nati da una singola occasione, ma validi per sempre. Karl Kraus un secolo fa sulla sua rivista Die Fackel , perennemente accesa dal 1899 al 1936, lanciò attacchi, polemiche, denunce e sarca­smi che oggi hanno la stessa atrocità e attualità di ieri. Nei quasi mille numeri del suo gior­nale, che scriveva tutto da solo, si scagliò con l’arma dell’ironia e la forza della rabbia contro la corruzione della politica (!), l’iniquità della giustizia (!!), il condizionamento dei mass media (!!!) - e non c’era ancora la televisione - e persino le archistar dell’epoca... Ma so­prattutto contro la violenza peg­giore, per lui: le falsità, le ipocri­sie, i luoghi comuni del linguag­gio quotidiano, la cui degenera­zion­e è l’indice più affidabile del­l’imbarbarimento della civiltà. Karl Kraus sosteneva che lo Sta­to, fra le tante tasse (e siamo nella Vienna di inizio Novecento...) do­vrebbe creare anche quella sulle frasi fatte, così potrebbe «battere cassa traendo capitali da una mi­seria spirituale». Egotista e mi­santropo, critico di ogni ideologia, dal capitali­smo al comunismo fi­no all’hitlerismo che fece appena in tempo a vedere, e che pure ca­pì meglio di tutti i suoi contempo­ranei, apolitico e agnostico nono­stante un battesimo cattolico poi rinnegato, antisionista e per alcu­ni anche in odor di antisemiti­smo pur se ebreo, odiatore impla­cabile di giornali e giornalisti, lui che fu grandissimo giornalista e fondatore di giornali, con­se­rvatore e antipro­gressista, intel­lettuale pu­ro che odiò e stroncò scrittori, at­tori, musicisti, registi e poeti, fu così sempre fuori posto che riu­scì a parteggiare contro Dreyfus. Un apocalittico, mai integrato. Ecco perché è sempre un privile­gio raro e un piacere inappagabi­le leggere o rileggere i suoi mo­struosi e inquietanti pensieri, co­me quelli scelti dalla sua studiosa storica Paola Sorge sotto il titolo Essere uomini è uno sbaglio (Ei­naudi) e da Simone Buttazzi in Non c’è niente da ridere (Piano B). Due raccolte di aforismi terri­bili, acuminati, spiazzanti e - se non fosse un luogo comune - at­tualissimi. La prima raccolta, uscita pri­ma dell’estate, punta sulla politi­ca e la religione, passando per gli eterni vizi e le rare virtù umane («Dove si appunta il nostro sguardo, la morale strizza l’oc­chio », oppure «Le verità vere sono quelle che si possono inventare», ma ce n’è an­che per le donne: «Le donne sono le persone migliori con cui parla­re il meno possibile»), l’altra, in uscita oggi, seleziona riflessioni ­come da sottotitolo -A proposito di giornalisti, esteti, politici, psico­logi, stupidi e studiosi ,categorie che Karl Kraus sembra far fatica a distinguere.Non c’è niente da ri­dere è un pamphlet impietoso e ir­resistibilecontro l’ intellighenzia da salotto, da sala stampa, da con­certo e da Parlamento ( arricchito anche da due testi inediti in Italia sul cinico uso nei giornali dei coc­codrilli, i necrologi preparati in anticipo, e sugli effetti grotteschi e nefasti delle «voci di corrido­io »). Sono aforismi velenosi che strappano il (sor)riso e urticano le coscienze, alcuni così scorretti che non appaiono neppure nella storica edizioneDetti e contrad­detticurata da Roberto Calasso per Adelphi nel 1972. Uno di que­sti, ad esempio, molla un sonoroceffone ai sionisti e un altro paio esprimono un’idea diciamo diffi­cilmente condivisibile sul concet­to di democrazia («Democratico significa poter essere schiavo di chiunque»). Anche se quelli che escono peggio dalle forche caudi­ne degli aforismi di Kraus, insie­me agli psicologi (non sopporta­va Freud) e ai politici-imbonitori («Il segreto dell’agitatore è di pas­sare per stupido esattamente co­me il suo pubblico, affinché que­sti creda di essere intelligente quanto lui»,e così,scrivendo dal­l’Austria di ieri, sistema anche il Grillo e i grillini di oggi), sono i giornalisti: «Non avere neanche un pensiero ed essere in grado di esprimerlo: ecco cosa serve per diventare giornalisti». Ma pure gli intellettual-peda­goghi vengono sistemati: «La gen­te ubriaca di sete di sapere è una piaga sociale. Non bisogna impa­rare di più di qu­ello stretto neces­sario che serve a fronteggiare la vi­ta». Un tipo cattivo, Karl Kraus. A pensar male si fa peccato. Ma a pensar breve, non si sbaglia mai.